Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.785 del 14/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26166/2006 proposto da:

E.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA MONTE SANTO 25, presso lo studio dell’avvocato PATERNO’ RADUSA PIETRO, rappresentato e difeso dall’avvocato FINOCCHIARO Piergiorgio, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 116/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di CATANIA, depositata il 07/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 18/11/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E.F., esercente l’attività di macelleria e vendita di generi alimentari, impugna, con due motivi, la sentenza della CTR della Sicilia, sez. stacc. di Catania, indicata in epigrafe, che, in accoglimento del gravame dell’Agenzia delle entrate, disattendeva L’impugnativa della contribuente avverso l’accertamento in rettifica delle imposte sui redditi e su quella locale per l’anno 1986, fondato sulla applicazione del ricarico sui ricavi dichiarati per l’Iva in virtù di presunzioni col metodo induttivo.

A sostegno, deduce due motivi. Le aa. ff. resistono con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) “Violazione e falsa applicazione, errata interpretazione delle norme di diritto, in particolare dell’art. 112 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57": sostiene che la CTP non poteva prima dichiarare l’estinzione del giudizio per condono e poi revocare la relativa ordinanza, con la riapertura del processo, senza che alcuna comunicazione fosse stata effettuata alla parte, che non conosceva la prosecuzione di esso, anche se la pretesa fiscale non veniva comunque riconosciuta”.

I motivo e inammissibile, sia perchè nuovo, dal momento che la ricorrente non l’aveva addotto nel giudizio di appello, sia – “ad abundantiam” – per carenza d’interesse, atteso che era rimasta dei tutto vittoriosa in primo grado; nè aveva mai contestato la legittimità del provvedimento di revoca relativa all’ordinanza iniziale di estinzione del giudizio stesso per condono.

2) “Violazione e falsa applicazione, errata interpretazione delle norme di diritto, in particolare del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, nonchè insufficiente motivazione, giacchè la CTR non considerava che il questionario non era stato mai trasmesso alla contribuente, ne il ricarico del 12% poteva essere ritenuto congruo in base alle concrete condizioni in cui E. operava, anche perchè il criterio dei coefficienti era stato ormai superato da altri, come i parametri, e da recente dagli studi di settore”.

La censura appare connotata da genericità, con conseguente inammissibilità, poichè la ricorrente non ha indicato specificamente le ragioni inerenti alla non congruità del metodo seguito dall’agenzia nel determinare presuntivamente il reddito accertato, e che appare costretto sotto il profilo giuridico alla luce dei coefficienti previsti, all’epoca vigenti per il metodo induttivo, posto che i medesimi sono fondati su una presunzione legale relativa, con la conseguenza che la contribuente poteva sempre dimostrare l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dei maggiori indici di reddito in essi previsti, dando prova di specifiche circostanze che rivelassero il conseguimento di un ammontare di ricavi inferiore. Infatti i coefficienti presuntivi di reddito rappresentano un valore minimale nella determinazione del volume d’affari, che si pone alla base dell’accertamento del reddito in un’ottica statistica, non astratta, bensì riferita al singolo settore economico (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 24912 del 10/10/2008, n. 3223 del 2007).

Quindi anche in rapporto a tale corretta valutazione di merito, le persistenti doglianze della, contribuente, oltre a rivelarsi non autosufficienti, non riescono ad eludere una – non più consentita – valutazione di merito, onde vanno complessivamente disattese.

Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al rimborso delle spese a favore dei controricorrenti, e che liquida in complessivi Euro 1.000,00 (mille/00), di cui Euro 200,00 per esborsi, ed Euro 800,00 per onorario, oltre a quelle generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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