LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PIVETTI Marco – Presidente –
Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –
Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –
Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
GARDEN EDIL s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via F. D’Ovidio n. 83, presso il sig. Renato Pedicini, rappresentata e difesa dall’avv. Ricciarelli Luigi giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE ed AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimati –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 119/32/04, depositata il 21 gennaio 2005;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5 novembre 2010 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. BASILE Tommaso, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Garden Edil s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, e’ stata affermata la legittimita’ dell’avviso di mora notificato alla contribuente a titolo di imposta di registro ed INVIM relative al 1985.
Il giudice a quo e’ pervenuto a tale decisione dopo aver acquisito agli atti – a seguito di due ordinanze con le quali aveva disposto che l’Ufficio provvedesse al relativo deposito – la pronuncia, passata in giudicato, della Commissione tributaria di primo grado di S. Maria Capua Vetere (invocata dall’Ufficio stesso), con la quale era stato dichiarato inammissibile il ricorso della societa’ avverso la cartella di pagamento prodromica all’avviso di mora oggetto di impugnazione.
2. Le Amministrazioni intimate non si sono costituite. La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo, la ricorrente, denunciando la violazione del citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3, censura la sentenza impugnata per avere il giudice a quo illegittimamente esercitato i poteri istruttori ivi previsti per sopperire al mancato assolvimento dell’onere probatorio dell’Ufficio.
Con il secondo motivo e’ lamentata la violazione del medesimo D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7, 24 e 32 deducendo che il giudice avrebbe dovuto prendere atto dell’inottemperanza dell’Ufficio alle ordinanze sopra indicate.
Con il terzo motivo si denuncia l’illegittima acquisizione d’ufficio della sentenza anzidetta.
Con il quarto motivo, infine, e’ denunciato – in subordine – il vizio di motivazione della sentenza in ordine alla efficacia di giudicato esterno della pronuncia posta a base della decisione.
2. I primi tre motivi di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente data la loro stretta connessione, non sono fondati.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il giudicato esterno costituisce un elemento che non puo’ essere incluso nel ratto, ma e’ assimilabile agli elementi normativi, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilita’ della decisione (ex plurimis, Cass., Sez. un., nn. 226 del 2001, 13916 del 2006, 24664 del 2007).
In virtu’ di tale principio, deve ritenersi che il giudice di merito abbia del tutto correttamente esercitato i suoi poteri nell’acquisizione del giudicato esterno invocato da una delle parti, e cio’ a prescindere dalla previsione di cui al comma 3 (all’epoca vigente, poi abrogato ad opera del D.L. n. 203 del 2005, art. 3 convenite nella L. n. 248 del 2005) del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7.
3. Il quarto motivo e’ anch’esso infondato, risolvendosi in una critica generica ad una motivazione sintetica, ma sufficientemente idonea ad esprimere la ratio decidendi.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Non v’e’ luogo a provvedere in ordine alle spese, in assenza di svolgimento di attivita’ difensiva da parte degli intimati.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso.
Cosi’ deciso in Roma, il 5 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011