LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 10675/2005 proposto da:
SEAD COSTRUZIONI SRL P.IVA *****, in persona dell’Amministratore e legale rappresentante pro tempore Ing.
T.D., elettivamente domiciliato in ROMA, CLIVO DI CINNA 196, presso lo studio dell’avvocato SALEMME LILIANA, rappresentato e difeso dall’avvocato POZZO Mario;
– ricorrente –
contro
COND. *****, in persona dell’Amministratore pro tempore rag. M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTTNA 121, presso lo studio dell’avvocato MAURIELLO Giacomo, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 199/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/01/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 19/10/2010 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCTANTE;
udito l’Avvocato MAURIELLO Giacomo, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 4 giugno 2002 il Tribunale di Napoli – adito dalla s.r.l. SEAD Costruzioni nei confronti del condominio dell’edificio sito nella ***** in quella città – respinse la domanda dell’attrice, intesa ad ottenere la condanna del convenuto al pagamento della somma di L. 29.043.369, con rivalutazione monetaria e interessi, oltre al risarcimento dei danni: somma reclamata come compenso per l’avvenuta esecuzione di lavori di consolidamento e restauro del fabbricato.
Impugnata dalla soccombente, la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Napoli, che con sentenza del 28 gennaio 2005 ha rigettato il gravame, osservando che il contratto di appalto posto a base della domanda era stato stipulato direttamente e personalmente dai singoli condomini, con esclusione di ogni solidarietà e con l’espressa previsione che nei loro confronti individualmente, in caso di inadempimento, l’impresa appaltatrice avrebbe potuto agire in giudizi; nè infatti alle deliberazioni assembleari menzionate dall’appellante erano seguite iniziative di sorta da parte del condominio.
La s.r.l. SEAD Costruzioni ha proposto ricorso per cassazione, in base a due motivi. Il condominio dell’edificio sito nella ***** si è costituito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la s.r.l. SEAD Costruzioni lamenta che erroneamente la Corte d’appello ha disconosciuto la sussistenza della legittimazione passiva del condominio convenuto: legittimazione che invece derivava dal carattere necessario della rappresentanza ex lege che compete all’amministratore, anche in sede processuale, per il disposto degli artt. 1129, 1130 e 1131 c.c..
La censura va disattesa.
Le deduzioni formulate dalla ricorrente – a proposito sia della qualificabilità del condominio come semplice ente di gestione privo di soggettività giuridica, sia della configurabilità quale mandato con rappresentanza de rapporto intercorrente tra i proprietari delle varie unità immobiliari e l’amministratore, sia della facoltà dei primi di surrogare l’altro, agendo e resistendo in giudizio in suo luogo, anche in sede di impugnazione – sono senz’altro condivisibili, stante la loro concordanza con la costante giurisprudenza di questa Corte. Non sono però conferenti, con riguardo alla fattispecie oggetto del giudizio, consistita nell’avere i condomini concluso personalmente e direttamente il contratto di appalto in questione con la dante causa della s.r.l. SEAD Costruzioni: contratto nel quale si era espressamente previsto che la società avrebbe avuto facoltà di convenire individualmente in giudizio i condomini in ipotesi inadempienti nel pagamento delle quote di pertinenza di ognuno, con esclusione tra loro del vincolo di solidarietà (all’epoca considerato operante per le obbligazioni di cui si tratta dalla giurisprudenza di legittimità, poi superata da Cass. s.u. 8 aprile 2008 n. 3408). Correttamente la Corte d’appello ne ha desunto che le parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, avevano concordato di instaurare un rapporto sottratto alle regole richiamate dalla ricorrente, in particolare proprio relativamente alla legittimazione passiva nelle cause conseguenti al mancato versamento di quanto singolarmente ognuno dei committenti sarebbe stato tenuto a pagare alla società appaltatrice. Della possibilità di avvalersi dell’amministratore come loro mandatario e rappresentante, dunque, i condomini non si erano avvalsi per la conclusione del contratto, mentre per “gli sviluppi attuativi ed esecutivi” – che secondo la ricorrente rientravano globalmente nella competenza dell’amministratore stesso e comportavano la sussistenza della sua legittimazione passiva in questa causa – gli avevano affidato esclusivamente il compito della raccolta delle quote dovute dai singoli e della loro corresponsione alla esecutrice dei lavori, alla quale tuttavia era attribuita la facoltà di agire in giudizio appunto nei confronti dei singoli eventualmente inadempienti, anzichè della collettività condominiale nel suo complesso.
Con il secondo motivo di ricorso la s.r.l. SEAD deduce che la Corte d’appello non ha correttamente interpretato due deliberazioni assembleari del 1990, con le quali a posteriori era stato comunque conferito al rapporto in questione il carattere della “condominialità”, ove pure non ne fosse dotato ab origine.
Neppure questa doglianza può essere accolta.
E stata infatti prospettata in violazione del principio di autosufficienza, poichè i documenti asseritamente travisati dal giudice a quo non sono stati trascritti nel ricorso, in cui se ne indica sommariamente il contenuto (diverso da quello che risulta dalla sentenza impugnata) con accenni del tutto insufficienti a consentire ex se a questa Corte, che non ha accesso agli atti di causa, di vagliare la pertinenza e la fondatezza della censura.
Il ricorso viene pertanto rigettato, con conseguente condanna della ricorrente a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, che sì liquidano in 200,00 Euro, oltre a 3.000,00 Euro per onorar, con gli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 3.000,00 Euro per onorari, con gli accessori si legge.
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011