Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.75 del 03/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8289/2005 proposto da:

C.F. C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAPISTRANO 11, presso lo studio dell’avvocato FELICE ARMANDO, rappresentato e difeso dall’avvocato MOLINELLI Ermolao;

– ricorrente –

contro

ITAS IST TRENTINO ALTO ADIGE ASSIC SPA, in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONIDA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato SPINELLI GIORDANO Tommaso, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati BALLESTRERO LORENZO, FASOLA ENRICA, PICARDI ROBERTO, RIVELLESE NICOLA;

– controricorrente –

e contro

MOTECO SRL;

– intimati –

e contro

CASABELLA SCARL P.I. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94, presso lo studio dell’avvocato FIORE GIOVANNA, rappresentato e difeso dall’avvocato BENCINI FRANCESCA;

– resistente con procura –

sul ricorso 8367/2005 proposto da:

CASABELLA SCARL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94, presso lo studio dell’avvocato FIORE GIOVANNA, rappresentato e difeso dall’avvocato BENCINI FRANCESCA;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

ITAS IST TRENTINO ALTO ADIGE ASSIC SPA elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONIDA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato SPINELLI GIORDANO TOMMASO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati RIVELLESE NICOLA, PICARDI ROBERTO, BALLESTRERO LORENZO, FASOLA ENRICA;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

MOTECO SRL, C.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 287/2004 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 23/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10/11/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato Molinelli Ermolao difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento delle conclusioni già depositate.

udito l’Avv. Fasola Enrica per Itas (proc. allegata) difensore del resistente e ricorrente incidentale che ha chiesto l’accoglimento delle difese già depositate sia nel controricorso che nel ricorso incidentale.

Udito l’Avv. Giovanna Fiore con delega (proc. spec. notarile) dell’Avv. Francesca Bencini per Casabella che si riporta alle difese in atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato l’8.7.02 C.F. citò al giudizio del Tribunale di Livorno la società Casabella coop. a r.l., cui aveva nell’anno 1987 venduto alcuni suoli edificatori in *****, lamentando che la convenuta,nel realizzare le costruzioni aveva,in epoca anteriore e prossima al giugno 1991, invaso un terreno contiguo e sovrastante, di proprietà dell’istante, eseguendovi un grosso sbancamento e distruggendo numerosi alberi di pino; pertanto l’attrice chiese la condanna della suddetta società alla restituzione dell’area i occupataci ripristino dello stato dei luoghi, previa ricostruzione di un muro a secco e di uno stradello, ed al risarcimento dei danni.

Costituitasi la convenuta, contestò la domanda ed,assumendo che i lavori erano stato eseguiti in appalto dalla società MO.TE.CO s.r.l., chiese ed ottenne di chiamarla in causa.

La chiamata si costituì ed, eccepita preliminarmente la decadenza dalla garanzia ex art. 1669 c.c., contestò nè merito la propria responsabilità,per aver eseguito le opere sotto la sorveglianza e le indicazioni del direttore dei lavori nominato dalla committente e, comunque, chiese ed ottenne di chiamare in garanzia la propria assicuratrice I.T.A.S. – Istituto Trentino Alto Adige s.p.a., per esserne eventualmente manlevata.

Costituitasi anche quest’ultima, si associò alle posizioni della MO.TE.CO ed, in subordine, contestò l’operatività della garanzia,eccependo la non accidentalità dell’evento.

Disposta ed espletata consulenza tecnica di ufficio, l’adito Tribunale, in persona del G.O.A. della sezione – stralcio, con sentenza del 25.11.00, in accoglimento per quanto di ritenuta ragione della domanda attrice, condannò la convenuta al pagamento della somma di L. 45.000.000, oltre agli interessi legali,rigettando ogni altra richiesta delle parti.

Ma all’esito ed in accoglimento dell’appello della soc. Casabella, resistito sia dalla C., sia dalla ITAS, nella contumacia della MO.TE.CO., la Corte di Firenze, con sentenza 9.12.03-23.2.04, rigettò la domanda della C., condannando la medesima al rimborso delle spese di ambo i gradi del giudizio in favore di ciascuna delle costituite appellate.

