LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –
Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
P.M.G., elettivamente domiciliata in Roma, via Sestio Calvino 33, presso l’avv. Bosco Antonino, rappresentata e difesa dall’avv. Soldani Aldo, del Foro di Grosseto per procura in atti.
– ricorrente –
contro
PA.RO.;
– intimato –
avverso il decreto della Corte di Appello di Firenze in data 11 agosto 2006 nella causa n. 750/2005 r.v.g.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 luglio 2010 dal relatore, cons. Dott. SCHIRO’ Stefano:
alla presenza dei P.M., in persona del sostituto procuratore generale, Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che nulla ha osservato.
LA CORTE:
A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata al difensore della ricorrente:
“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati:
OSSERVA RITENUTO CHE:
1. P.M.G. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un motivo, nei confronti di Pa.Ro.
avverso il Decreto del 23 agosto 2006, pronunciato nel giudizio n. 750/2005 V.G. in tema di modifica delle condizioni di divorzio, con il quale la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma del decreto del Tribunale di Grosse o del 22 settembre 2005. ha dichiarato cessato, con effetto dal 1 gennaio 2007, l’obbligo del Pa. di corrispondere l’assegno di mantenimento per il figlio ed ha altresì dichiarato che, in conseguenza della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, la casa di abitazione coniugale è assegnata alla P., salvi gli effetti del giudizio di divisione in corso, confermando il rigetto della domanda di attribuzione di assegno divorzile: 1.1. l’intimato non ha svolto difese:
OSSERVA:
2. la P. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 155 c.c. e contraddittoria motivazione, deducendo che l’assegnazione della casa coniugale disposta dal giudice nel giudizio di separazione personale o di divorzio è configurabile quale diritto di godimento, opponibile. anche se non trascritto, al terzo acquirente ed inoltre che nelle condizioni di divorzio non esiste alcuna pattuizione in merito alla cessazione dell’assegnazione della casa coniugale in favore della stessa P. in caso di divisione dell’immobile, non potendo comunque la divisione pregiudicare in alcun modo l’assegnazione dell’immobile alla ricorrente;
3. il ricorso appare inammissibile, in quanto la ricorrente non ha concluso l’illustrazione della censura relativa alla violazione di legge con la formulazione – ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. applicabile alla fattispecie ratione temporis – del quesito di diritto, che non può essere desunto dal contenuto del motivo, non idoneo ad integrare il rispetto del requisito formale specificamente richiesto dalla citata disposizione (Cass. 2007/16002; 2007/23153;
2008/16941; 2008/20409) ne con la chiara indicazione del l’alto controverso in relazione al quale la motivazione sì assume contraddittoria, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897);
4. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi in precedenza formulati, si ritiene che il giudizio possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;
B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ex art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni esposte nella relazione;
ritenuto che le considerazioni che precedono conducono alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso e che nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 13 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011