LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 25081-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
B.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 30, presso lo studio dell’avvocato ANTONUCCI MARCO, rappresentato e difeso dall’avvocato LEGNANI STEFANO, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 70/2006 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO del 7/07/06, depositata l’01/08/2006;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.
RITENUTO IN FATTO
Nella causa indicata in premessa, nella quale il contribuente resiste con controricorso, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:
“In controversia relativa all’impugnazione di accertamento ai fini IVA, IRPEF, IRAP, la CTR rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate confermando la sentenza di primo grado favorevole al contribuente.
Ricorre l’Agenzia delle Entrate con due motivi, il contribuente resiste con controricorso.
Il primo motivo del ricorso – con cui l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 – è fondato in quanto la decisione impugnata rigetta l’appello limitandosi ad affermare: “Come è stato evidenziato con la sentenza appellata il contribuente ha contrastato con varia documentazione le presunzioni che derivano dall’applicazione dei parametri legali. I documenti prodotti possono ritenersi idonei a confermare i minori ricavi, che sono stati dichiarati per l’anno 1999”.
In tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 stabilisce che la sentenza deve contenere, fra l’altro, la coincisa esposizione dello svolgimento del processo e la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto, fermo restando la possibilità di adempiere a tale onere esponendo in modo conciso gli elementi in fatto e diritto posti a fondamento della decisione (Cass. n. 22801/09), non adempie il dovere di motivazione il giudice del gravame che si richiama “per relationem” alla sentenza impugnata, di cui condivida le argomentazioni, senza dar conto di aver valutato criticamente sia il provvedimento censurato che le censure proposte.
(Cass. 3547/02; 13990/03).
Resta assorbita la decisione in relazione alla questione oggetto del secondo motivo”. La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite. La parte contribuente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, non intaccati da quanto asserito nella memoria del ricorrente, dal momento che le argomentazioni proposte non forniscono elementi di giudizio che non siano già stati valutati nella relazione sopra indicata. Pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, assorbita ogni altra censura, la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della medesima Commissione tributaria regionale.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale Lombardia.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011