La corte di merito, premesso il principio secondo cui l’appaltatore, ove non ne risulti dimostrata la qualità di nudus minister del committente, è tenuto a rispondere verso i terzi dei danni cagionati nell’esecuzione dell’appalto, anche nell’ipotesi in cui abbia ottemperato a specifiche richieste del committente, rilevava che nel caso di specie non era stata fornita alcuna prova circa l’eventuale limitazione di autonomia dell’operato dell’appaltatrice e che le ragioni addotte a sostegno della decisione di primo grado,secondo cui, l’appellante avrebbe intenzionalmente ordinato “l’invasione e lo stravolgimento dell’altrui proprietà”, approfittando dell’assenza della C., costituivano mere ed apodittiche illazioni; sicchè, non essendo stati indicati, nè risultando prospettabili profili di corresponsabilità, quali specifiche violazioni del principio del neminem laedere, oppure culpa in eligendo, dei danni, pur provati dalla consulenza tecnica di ufficio, non avrebbe potuto rispondere la convenuta.

Contro tale sentenza la C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.

Hanno resistito, con rispettivi controricorsi, le società Casabella e ITAS, proponendo la prima ricorso incidentale,cui la seconda ha replicato con ulteriore controricorso.

Neppure in questa sede ha svolto attività difensiva la società MO.TE.CO..

La difesa della società Casabella ha depositato una memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso viene dedotta “violazione o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., anche in relazione all’art. 2059 c.c.”.

Si lamenta che la Corte d’Appello, limitando la propria attenzione esclusivamente ai rapporti tra la committente e l’appaltatrice ed esigendo la prova della limitazione dell’autonomia di quest’ultima, avrebbe del tutto trascurato di prendere in considerazione i preminenti profili di responsabilità aquiliana ascrivibili alla convenuta che, ponendo in essere le attività invasive ed occupative, del tutto esulanti dall’esecuzione dei lavori appaltati traendo profitto dalle stesse, avrebbe dovuto direttamente rispondere a titolo di illecito contrattuale, dei pregiudizi arrecati all’istante, sia perchè quest’ultima aveva operato nella veste di nuda esecutrice di ordini, sia e comunque a titolo di concorso.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., per extrapetizione, essendosi i giudici di appello pronunziati su un titolo di domanda diverso da quello dedotto dall’attrice, che non aveva agito nei confronti della convenuta Casabella quale committente nel rapporto di appalto, bensì deducendone la diretta responsabilità per fatto illecito commesso nell’ordinare lo sconfinamento e lo sbancamento e nel trarre vantaggio dagli stessi; sicchè i giudici non avrebbero potuto entrare nel merito dei rapporti tra la suddetta e l’appaltatrice.

Con il terzo motivo si deduce omissione, insufficienza e contraddittorietà di motivazione sul punto decisivo costituito dalla sussistenza di un illecito, sia civile, sia penale, produttivo di danno, segnatamente l’occupazione del suolo, al cui riguardo, non essendovi stato alcun errore o vizio nella costruzione dell’edificio sul terreno della Casabella, non occorreva stabilire se l’appaltatrice avesse, bene o male, eseguito le proprie prestazioni.

Con il quarto motivo si deduce omissione, insufficienza e contraddittorietà di motivazione, per non avere la corte provveduto sulla domanda, da considerarsi implicitamente proposta nelle conclusioni dell’attrice, di condanna al risarcimento dei danni della società MOTE.CO., che in quanto chiamata in garanzia propria avrebbe comunque dovuto rispondere direttamente dell’atto illecito, ove non ascrivibile alla convenuta.

Con il quinto motivo si lamenta malgoverno dell’art. 91 c.p.c., in relazione alla subita condanna alle spese anche in favore della garante I.T.A.S., la cui chiamata non era stata resa necessaria dalla domanda attrice ed era stata effettuata dalla MO.TE.CO. indebitamente, in relazione ad un evento non compreso tra i rischi assicurati.

Con il sesto motivo, infine, si censura, ancora in relazione all’art. 91 c.p.c., l’inclusione dell’I.V.A. tra le spese da rimborsare alle due società, pur non essendo tale voce dovuta, potendo l’imposta essere portata in detrazione dalle suddette.

Vanno esaminati congiuntamente, per la stretta connessione tra le censure contenute, i primi tre motivi, basati tutti sulla comune doglianza di fondo, secondo la quale la corte di merito non avrebbe colto l’effettivo tenore della domanda, costituita da un’azione aquiliana diretta nei confronti della committente, mandante e beneficiarla degli atti di occupazione, come tale tenuta, indipendentemente dalla modalità con cui l’incarico da essa affidato all’appaltatrice era stato espletato, a rispondere in via restitutoria e risarcitoria dei danni cagionati.

Le censure non sono fondate.

