Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.39 del 03/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2911-2007 proposto da:

N.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 39/F, presso lo studio dell’avvocato TINELLI ALEANDRO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.G., B.G., B.M.A., nella qualità di eredi di B.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TEODORO MONTICELLI 12, presso lo studio dell’avvocato FILEGGI ANTONIO, che li rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

SOCIETA’ ROMANA IMMOBILIARE 85 SOROIM 85 S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5780/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/01/2006 r.g.n. 5582/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/11/2010 dal Consigliere Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito l’Avvocato EUGENIO METE per delega ALEANDRO TINELLI;

udito l’Avvocato FILEGGI ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI MASSIMO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al giudice del lavoro di Roma N.F. conveniva in giudizio B.G., B.M. A. e A.G., quali eredi di B.R., nonchè la Società Romana Immobiliare SOROIM 85 s.p.a. per l’accertamento del rapporto di lavoro subordinato di portierato nel fabbricato di via *****, con condanna dei convenuti al pagamento delle differenze retributive.

dell’indennità di ferie non godute, delle festività coincidenti con la domenica e dell’indennità sostitutiva di alloggio.

I convenuti si costituivano e chiedevano il rigetto delle domande. Il Tribunale di Roma, espletata l’istruzione, con sentenza del 5 luglio 2001. respingeva il ricorso.

L’appello proposto dal N. veniva respinto dalla Corte di Appello di Roma con sentenza depositata il 19 gennaio 2006 sul rilievo che non era stata raggiunta la prova dello svolgimento da parte dell’appellante, che all’interno del palazzo svolgeva l’attività di calzolaio, delle asserite mansioni di portiere (apertura e chiusura del portone, accensione e spegnimento della luce, pulizia delle scale, distribuzione della posta) e che il dedotto giuramento decisorio era inammissibile in quanto, anche in caso di risposta affermativa, da esso non poteva desumersi in modo incontrovertibile l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato.

Per la cassazione di tale sentenza N.F. ha proposto ricorso con tre motivi. Gli eredi di B.R. hanno resistito con controricorso. La società SOROIM non si è costituita. Il ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando violazione degli artt. 1362 e 1366, il ricorrente addebita al giudice di appello di aver erroneamente ritenuto che la fonte regolatrice del rapporto tra le parti sarebbe data dal contratto di locazione di un appartamento del 5 maggio 1961, contratto risolto per mutuo consenso nel novembre 1963.

Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 2697 c.c., il ricorrente lamenta una errata valutazione delle prove testimoniali raccolte.

Con il terzo motivo, denunciando omessa motivazione, il ricorrente si duole che il giudice di appello non abbia tenuto conto dei documenti prodotti attestanti l’avvenuta ricezione da parte del N. di atti giudiziari notificati dall’ufficiale giudiziario.

Con il quarto motivo, denunciando contraddittoria e insufficiente motivazione, il ricorrente censura la mancata ammissione del giuramento decisorio e sostiene che dalla ammissione dei fatti in esso rappresentati (apertura chiusura del portone, accensione e spegnimento delle luci, pulizia delle scale, ricevimento della posta e degli atti giudiziari) il giudice di merito avrebbe potuto trarre la prova della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato di portierato.

Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

Il primo motivo di ricorso è infondato in quanto la Corte territoriale. confermando il giudizio espresso dal primo giudice, ha escluso la natura subordinata delle prestazioni rese dal N. non già sulla base del contratto di locazione intercorso tra le parti il *****, bensì sulla base “delle stesse indicazioni fornite pressochè da tutti i testimoni escussi in ordine al carattere saltuario e residuale delle attività di pulizia svolte dal ricorrente, all’esistenza anche di un interesse proprio de ricorrente medesimo per l’attività di apertura e chiusura del portone o di accensione delle luci funzionalmente collegate all’attività di calzolaio da lui stesso espletata, nonchè all’eventuale ritiro della corrispondenza in epoca ormai lontana e del tutto compatibile con la sola sua presenza fissa giornaliera all’interno dello stabile di cui si discute (pag. 13 e 14 della sentenza impugnata).

Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono parimenti infondati.

Per costante giurisprudenza di questa Corte la valutazione delle prove testimoniali e documentali spetta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo se detta valutazione non e sorretta da motivazione congrua ovvero se la motivazione presenti vizi logici e giuridici. In proposito è stato precisato che con il ricorso per cassazione non è possibile chiedere al giudice di legittimità una diversa valutazione delle prove, rispetto a quella ritenuta dal giudice di merito, ma soltanto indicare i vizi logici, le contraddizioni e le lacune della motivazione che non consentono di ricostruire l’iter logico che sorregge la decisione, non essendo consentito al giudice di legittimità di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione degli atti di causa (cfr. tra le tante Cass. 6064/2008, n. 17076/2007, n. 18214/2006). La deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, infatti, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico- formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, non essendo consentito al giudice di legittimità di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso (“autonoma valutazione degli atti di causa (cfr. tra le tante Cass. n. 18214/2006, n. 3436/2006).

Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal giudice di appello, che non ha mancato di prendere in considerazione anche l’attività di ritiro della corrispondenza da parte del N., sono congruamente motivate e l’iter logico-argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.

Per contro, le censure mosse dal ricorrente si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già valutate dal giudice di merito in senso contrario alle aspettative del medesimo ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.

Il quarto motivo di ricorso, infine, è anch’esso infondato avendo il giudice di appello spiegato le ragioni di diritto che ostavano all’ammissione del richiesto giuramento decisorio così come formulato dall’appellante (pagg. 9 e 10 della sentenza), in quanto l’eventuale ammissione dei fatti rappresentati (apertura e chiusura del portone, accensione e spegnimento delle luci, pulizia delle scale, ricevimento degli atti giudiziari) non portava automaticamente al riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato, trattandosi di fatti che andavano comunque valutati dal giudice di merito ai fini della qualificazione del rapporto.

Le censure che il ricorrente muove a tale decisione della Corte territoriale, limitandosi a ribadire la rilevanza dei fatti suddetti ai fini della qualificazione del rapporto, non investono le ragioni della decisione, consistenti nella rilevata inidoneità del giuramento a decidere la causa indipendentemente da ogni altra valutazione del giudice di merito, e sono pertanto destituite di fondamento.

In definitiva il ricorso deve essere respinto con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore della parte costituita, nella misura determinata in dispositivo. Nulla per le spese nei confronti della società SOROIM 85, poichè non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della parte costituita, che liquida in Euro 28,00 per esborsi ed in Euro duemilacinquecento per onorari, oltre spese generali IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011

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