LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –
Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 6475/2007 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso lo studio dell’avvocato URSINO Anna Maria (DIREZIONE AFFARI LEGALI POSTE ITALIANE), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
D.A.F.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 8779/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/02/2006 R.G.N. 10477/03;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 02/12/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO ZAPPIA;
udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI per delega URSINO ANNA MARIA ROSARIA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità.
Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Frosinone, regolarmente notificato, D.A.F., assunta dalla società Poste Italiane s.p.a. con contratto a tempo determinato dal 2.10.2000 al 31.1.2001, ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994 come integrato dall’accordo del 25.9.1997, per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, rilevava la illegittimità dell’apposizione del termine al contratto in questione di talchè, essendo stata l’assunzione illegittima, il contratto si era convertito in contratto a tempo indeterminato. Chiedeva pertanto che, previa dichiarazione di illegittimità del termine apposto al predetto rapporto di lavoro, fosse dichiarata l’avvenuta trasformazione dello stesso in contratto a tempo indeterminato, con condanna della società al risarcimento del danno.
Con sentenza in data 3.7.2003 il Tribunale adito accoglieva la domanda e dichiarava la natura a tempo indeterminato del rapporto in questione condannando la società convenuta al ripristino del rapporto ed al pagamento in favore della ricorrente della retribuzione, con accessori.
Avverso tale sentenza proponeva appello la società Poste Italiane s.p.a. lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo il rigetto delle domande proposte da controparte con il ricorso introduttivo.
La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 12.12.2005 – 14.2.2006, rigettava il gravame.
In particolare la Corte territoriale rilevava che il contratto in questione era stato stipulato successivamente al 30.4.1998, ossia in periodo non coperto dalla contrattazione autorizzatoria.
Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la Poste Italiane s.p.a. con un motivo di impugnazione.
La lavoratrice intimata non ha svolto attività difensiva.
La società ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Col predetto motivo di gravame la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione all’art. 1362 c.c., e segg.; violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione all’art. 425 c.p.c.; insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) in ordine all’efficacia dell’accordo del 25.9.1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 1994.
In particolare osserva che in maniera assolutamente arbitraria la Corte territoriale aveva ritenuto che l’ipotesi prevista dalla L. n. 56 del 1987, art. 23, dovesse essere necessariamente correlata ad una precisa limitazione temporale. In tal modo l’interpretazione fornita dai giudici di merito aveva introdotto nella normativa contrattuale un ulteriore elemento assolutamente non previsto dalle parti contraenti; per contro, la corretta applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale, avrebbe dovuto portare la Corte di merito a valutare i suddetti accordi attuativi nella loro effettiva natura di atti ricognitivi di una determinata situazione di fatto, senza alcuna volontà negoziale di porre limite alcuno se non quello della intrinseca temporaneità di qualsiasi processo di ristrutturazione, e quindi anche di quello della società Poste Italiane s.p.a..
E rileva inoltre che, in violazione degli artt. 421, 425 e 437 c.p.c., la Corte Territoriale, dopo aver proceduto alla richiesta di informazioni alle associazioni sindacali, aveva proceduto alla audizione anche di soggetti privi di legittimazione ai sensi dell’art. 425 c.p.c..
Il ricorso è inammissibile.
Osserva il Collegio che ai sensi dell’art. 101 c.p.c., il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa.
Il suddetto principio dei contraddicono, che si collega sui piano costituzionale con il diritto di difesa dichiarato dall’art. 24 Cost., pone al giudice il potere-dovere di controllare d’ufficio l’esistenza e la regolarità della vocatio in ius della parte nei cui confronti è posta la domanda giudiziaria.
Orbene, nel caso di specie dal contenuto della relata di notifica in data 14.2.2007 relativa al proposto ricorso per cassazione, emerge che l’Ufficiale giudiziario ha attestato di non aver potuto procedere alla notifica dell’atto risultando il destinatario sconosciuto all’indirizzo indicato.
Da ciò consegue, non emergendo dagli atti di causa l’esistenza di ulteriore attività intesa alla notifica, che il ricorso proposto va dichiarato inammissibile stante la mancata istaurazione de contraddittorio tra le parti.
Nessuna statuizione va adottata in materia di spese non avendo l’intimata svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011