Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.454 del 11/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Illmi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresentata e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 6, presso lo studio dell’avvocato LEPORE GAETANO, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 466/2006 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 14/08/2006 R.G.N. 209/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI CERBO;

udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega PESSI ROBERTO;

udito l’Avvocato LEPORE GAETANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTO E DIRITTO

La Corte, rilevato che:

1. la Corte d’appello di Perugia ha confermato la sentenza di prime cure che aveva dichiarato l’illegittimita’ del termine apposto al contratto di lavoro con decorrenza 1 aprile 1999 stipulato da Poste Italiane s.p.a. con P.S.;

2. per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso illustrato da memoria; la lavoratrice ha resistito con controricorso;

3. osserva il Collegio che la Corte di merito ha attribuito rilievo decisivo, tra l’altro, alla considerazione che il contratto in esame e’ stato stipulato, per esigenze eccezionali… – ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, come integrato dall’accordo aziendale 25 settembre 1997 – in data successiva al 30 aprile 1998;

tale considerazione – in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al c.c.n.l. del 2001 ed al D.Lgs. n. 368 del 2001) – e’ sufficiente a sostenere l’impugnata decisione, in relazione alla nullita’ del termine apposto al contratto de quo;

al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588, e’ stato precisato che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (cfr. Cass. 4 agosto 2008 n. 21063;

cfr. altresi’ Cass. 20 aprile 2006 n. 9245, Cass. 7 marzo 2005 n. 4862, Cass. 26 luglio 2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di delega in bianco a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati all’individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato”.

(cfr., fra le altre, Cass. 4 agosto 2008 n. 21062, Cass. 23 agosto 2006 n. 18378); in tale quadro, ove pero’, come nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullita’ della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23 agosto 2006 n. 18383, Cass. 14 aprile 2005 n. 7745, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866); in particolare, quindi, come questa Corte ha univocamente affermato e come va anche qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale dei 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimita’ delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con l’ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1” (v., fra le altre, Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608; Cass. 28 gennaio 2008 n. 28450; Cass. 4 agosto 2008 n. 21062; Cass. 27 marzo 2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.);

in applicazione di tale principio va quindi confermata la declaratoria di nullita’ del termine apposto al contratto de quo risultando superfluo l’esame di ogni altra censura al riguardo;

4. l’ultimo motivo la societa’ ricorrente censura la statuizione della sentenza impugnata che ha rigettato l’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso;

Il motivo e’ infondato; secondo l’insegnamento di questa Suprema Corte (cfr., in particolare, Cass. 17 dicembre 2004 n. 23554) nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sul presupposto dell’illegittima apposizione al relativo contratto di un termine finale ormai scaduto) per la configurabilita’ di una risoluzione del rapporto per mutuo consenso e’ necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonche’ alla stregua delle modalita’ di tale conclusione, del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volonta’ delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimita’ se non sussistono vizi logici o errori di diritto; nel caso in esame la Corte di merito ha ritenuto che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto non fosse sufficiente, stante la sua durata limitata, a far ritenere la sussistenza dei presupposti della risoluzione del rapporto per mutuo consenso e tale conclusione in quanto priva di vizi logici o errori di diritto resiste alle censure mosse in ricorso;

5. il ricorso deve essere in definitiva rigettato;

6. trattandosi di controversia concernente una problematica sulla quale questa S.C. ha espresso un orientamento assolutamente consolidato, si ritiene conforme a giustizia applicare il criterio della soccombenza e per l’effetto la societa’ ricorrente viene condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 22,00 oltre Euro 2000 per onorari e oltre spese generali, IVA e CPA. Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2011

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