LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –
Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 29651-2005 proposto da:
S.R.M. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato RIENZI CARLO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
CONSOB – COMMISSIONE NAZIONALE per le SOCIETA’ e la BORSA *****, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro in carica, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/10/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2010 dal Consigliere Dott. GOLDONI Umberto;
udito l’Avvocato LUCIANA SELMI con delega dell’Avvocato CARLO RIENZI difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con Decreto del 13.2.2004, i Ministero dell’Economia e delle Finanze ha ingiunto a S.R.M., agente di cambio, la sanzione pecuniaria di Euro 35.000,00 per aver violato gli obblighi di separazione patrimoniale ed aver adottato approssimative modalità di prelievo delle commissioni e delle spese adottate dallo studio, modalità non correlale all’effettiva maturazione, quantitativa e cronologica, di somme a carico dei clienti.
Avverso tale ingiunzione lo S. ha proposto opposizione e la Corte di appello di Roma, con decreto in data 12.7/27.10.2005, la ha rigettata, regolando le spese. Ha osservato la Corte capitolina che il termine per la contestazione degli addebiti era stato rispettato;
che l’istruttoria aveva tenuto conto delle difese scritte e di tutte le risultanze documentali, mentre l’audizione personale non era prevista nella fase amministrativa e comunque Se difese scritte erano più che sufficienti; che la motivazione del decreto sanzionatorio era sufficiente, essendo ammessa la motivazione per relationem; che non v’era stata duplicazione di sanzioni, atteso che le condotte di tempo in tempo sanzionate erano diverse, mentre difettava certamente l’invocato requisito della buona fede.
Per la cassazione di tale sentenza, lo S. ricorre, ex art. 111 Cost., sulla base di quattro motivi illustrati anche con memoria;
il Ministero dell’economia e delle finanze e la CONSOB resistono con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Va preliminarmente esaminata l’eccezione di vizio di notifica del ricorso nei confronti della CONSOB sollevata in controricorso; il rilievo proposto trova conferma negli atti, ma avendo la stessa CONSOB espletato le sue difese nel presente procedimento per cassazione, deve concludersi nel senso che fatto ha comunque raggiunto il suo scopo e pertanto l’eccezione relativa non può essere accolta.
2) Con il primo motivo si lamenta violazione della L. 2 novembre 1981, n. 689, art. 14, comma 2, in ordine all’osservanza del termine per la contestazione della violazione all’incolpato e segnatamente alla decorrenza dello stesso. Non è fondalo: la giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente (Cass. 27.3.2003, n. 4670; 11.6.2003.
n. 9357; 5.11.2003, n. 16608) e condivisibilmente ritenuto che tale termine decorre dalla piena conoscenza di tutti i dati relativi all’infrazione commessa, anche ai fini della congrua determinazione della sanzione pecuniaria; inoltre, il dies a quo deve essere fissato con riferimento al giorno in cui i l’atti sono stati sottoposti all’esame della Commissione-Collegio, cosa questa avvenuta nel caso di specie il 27.5.2003, con successiva contestazione degli addebiti il 5 giugno 2003, nel pieno rispetto del termine invocato; il motivo deve essere pertanto rigettato.
3) Con il secondo mezzo si lamenta violazione od erronea applicazione del principio del giusto procedimento L. n. 241 del 1990, ex artt. 3 e 7 e vizio di motivazione circa la scelta degli elementi da porre a base della contestazione e della sussistenza degli addebiti; anche se posta in primis in evidenza sotto una pretesa violazione del principio del giusto procedimento (peraltro non applicabile come costituzionalmente garantito nella fase procedi mentale), tale censura si risolve chiaramente nella denuncia di un preteso vizio di motivazione ed è pertanto inammissibile in sede di ricorso ex art. 111 Cost.: il motivo è pertanto da respingersi per inammissibilità.
4) Ancor più evidente la natura di denuncia di vizio motivazionale da riscontrarsi nel terzo motivo, che nel l’intestazione viene indicato come “violazione ex L. n. 241 del 1990, per omessa e/o insufficiente motivazione”. La lettura delle argomentazioni svolte al riguardo conforta tale convincimento e, esclusa l’omissione della motivazione nel decreto impugnato, la stessa stringatezza delle considerazioni svolte si risolve in genericità, donde la sussistenza anche di tale carenza: il motivo deve essere quindi ritenuto inammissibile.
5) Con il quarto mezzo si lamenta violazione della L. n. 241 del 1990 per duplicazione de procedimento sanzionatorio. Si prospetta la sussistenza nella specie della violazione del ne bis in idem, con conseguente vizio procedimentale e provvedimentale; la censura non è fondata: a quanto osservato al riguardo nel decreto impugnato, devesi aggiungere che i comportamenti sanzionati sono differenti, atteso che le violazioni contestate, in ordine a cui è stata adottato il provvedimento cautelare erano riferite alla gestione generale dello studio ed allo svolgimento dei servizi di investimento e non già a quei comportamenti (separazione patrimoniale e gestione delle commissioni) che hanno determinato l’inflizione della sanzione come determinata. Anche tale motivo deve essere pertanto respinto e, con esso, il ricorso.
6) Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in 3.500,00 Euro, di cui 3.000,00 per onorari, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011