La corte di merito, nel prendere in esame il rapporto di appalto vertente tra la convenuta e la chiamata in causa non ha esorbitato dal tema della controversia, poichè i principi regolanti il rapporto suddetto, segnatamente la responsabilità verso l’esterno dell’appaltatore, attenevano ad un presupposto necessario per l’accertamento della responsabilità dedotta nella domanda principale, in punto di individuazione del soggetto in concreto tenuto a rispondere dei fatti dannosi lamentati dalla parte attrice.

Poichè l’appaltatrice avrebbe dovuto, salva l’ipotesi, nella specie non dimostrata, in cui avesse operato quale nudus minister, rispondere in proprio verso i terzi dei fatti compiuti nell’espletamento dell’incarico commessole, in base ai principi giurisprudenziali correttamente citati dalla corte di merito (e comunque non oggetto di specifica confutazione nel ricorso), l’azione ex art. 2043 c.c., che l’attrice ammette – e ribadisce in ricorso – di aver proposto, avrebbe dovuto essere anzitutto indirizzata contro la suddetta, con possibilità di coinvolgimento della committente soltanto nell’ipotesi in cui fosse stato provato un concorso della stessa nel compimento delle attività illecite, in termini che avrebbero potuto essere dolosi,ove lo sconfinamento, lo sbancamento e l’estirpazione degli alberi fossero stati dalla medesima ordinati, o quanto meno colposi, nell’ipotesi in cui i dissesti del fondo sovrastante il cantiere fossero stati da ascrivere, in tutto o in parte, a carenze progettuali, o ancora, avvenuti in presenza della committenza e da questa non impediti, o infine, dovuti alla palese inadeguatezza dell’impresa appaltatrice, tale da far configurare una culpa in eligendo. Ma la corte di merito, con accertamento di fatto non censurabile in questa sede e solo genericamente confutato nel ricorso con il richiamo al criterio,meramente congetturale, de cui prodest (su cui essenzialmente si era basata la sentenza di primo grado), ha evidenziato che nessuna prova era stata al riguardo addotta, da cui potesse ritenersi sicuramente dimostrato il concorso o la cooperazione della committente nella produzione degli eventi dannosi e, pertanto, ha correttamente respinto la domanda nei confronti della stessa; ed a tal proposito nel ricorsola parte il ripetuto richiamo all’insufficiente criterio valorizzato dal primo giudice, nessuna doglianza si rinviene in relazione ad eventuali specifiche prove al riguardo addotte ed immotivatamente disattese dai giudici di appello.

Quanto alla circostanza che parte del suolo sbancato, dopo la temporanea ed illecita, occupazione sarebbe stato addirittura annesso al fondo della convenuta, trattasi di fatto nuovo, di cui non si coglie menzione nella sentenza impugnata, nè si precisa di avere specificamente dedotto e, soprattutto, provato in sede di merito.

D’altra parte la sentenza di primo grado, che aveva limitato la condanna della convenuta al risarcimento dei danni, senza contenere alcuna statuizione restitutoria, ove omissiva in tal senso (per l’ipotesi in cui fosse stata anche dedotta la permanenza, sia pure parziale, dell’occupazione dopo la cessazione dei lavori appaltati), avrebbe dovuto formare oggetto di appello incidentale da parte dell’attrice, ma non lo è stato,sicchè la questione risulta comunque preclusa in questa sede.

Anche il quarto motivo deve essere disatteso.

La doglianza, infatti, ancor prima che infondata (dacchè la garanzia propria si configura in ipotesi di identità tra il titolo dedotto nella domanda principale e quello posto a base della chiamata del terzo, nella specie non configurabile,essendo stata la prima basata sull’art. 2043 c.c., la seconda sul contratto,regolante il rapporto chiamante – chiamata e,solo di riflesso, incidente sulla responsabilità esterna), è inammissibile, perchè preclusa dal giudicato interno, al riguardo formatosi a seguito della reiezione in primo grado della domanda di garanzia, contro la quale l’attrice, al fine di poter in subordine invocare una condanna diretta della chiamata in garanzia (ove esclusa la responsabilità della convenuta), quale effettiva responsabile (in virtù del principio di automatismo al riguardo invocato con richiamo a giurisprudenza di legittimità), avrebbe dovuto formulare un appello incidentale condizionato, gravame che però non ha proposto.

Fondato è invece il quinto motivo, poichè i giudici di appello hanno ritenuto di ascrivere, in virtù del principio di causalità, la responsabilità della chiamata in garanzia dell’ITAS, assicuratrice della responsabilità civile della MOTECO, ritenendo giustificata la stessa ed al riguardo dissentendo dal primo giudice, che l’aveva rigettata perchè la garanzia assicurativa avrebbe coperto i solo danni accidentali. La Corte d’Appello, però, non si è avveduta che tale statuizione non era stata impugnata dalla MOTECO, nè da alcuna altra delle parti, sicchè le ragioni che l’avevano determinata non avrebbero potuto più essere rimesse in discussione.

