Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.620 del 12/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15120-2009 proposto da:

M.P. (*****) elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso lo studio dell’avvocato DE PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura alle liti in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto n. 676/07 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del 7.3.08, depositato il 09/08/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO SCARDACCIONE.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO p. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “1.- La Corte di appello di Firenze, con decreto depositato in data 9.8.2008 ha parzialmente accolto la domanda proposta da M.P. allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio promosso innanzi al TAR Toscana con ricorso del 24.12.1992, definito con sentenza di rigetto del 24.5.2007.

La Corte d’appello, fissato il termine di ragionevole durata del giudizio in anni tre, ha liquidato, a titolo di equa riparazione per il danno non patrimoniale, per il periodo eccedente detto termine (12 anni), Euro 500,00 per anno di ritardo, quindi complessivi Euro 6.000,00, compensando le spese perchè l’Amministrazione non si era opposta alla domanda. Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso l’attore, formulando due motivi. Non ha svolto difese il Ministero intimato.

2. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2; art. 6 p. 1 e art. 41 CEDU, art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), nella parte in cui il decreto ha stabilito il risarcimento per il danno non patrimoniale discostandosi dal parametro della Corte EDU (Euro 1.000,00 ad anno), in difetto di circostanze significative relative alla minore entità del danno provate dalla controparte.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c. lamentando la compensazione delle spese pur essendo stata accolta la domanda.

3. – Il primo motivo di ricorso appare manifestamente fondato e il suo accoglimento comporta l’assorbimento della seconda censura.

Infatti, i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte Europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, che deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo che, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da Riccardi Fizzati e sul ricorso n. 64897/01 Zullo), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno il parametro per la quantificazione dell’indennizzo, che deve essere osservato dal giudice nazionale, con la facoltà di apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda (quali:

l’entità della “posta in gioco”, il “numero dei tribunali che hanno esaminato il caso in tutta la durata del procedimento” ed il comportamento della parte istante; per tutte, Cass. n. 4572 e n. 3515 del 2009; n. 1630 del 2006), purchè motivate e non irragionevoli (tra le molte, a quelle da ultimo richiamate, aggiungi Cass. n. 6039 del 2009; n. 6898 del 2008).

Nel provvedimento impugnato manca qualsiasi riferimento alla fattispecie concreta che consenta di ritenere ragionevole e motivato il discostamento dal parametro della Corte EDU, anche alla luce della più recente giurisprudenza di questa Sezione e dei criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo del 2010 sui ricorsi MARTINETTI ET CAVAZZUTI c. ITALIE e GHIROTTI ET BENASSI c. ITALIE per i giudizi contabili e amministrativi, in virtù dei quali la somma da liquidare sarebbe equa nella misura di Euro 7.500,00. Il ricorso, quindi, può essere deciso in camera di consiglio”.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

p. 2. – Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono all’accoglimento del primo motivo di ricorso con assorbimento del secondo.

Pertanto, cassato il decreto impugnato, la Corte, in applicazione della più recente giurisprudenza innanzi richiamata, può decidere la causa nel merito ex art. 384 c.p.c. liquidando al ricorrente la somma di Euro 7.500,00. Le spese – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 7.500,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50 per esborsi, Euro 600,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario; e per il giudizio di legittimità in Euro 965,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011

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