LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –
Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
K.K.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Timavo 3 (studio avv. Francesco Favi), rappresentato e difeso dall’avv. AVENI Giuseppe per procura in atti;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA DI MESSINA, in persona del Prefetto pro tempore;
– intimata –
avverso l’ordinanza del Giudice di Pace di Messina in data 17 aprile 2009 nel procedimento n. 724/09 R.G.;
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 13 luglio 2010 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso chiedendo dichiararsi il riscorso inammissibile.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza del 17 aprile 2009 il Giudice di Pace di Messina rigettava i ricorso proposto da K.K.S. (cittadino dello *****) avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Messina il 9 marzo 2009. A fondamento della decisione, il Giudice di Pace osservava che lo straniero era entrato in Italia sottraendosi ai controlli di frontiera ed era stato rintracciato dai Carabinieri della Compagnia di Milazzo in data 8 marzo 2009 sprovvisto di passaporto e di permesso di soggiorno. Inoltre il provvedimento di espulsione, nel quale erano state indicate le ragioni tecnico-organizzative per le quali la traduzione non era stata effettuata nella lingua conosciuta dallo straniero (impossibilità di reperire un interprete della lingua dal medesimo conosciuta), era stato tradotto in lingua inglese e consegnato all’interessato in originale.
Avverso tale ordinanza lo straniero ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
La Prefettura intimata non ha svolto difese.
Alla pubblica udienza il collegio ha trattenuto il ricorso in decisione e nella camera di consiglio ha deliberato di redigere la motivazione della sentenza in forma semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente censura il decreto impugnato, per avere il Giudice di pace affermato che la traduzione in lingua inglese del provvedimento di espulsione era da ritenersi sufficiente, in quanto l’autorità amministrativa aveva precisato le ragioni per le quali non aveva proceduto alla traduzione dell’atto in lingua conosciuta dal ricorrente ed aveva fatto ricorso alla traduzione in lingua inglese. Deduce al riguardo che non gli era stata fatta richiesta di preferenza in ordine alla lingua straniera nella quale tradurre il provvedimento ed il mancato ricorso ad un interprete di lingua madre era stato motivato con una mera clausola di stile, facente riferimento ad una generica impossibilità di reperire detto interprete.
Con il secondo motivo il ricorrente contesta che il provvedimento gli sia stato consegnato in originale, in quanto il documento a lui rilasciato costituiva una mera copia informale priva di attestazione di conformità.
Con il terzo motivo si denuncia che il Giudice di pace non si è pronunciato sulla violazione del diritto dello straniero di prendere contatto con le Autorità del paese di provenienza e del disposto del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, comma 7, che fa obbligo al pubblico ufficiale di informare la rappresentanza diplomatica o consolare più vicina del paese di appartenenza.
Con il quarto motivo sì lamenta omessa pronuncia e mancanza di motivazione sulla censura in ordine alla “errata e contraddittoria indicazione” delle modalità di impugnazione e sulla omessa specificazione dell’autorità competente a ricevere il gravame.
2. Il primo motivo è privo di fondamento. In tema di espulsione amministrativa dello straniero, l’obbligo dell’autorità procedente di tradurre la copia del relativo decreto nelle lingua conosciuta dallo straniero stesso è derogabile tutte le volte in cui detta autorità attesti e specifichi le ragioni per le quali tale operazione sia impossibile e si imponga, per l’effetto, la traduzione nelle lingue predeterminate dalla norma di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 comma 7 (francese, inglese, spagnolo), atteso che tale attestazione è, nel contempo, condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente a che il decreto di espulsione risulti immune da vizi di nullità, non specificando il citato art. 13 i casi di impossibilita, ovvero i parametri generali ai quali essa va ragguagliata, e senza che il giudice di merito possa ritenersi autorizzato a sindacare le scelte della P.A. in termini di concrete possibilità di effettuare immediate traduzioni nella lingua dell’espellendo (Cass. 2004/13032; 2005/25026: cfr. anche Cass. 2004/4312: 2008/13833). Nel caso di specie, dal provvedimento del Giudice di pace impugnato risulta che nel decreto di espulsione era stato chiaramente indicato che non era stato possibile effettuare la traduzione nella lingua conosciuta dallo straniero per l’impossibilità di reperire un interprete idoneo, mentre lo stesso ricorrente riferisce che nel verbale di notifica del provvedimento di espulsione si è dato atto che la lingua inglese in cui detto provvedimento è stato tradotto è quella “prescelta e prevista”.
Il decreto impugnato resiste pertanto alle censure svolte dal ricorrente con il primo motivo.
3. Il secondo motivo è inammissibile, risolvendosi in una contestazione in punto di fatto all’accertamento compiuto dal Giudice di Pace, il quale ha affermato che i provvedimenti relativi all’espulsione sono stati consegnati all’interessato in originale.
Il terzo e quarto motivo sono infondati, in quanto il Giudice di pace si è espressamente pronunciato sui motivi di opposizione indicati dal ricorrente, affermando che dei provvedimenti emessi si era provveduto ad informare la sezione consolare presso l’Ambasciata dell’India a Roma e che i provvedimenti stessi recavano l’indicazione delle modalità dell’impugnazione, del giudice davanti al quale proporla (nella specie il Giudice di pace di Messina) e dei riferimenti normativi che avevano determinato la loro emissione. Non sussistono pertanto i vizi di omessa pronuncia e di difetto di motivazione dedotti dal ricorrente.
Le considerazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso, ma nulla delle disporsi in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’ufficio intimato svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 13 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011