LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.A.A.M. (C.F. *****), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOSCANA 10, Opposto dalla legge presso l’avvocato RIZZO ANTONIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BERNARDINI DE PACE ANNAMARIA, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
M.V.A. (C.F. *****), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 34/B, presso l’avvocato CECCONI MAURIZIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati BERTONE GIORGIO, BONOMI LUIGI, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1530/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 19/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/11/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato BERNARDINI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il resistente l’Avvocato BONOMI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Varese, pronunciando sulla domanda proposta da M.V.A. nei confronti di C.A.A. M., dichiarava lo scioglimento del matrimonio civile, contratto dal M. e dalla C. a *****;
autorizzava la convenuta a conservare il cognome M. in aggiunta al proprio; confermava l’affidamento dei figli minori G. e M.M. alla madre, regolando la facoltà di visita del padre; assegnava la casa coniugale alla C. sino a che i figli avessero con la stessa convissuto; poneva a carico del M. l’obbligo di contribuire al mantenimento dei tre figli e dell’ex-coniuge, versando a quest’ultima Euro 14.500, al mese, oltre rivalutazione Istat al primo gennaio di ogni anno, con obbligo del M. di sostenere per intero le spese straordinarie, scolastiche, ludiche dei figli, nonchè il 50% delle spese di baby sitter sopportate dalla madre in favore dei figli, nonchè per intero le spese mediche-sanitarie e dentistiche sopportate dalla moglie.
Tale sentenza veniva impugnata dalla C. dinanzi alla Corte d’Appello di Milano. Il M., costituitosi in giudizio, resisteva al gravame e proponeva a sua volta appello incidentale, chiedendo, tra l’altro, la riforma della sentenza impugnata con riferimento alla autorizzazione concessa alla C. a conservare il cognome M. in aggiunta al proprio.
Con sentenza del 31.5.2006 la Corte adita, in parziale riforma della impugnata sentenza, affidava il figlio minore M. congiuntamente ai genitori; determinava in Euro 9.000,00 l’ammontare dell’assegno divorzile dovuto dal M. a favore della C., con rivalutazione in base agli indici Istat a partire dal giugno 2006;
determinava in Euro 3.500,00 mensili l’ammontare dell’assegno per ciascuno dei tre figli dal mese di giugno 2006, oltre rivalutazione annuale Istat; dava atto che il M. avrebbe corrisposto direttamente a ciascuno dei tre figli, a partire dal mese di giugno 2006, la somma di Euro 500,00 mensili oltre rivalutazione annuale Istat; respingeva la richiesta di C.A.A.M. di mantenimento del cognome maritale M..
Avverso detta sentenza la C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
Il M. ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5 e successive modifiche con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
contraddittoria, omessa e insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con l’unico motivo di diritto la ricorrente ha formulato due diverse censure, deducendo con l’una la violazione dell’art. 5 della legge sul divorzio, per avere il giudice a quo privilegiato l’interesse economico alla conservazione del cognome maritale rispetto all’interesse personale e morale della C.; con l’altra il vizio di motivazione per avere ignorato prove documentali, per non avere assunto una prova testimoniale, per avere ancorato la sussistenza dell’interesse personale alla conservazione del cognome esclusivamente alla durata della convivenza matrimoniale.
In relazione a queste due censure la ricorrente ha formulato un unico quesito di diritto e ciò in violazione dell’art. 366 bis c.p.c. il quale dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto e che, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza la rende inidonea a giustificare la decisione.
L’avere formulato, nonostante la deduzione di due diverse censure, un unico, non specifico, quesito di diritto rende per il disposto dell’art. 366 bis c.p.c. il ricorso inammissibile. La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che, tenuto conto della natura della controversia, appare giusto liquidare in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3.200,00 (tremiladuecento), di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011