LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi F. – Presidente –
Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.O. (c.f. *****) e M.M.
(c.f. *****), elettivamente domiciliate in Roma, Via Pietro Borsieri 5/a presso la Cast s.r.l., rappresentate e difese dall’avv. OLIVERIO Giancarlo giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
C.F. (c.f. *****), elettivamente domiciliata in Roma, Via Achille Papa n. 21, presso lo studio dell’avv. GAMBERINI MONGENET Rodolfo, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Marcello Zamboni giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d” Appello di Bologna n. 42/05 decisa in data 14 gennaio 2005 e depositata in data 28 aprile 2005.
Udita la relazione del Consigliere Dott. Giancarlo Urban;
udito l’avv. Rodolfo Gamberini Mongenet;
udito il P.M., in persona del Cons. Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per l’accoglimento del secondo e del quarto motivo, assorbiti gli altri.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata in data 11 giugno 1997 C.F., già locatrice di un immobile ad uso abitativo, sito in *****, conveniva avanti al Pretore di Bologna B. O. e M.M., conduttrici di detto immobile, esponendo che a seguito della pronunciata convalida di licenza per finita locazione (in data *****), malgrado il giudice della convalida avesse fissato l’esecuzione per la data del 31 gennaio 1996, le convenute avevano rilasciato detto immobile solo in data *****. Assumeva l’attrice che tale ritardo, nel rilascio dell’immobile, addebitabile alle convenute, le aveva impedito di locare il bene ad un canone locatizio più favorevole; concludeva, perciò, perchè le convenute fossero condannate a risarcire il maggior danno ex art. 1591 c.c., nella misura di L. 11.872.495, pari alla differenza tra il canone corrisposto e quello offerto da terzi, oltre al pagamento, in suo favore della somma di L. 1.994.995, sostenuta per spese legali relative al procedimento esecutivo per il rilascio dell’immobile.
Si costituivano le convenute, chiedendo il rigetto della domanda, atteso che l’immobile, dopo il rilascio da parte loro, era stato nuovamente locato ad un terzo per un canone superiore, e che nessun altro danno era ravvisabile.
Con sentenza del 3 febbraio 2003, l’adito Tribunale, rigettava la domanda della C., che condannava alle spese.
Con sentenza del 28 aprile 2005 la Corte d’Appello di Bologna accoglieva l’appello proposto da C.F. e condannava in solido B.O. e M.M. al pagamento della somma di Euro 6.131,63 oltre interessi, rivalutazione e spese di entrambi i gradi.
Ricorrono per cassazione B.O. e M.M. con quattro motivi.
Resiste con controricorso C.F..
Le ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia; la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione agli artt. 2697 e 1591 c.c., in ordine alla valutazione delle dichiarazioni rese dal teste Br..
La sentenza impugnata ha dato atto che il teste, quale amministratore del condominio in cui si trova l’appartamento in questione, è da ritenere “qualificato” non soltanto per la conoscenza delle vicende riguardanti l’immobile amministrato, e quindi anche della esistenza di precise offerte di locazione dell’appartamento da parte di un inquilino che già abitava nello stesso stabile (il sig. D.C. C.), ma anche di aver attivamente partecipato alla trattativa per la conclusione del contratto tra locatrice e il nuovo inquilino.
Si tratta quindi di valutazione di una prova acquisita nella fase di merito, sorretta da congrua ed adeguata motivazione, non censurabile nel presente giudizio di legittimità.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (artt. 2697 e 1591 c.c.): si rileva l’incongruenza del richiamo alla L. n. 431 del 1998, entrata in vigore circa due anni dopo il rilascio dell’immobile; in ogni caso non sarebbe stata fornita la prova, che spettava alla locatrice, che l’immobile sarebbe stato locato ad un canone superiore nello stesso periodo in cui esso era stato detenuto dalla conduttrice, malgrado la condanna al rilascio.
Posto che il richiamo alla L. n. 431 del 1998, è stato operato non già’ per applicare una disciplina entrata in vigore successivamente ai fatti per i quali è causa, ma soltanto al fine di dimostrare che le varie leggi succedutesi nel tempo (la n. 392/1978; la n. 359/1992 e la n. 431/1998) avrebbero consentito alla locatrice di ottenere un canone di locazione ben più favorevole, qualora l’immobile fosse stato liberato alla naturale scadenza del contratto (e cioè al 7 agosto 1995), la sentenza impugnata ha richiamato, per riconoscere il diritto della locatrice al risarcimento del maggior danno ai sensi dell’art. 1591 c.c., il fatto che la stessa locatrice ha prodotto altro contratto per altra unità immobiliare sita nello stesso stabile e con caratteristiche del tutto simili, stipulato in data 11 aprile 1996 con le modalità’ dei cosiddetti patti in deroga, per il canone mensile di L. 1 milione.
La valutazione della Corte territoriale appare quindi corretta sia sul piano della logica che su quello della applicazione dei principi di diritto già richiamati e si sottrae pertanto ad ogni censura nel presente giudizio di legittimità.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 6, comma 6.
La norma non è applicabile al caso di specie perchè non si tratta di controversia relativa a provvedimento di rilascio di immobile, di cui fosse stata sospesa l’esecuzione, ma di autonoma domanda per il risarcimento del danno conseguente al ritardo nel rilascio stesso;
all’epoca della entrata in vigore della legge del 1998. infatti, l’immobile era stato già rilasciato dalle conduttrici (e precisamente in data 8 novembre 1996) e era già stata formulata la domanda di risarcimento del danno secondo i criteri previsti dall’art. 1591 c.c., con concreta e puntuale dimostrazione del maggior danno subito.
Con il quarto motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la Corte d’Appello compreso nella somma di cui alla condanna anche le spese per il processo esecutivo, malgrado che sul punto non fosse stato proposto appello.
11 dato è smentito dalle conclusioni formulate avanti alla Corte d’Appello dalla appellante C., che chiese la condanna delle conduttrici al pagamento dell’intero importo originariamente richiesto, pari ad Euro 6.131,63.
Il ricorso risulta quindi infondato; segue la condanna delle ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011