LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 2139-2010 proposto da:
METROCAMPANIA NORDEST ***** (già Ferrovia Alifana e Benevento Napoli Srl) in persona del legale rappresentante pro-
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI AVIGNONESI 5, presso lo studio dell’avvocato SOPRANO ENRICO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE ***** in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati GALIULO LUIGI, SGROI ANTONINO, MARITATO LELIO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
GESTIONE GOVERNATIVA DELLE FERROVIE ALIFANA E BENEVENTO – NAPOLI;
– intimata –
avverso la sentenza n. 415/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del 26.1.09, depositata il 10/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;
udito per il controricorrente l’Avvocato Luigi Caliulo che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe indicata del 10 febbraio 2009 la Corte d’appello di Napoli dichiarava inammissibile l’appello proposto dalla Ferrovia Alifana Benevento Napoli; in primo grado la Gestione Governativa delle Ferrovie Alifana e Benevento aveva adito il Tribunale di Napoli per la declaratoria del diritto a fruire degli sgravi contributivi previsti per le imprese operanti nel Mezzogiorno e la condanna dell’Inps alla restituzione delle somme pagate in eccedenza; nel contraddittorio con l’Inps, interveniva in giudizio la Ferrovia Alifana e Benevento Napoli srl, che concludeva per l’accoglimento del ricorso e la conseguente condanna dell’Inps; il primo Giudice rigettava la domanda e proponeva appello la Ferrovia Alifana Benevento Napoli, che la Corte adita giudicava inammissibile per avere l’appellante concluso per l’accoglimento del ricorso proposto dalla Ferrovia Alifana srl, mentre – osservavano i Giudici d’appello – il ricorso introduttivo era stato proposto dalla Gestione Governativa delle Ferrovie Alifana Benevento Napoli, e quindi da un soggetto diverso, per cui l’appellante non aveva interesse all’impugnazione;
Avverso detta sentenza ricorre la Metrocampania Nordest, già Ferrovia Alifana Benevento Napoli con tre motivi.
L’Inps resiste con controricorso;
Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di inammissibilità del ricorso;
Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili;
Con il primo motivo si denunzia violazione di legge, violazione artt. 111 e 112 cod. proc. civ. e difetto di motivazione; con il secondo violazione dell’art. 111 cod. proc. civ. difetto di motivazione; con il terzo si insiste nella fondatezza della domanda;
Quest’ultimo motivo è inammissibile giacchè si appunta su questioni che non sono state decise con la sentenza impugnata che non ha esaminato il merito, essendosi fermata sulla inammissibilità dell’ impugnazione;
Gli altri due motivi, pur denunziando violazione di legge, mancano dei quesiti;
in relazione al quesito di diritto, l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (applicabile, ai sensi dell’art. 27, comma 2, di detto decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze rese pubbliche in data successiva all’entrata in vigore del decreto stesso, come nella specie) stabilisce che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso proposto ai sensi del precedente art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3, e 4, debba concludersi, a pena d’inammissibilità del motivo, con la formulazione di un quesito di diritto.
Attraverso questa specifica norma, in particolare, il legislatore si propone l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere. La formulazione del quesito funge da prova necessaria della corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati. Ne consegue non solo che la formulazione del quesito di diritto previsto da detta norma deve necessariamente essere esplicita, in riferimento a ciascun motivo di ricorso (cfr., in tal senso, Sez. un, n. 7258 del 2007, e Cass. n. 27130 del 2006), ma anche che essa non deve essere generica ed avulsa dalla fattispecie di cui si discute (cfr. Sez. un. n. 36 del 2007), risolvendosi altrimenti in un’astratta petizione di principio, perciò inidonea tanto ad evidenziare il nesso occorrente tra la singola fattispecie ed il principio di diritto che il ricorrente auspica sia enunciato, quanto ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio, ad opera della Corte, in funzione nomofilattica. Inoltre la Corte, con la sentenza 26 marzo 2007 n. 7258 delle sezioni unite, ha affermato che la disposizione non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto si possa desumere implicitamente dalla formulazione del motivi di ricorso, perchè una tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma;
E’ pur vero che le due censure indicano anche il difetto di motivazione ma in relazione ad esse va detto che non solo manca il momento di sintesi prescritto dall’art. 366 bis, ma vi è anche che trattandosi di questioni di puro diritto, la censura di difetto di motivazione è inammissibile, essendosi affermato (tra le tante Cass. n. 19618 del 22/12/2003) che “Il difetto di motivazione, denunciabile come motivo di ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti, non anche l’interpretazione di norme giuridiche”;
Ritenuto che il ricorso va quindi dichiarato inammissibile e che le spese, liquidate come da dispositivo, devono seguire la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro trenta, oltre duemila Euro per onorari, oltre spese generali, Iva e CPA. Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2011