LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 22145/2006 proposto da:
F.G., *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI Benito, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VENERI MASSIMO giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
G.L., *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 12, presso lo studio dell’avvocato COLARIZI Massimo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUARNATI MARIO VITTORIO giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1153/2006 del TRIBUNALE di VERONA, Sezione 2^
Civile, emessa il 2/02/2006, depositata il 19/04/2006; R.G.N. 10481/2004.
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10/11/2010 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;
udito l’Avvocato Fabrizio MOZZILLO per delega Massimo Colarizi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto.
La Corte:
RILEVATO IN FATTO
che con la sentenza ora impugnata per cassazione il Tribunale di Verona ha respinto l’opposizione all’esecuzione proposta dalla F. nella procedura espropriativa presso terzi promossa dal G.; in particolare, la debitrice eccepiva che nel precetto erano state esposte somme non dovute, quali quelle già corrisposte a titolo di acconti e voci in parcella non dovute;
che il ricorso della F. è svolto in tre motivi e ad esso resiste con controricorso il G..
OSSERVA IN DIRITTO che il ricorso per cassazione, siccome proposto avverso sentenza depositata in data successiva al 2 marzo 2006, è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c.;
che, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4, il motivo deve concludersi, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto; nel caso dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è imposta la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione s’assume omessa o contraddittoria o le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione;
quanto a quest’ultimo caso, la norma è stata interpretata nel senso che il motivo deve concludersi con un “momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti” (Cass. sez. un. 20603 del 2007);
che, riguardo al ricorso in trattazione, i quesiti non corrispondono al paradigma sopra configurato, risolvendosi in generiche affermazioni di principio, non idonee a prospettare sinteticamente alla Corte la questione in ordine alla quale è chiesta la delibazione;
che, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011