Conseguentemente non si giustifica la condanna della convenuta al rimborso delle spese anche in favore dell’ITAS, che la corte di merito ha motivato sul rilievo essenziale secondo cui la garanzia assicurativa avrebbe dovuto coprire anche i fatti colposi, con i conseguenti riflessi sulla necessità della chiamata in garanzia, da porsi dunque, per indiretta causalità, anche a carico della soccombente.

Sul punto la sentenza impugnata va cassata senza rinvio e, non essendo necessari altri accertamenti di merito, la condanna in questione va direttamente eliminata da questa Corte ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, u.p..

Va infine respinto il sesto motivo del ricorso principale, in quanto il principio richiamato (risalente a Cass. n. 3843/95) risulta superato dalla più recente od ormai costante giurisprudenza di legittimità, da cui il collegio non ravvisa motivi per doversi discostare,a termini della quale la possibilità del vincitore di portare in detrazione, per la sua qualità l’I.V.A. sulle prestazioni dovute al proprio difensore, non ha incidenza ostativa ai fine della condanna della parte soccombente alle spese del giudizio, che, nella parte menzionante detto tributo “come per legge”, deve intendersi soggetta all’implicita condizione “se dovuta”, con la conseguenza che l’eventuale, rilevando soltanto in sede esecutiva (v., tra le altre, Cass. 2529/06, 3536/00, 2387/98).

Con il ricorso incidentale la società Casabella deduce, nell’unico motivo, violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronunzia sulla propria domanda di restituzione delle somme versate alle controparti in esecuzione della sentenza di primo grado, statuizione che avrebbe dovuto essere accolta, in considerazione dell’integrale accoglimento dell’appello ed in ordine alla quale la corte di merito, adita successivamente alla propria sentenza per la correzione del dedotto errore aveva respinto l’istanza, considerando che si era trattato di una vera e propria omissione di pronunzia e non di un mero errore materiale omissivo.

A tale doglianza la società ITAS ha replicato negando di aver ricevuto alcuna somma dalla Casabella a seguito ed in esecuzione della sentenza di primo grado.

Tale replica risulta inutile, poichè dal contenuto del mezzo d’impugnazione (laddove riporta le conclusioni al riguardo rassegnate in grado di appello) si rileva chiaramente che la doglianza è limitata soltanto agli esborsi effettuati nei confronti dell’attrice e della società MOTECO, e non anche nei confronti dell’ITAS,contro la quale non fu proposta l’ istanza di ripetizione.

La censura è fondata, non avendo la corte di merito adottato alcuna statuizione al riguardo così incorrendo in una omissione di pronunzia, in ordine ad una richiesta che peraltro era palesemente fondata, essendone il relativo accoglimento consequenziale alla totale riforma della decisione di primo grado, in forza della quale erano stati subiti gli esborsi.

Anche su tale punto la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, con conseguente decisione nel merito da parte di questa Corte ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, che, in mancanza di specifica richiesta di quantificazione, va limitata all’an, oltre agli interessi legali decorrenti dalle date dei rispettivi esborsi.

Pronunziando, infine, sulle spese, tenuto conto della totale soccombenza della ricorrente principale nei confronti della controricorrente, la C. va condannato al relativo rimborso in favore della società Casabella, mentre tra vanno totalmente compensate quelle tra la prima e l’ITAS, in considerazione della reciproca soccombenza, determinata dall’accoglimento del quinto motivo (diretto soltanto contro tale società assicuratrice) del ricorso principale e dal rigetto dei rimanenti (cui detta società ha resistito).

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il primo, il secondo, il terzo, il quarto ed il sesto motivo di quello principale, accoglie il quinto motivo di tale ricorso, nonchè il ricorso incidentale, cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, pronunzi andò nel merito, elimina la condanna di C.F. al rimborso delle spese processuali in favore della società ITAS Istituto Trentino Alto Adige Assicurazioni s.p.a. e condanna la C. e la società MOTECO s.r.l. alla restituzione, in favore della società Casabella soc. coop. a r.l., delle somme rispettivamente riscosse, con i relativi interessi legali decorrenti dalle date dei pagamenti, in forza della sentenza di primo grado.

Condanna la C. al rimborso in favore della società Casabella delle spese del presente giudizio,liquidate in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi e dichiara interamente compensate le analoghe spese tra la predetta e la società ITAS. Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011

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