Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.385 del 10/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23903/2009 proposto da:

COMUNE DI RIACE *****, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 26/B, presso lo studio dell’avvocato RULLI MARIA GRAZIA, rappresentato e difeso dall’avvocato ALVARO PIETRO, giusta Delib. Giunta Municipale 12 ottobre 2009, n. 89 e giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 356/2008 del TRIBUNALE di LOCRI, SEZIONE DISTACCATA di SIDERNO, depositata il 17/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO.

FATTO E DIRITTO

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio. E’ stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c., che si riporta di seguito.

“Il Comune di Riace impugna per cassazione la sentenza n. 356, depositata in data 17 settembre 2008, con la quale il Tribunale di Locri – Sezione staccata di Siderno ha rigettato l’appello da esso Comune proposto avverso la sentenza del Giudice di pace di Stilo depositata in data 8 novembre 2006, che aveva accolto l’opposizione proposta, della L. n. 689 del 1981, ex art. 22, da S. G. avverso il verbale di accertamento e contestazione, da parte della Polizia municipale di Riace, dell’avvenuta violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, verificatasi in data 16 dicembre 2005.

A fondamento della opposizione, l’opponente aveva eccepito la nullità del verbale in quanto emesso da organo incompetente, l’illegittimità per mancata contestazione immediata della violazione, la mancata dimostrazione della corretta funzionalità del dispositivo elettronico, l’inidoneità tecnica della strumentazione di accertamento della velocità sia per mancanza di una corretta omologazione, sia per mancata taratura, vizi formali dell’atto.

Il Tribunale, rilevato che, nel caso di specie, la violazione del limite di velocità era stata accertata a mezzo velomatic 512 e che non vi era stata contestazione immediata, ha rigettato l’appello del Comune rilevando che il quadro normativo conseguente alla entrata in vigore del D.L. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, esclude la sussistenza di un’arbitraria facoltà per l’amministrazione di precostituirsi un’ipotesi di deroga al principio di contestazione immediata della violazione, che costituisce ora la regola della contestazione, essendo al contrario predeterminati sia i casi che le sedi stradali interessate dall’utilizzazione degli strumenti elettronici di rilevazione della velocità. Nella specie, la violazione era stata accertata in un tratto di strada non ricompresa dal Prefetto tra le strade extraurbane secondarie in cui è stata accertata l’esistenza di obiettive circostanze che legittimano l’impiego di apparecchiature a distanza.

Il Tribunale precisava altresì di non condividere quanto affermato da Cass., n. 376 del 2008, secondo cui il disposto del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4, evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici de quibus, tra l’altro, anche in funzione del comma 4, con il quale si esclude tout court l’obbligo della contestazione immediata; la norma non pone, pertanto, un’esclusione generalizzata delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201 C.d.S., comma 1 bis. In proposito, il Tribunale osservava che tale interpretazione avrebbe l’effetto di rimettere al mero arbitrio della P.A. la possibilità di omettere la contestazione immediata e che, quindi, la mera indicazione, nel verbale di contestazione, delle ragioni di cui all’art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. e), non fosse più sufficiente a giustificare la deroga all’obbligo di contestazione immediata.

Il Tribunale riteneva, in secondo luogo, illegittima la sanzione perchè l’amministrazione non aveva fornito idonea informazione agli automobilisti della apposizione di autovelox lungo la strada SS *****.

Reputava infine, sussistente la denunciata incompetenza della Polizia Municipale del Comune di Riace, in quanto enti proprietari della strada ove è stata accertata la violazione sono la Provincia di Reggio Calabria e l’ANAS. Il Comune di Riace con atto notificato il 26 ottobre 2009 propone un primo motivo di ricorso, con il quale deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, in relazione agli artt. 200 e 201 del codice della strada, nonchè violazione e falsa applicazione di tali ultime disposizioni.

Premesso che a seguito delle modifiche legislative del 2002, la contestazione immediata e quella differita sono previste in disposizioni legislative, avendo il legislatore trasfuso il contenuto dell’art. 384 reg. esec. C.d.S. nel testo dell’art. 201 C.d.S., non vi sarebbe ragione per escludere che la contestazione differita, ove ovviamente ne ricorrano le condizioni e siano osservate le prescrizioni di cui al citato art. 201, possa essere effettuata a seguito della utilizzazione diretta da parte degli agenti accertatori delle apparecchiature elettroniche di rilevazione della velocità anche su strade diverse da quelle indicate nel citato D.L. n. 121 del 2002, art. 4 o nel decreto prefettizio di cui al medesimo art. 4.

Il ricorrente formula quindi il seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ.: Si chiede di conoscere dalla Corte Suprema di Cassazione se l’installazione e l’utilizzo dell’apparecchiatura c.d. autovelox del tipo che consente la determinazione dell’illecito in tempo successivo poichè il veicolo oggetto di rilievo è a distanza dal posto di accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato in tempo utile o nei modi regolamentari, è consentito anche sulle strade extraurbane secondarie e/o sulle strade urbane di scorrimento, di cui all’art. 2, comma 2, lett. e) e d) del nuovo C.d.S. in mancanza del previo decreto prefettizio di individuazione della strada o tratti di essa D.L. n. 121 del 2002, ex art. 4, comma 2, convertito dalla L. n. 168 del 2002, e se l’utilizzo dell’apparecchiatura autovelox che consente la determinazione dell’illecito in tempo successivo poichè il veicolo oggetto del rilievo è a distanza dal posto di accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato in tempo utile o nei modi regolamentari, sulle strade extraurbane secondarie e/o strade urbane di scorrimento non preventivamente individuate dal Prefetto ai sensi del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 2, convertito dalla L. n. 168 del 2002, impone la contestazione immediata ovvero è comunque legittimo ricorrere alla c.d. contestazione differita prevista dall’art. 201, comma 1 bis, nei casi e modi ivi previsti.

Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. e art. 2697 c.c., nonchè contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, parte ricorrente espone tre profili di doglianza. E’ riferito alla pretesa mancanza di idonea informazione agli automobilisti della installazione di un autovelox sulla via Nazionale 106 in comune di Riace.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso è inammissibile.

Il Tribunale ha ritenuto sussistenti tre ragioni di illegittimità del provvedimento amministrativo (verbale della Polizia Municipale del Comune di Riace): la prima, consistente nella ritenuta violazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4; la seconda, relativa alla cartellonistica informativa della presenza di apparecchiature elettroniche; la terza, consistente nella incompetenza della Polizia Municipale ad accertare violazioni del codice della strada su un tratto di strada di proprietà della Provincia di Reggio Calabria e dell’ANAS. Il ricorrente Comune si limita a censurare la prima e la seconda ratio decidendi, mentre nulla deduce quanto alla terza. Trova quindi applicazione il principio secondo cui nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, in toto o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (Cass., S.U., n. 16602 del 2005; Cass., n. 2811 del 2006; Cass., n. 21431 del 2007)”.

Parte ricorrente non ha depositato memoria. Il Collegio condivide la relazione e, riscontrato che parte ricorrente non ha impugnato la terza ratio decidendi valorizzata dal tribunale, deve affermare l’inammissibilità del ricorso, nei termini esposti dal relatore.

Non vi è luogo per la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 5 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011

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