LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo – Presidente –
Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 11770/2005 proposto da:
P.M.O., C.F. *****, amministratore e socio illimitatamente responsabile della snc Sansone di Perrotta e C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato DODARO DOMENICO, rappresentato e difeso dall’avvocato PERRI Antonio;
– ricorrente –
contro
INTERSIEL SPA in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. C.V., Amministratore Delegato, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G ANTONELLI 50, presso lo studio dell’avvocato GARENNA ERNESTO, rappresentato e difeso dall’avvocato PERUGINI Salvatore;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 218/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 01/04/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10/11/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, in subordine il rigetto dello stesso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 20.9.1993 la società Sansone di Perrotta & C. snc, premesso che aveva stipulato con la Intersiel spa due contratti di appalto per la pulizia dei locali della predetta società, di durata annuale, rinnovabili tacitamente per uguale periodo, decorrenti rispettivamente dall’1.3.1988 e dal l’1.11.1990; che la Intersiel aveva dato disdetta con raccomandate del 15.7.1993 e del 20.5.1993, recesso comunicato in base all’art. 13 con il quale la committente si era riservata tale facoltà per giustificati motivi, in qualsiasi momento anche prima della scadenza; che aveva contestato i giustificali motivi e la clausola di cui all’art. 13, rientrando nella previsione dell’art. 1341 c.c., necessitava di specifica approvazione per iscritto, chiedeva dichiararsi la nullità dei recessi, il pagamento delle prestazioni con accessori ovvero il risarcimento dei danni.
La Intersiel contestava la pretesa rilevando, in particolare, non trattarsi di contratti per adesione ma frutto di accordi tra le parti.
Assunti interrogatorio formale del rappresentante della Intersiel e prove testimoniali, rimasto senza esito l’ordine impartito su istanza dell’attrice di esibizione dei contratti antecedenti e successivi, il giudice della sezione stralcio di Cosenza., con sentenza 6.3.2000, dichiarava la nullità dei recessi condannando la convenuta al pagamento delle prestazioni con interessi e rivalutazione.
Proponeva appello Intersiel, resisteva l’attrice e la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza 218/04, in totale riforma, rigettava la domanda e compensava le spese, osservando che le clausole vessatorie abbisognano di specifica approvazione se inserite in un contratto predisposto unilateralmente da uno dei contraenti. Le risultanze istruttorie sembravano escludere che i contratti intercorsi tra le parti fossero configurabili come contratti per adesione e, peraltro, il loro oggetto non rientrava nell’ambito delle attività esercitate dalla Intersiel.
L’unico assunto per sostenere l’illegittimità del recesso era che i trasferimento dell’attività aziendale non sarebbe avvenuto in un solo contesto ma gradualmente ma la prova testimoniale aveva acclarato che il trasferimento era avvenuto nell’arco di un mese.
Ricorre P.M.O., amministratore e socio illimitatamente responsabile della snc Sansone di Perrotta & C, con tre motivi, resiste Intersiel spa..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si denunziano violazioni di legge in relazione all’art. 228 c.p.c., e segg., artt. 2730, 2733 e 2734 c.c., e vizi di motivazione, per avere la Corte di appello ritenuto provato che la contestata clausola contrattuale sia stata frutto di negoziazione tra le parti.
Invece l’interrogatorio non poteva valere come prova a favore di chi lo aveva reso e dallo stesso non emergeva quanto la sentenza ha dedotto.
La censura è infondata.
Come dedotto, la sentenza ha osservato che le clausole vessatorie abbisognano di specifica approvazione se inserite in un contratto predisposto unilateralmente da uno dei contraenti, escludendo, in base alle risultanze istruttorie, il contratto per adesione non rientrando, peraltro, l’oggetto nell’ambito delle attività esercitate dalla Intersiel, La motivazione non si basa solo sull’interrogatorio ma deduce che lo stesso ha trovato riscontro nella deposizione del teste I., dipendente dell’appellante all’epoca dei fatti, non smentito dalle deposizioni dei testi della controparte.
Col secondo motivo si lamentano violazione dell’art. 116 c.p.c. e vizi di motivazione per avere la Corte territoriale avvalorato la rilevanza probatoria delle dichiarazioni del rappresentante della Intersiel con la testimonianza del teste I. senza tenere conto della sostanziale ritrattazione operata dallo stesso.
La circostanza non è decisiva perchè la Corte territoriale riferisce delle deposizioni dei testi di controparte che non smentiscono l’assunto della convenuta.
Col terzo motivo si deducono violazione di legge e vizi di motivazione perchè doveva essere valutato il fatto che non si era ottemperato all’ordine di esibizione dei documenti.
Anche questa circostanza non è decisiva riguardando contratti diversi da quelli oggetto del giudizio, il cui contenuto non è risolutivo per affermare o negare la tesi del contratto per adesione, che è tale solo se predisposto unilateralmente da un contraente in base ad uno schema destinato ad essere utilizzato per una pluralità di rapporti, sì da escludere una sua formazione in esito a trattativa negoziale e relegare il potere dell’altro contraente ad una mera accettazione o meno di detto schema (Cass. 15.2.2002 n. 2208, Cass. 1 6.2.2001 n. 2294 ex multis).
Nella specie la sentenza ha dedotto che i contratti intercorsi tra le parti non rientravano nell’ambito delle attività esercitate dalla Intersiel.
La diversità dell’oggetto sociale esclude l’ipotesi di uno schema utilizzabile per una pluralità di rapporti.
Col quarto motivo si lamenta violazione dell’art. 116 c.p.c., per non essere state valutate le testimonianze della moglie e del fratello del P. ma dalla sentenza emerge il contrario.
In particolare, senza mettere in dubbio l’attendibilità di detti testi, la Corte territoriale ha dedotto che le loro dichiarazioni non smentivano l’assunto di controparte.
Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2700,00 di cui Euro 2500,00 per compensi, oltre accessori.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011