Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.83 del 04/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso lo studio dell’avvocato URSINO ANNA MARIA, (DIREZIONE AFFARI LEGALI POSTE ITALIANE), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TUSCOLANA 1312, presso lo studio degli avvocati TAMAGNINI CATIA E CINZIA, rappresentato e difeso dall’avvocato TRONCA ACHILLE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7967/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/03/2006 R.G.N. 2758/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/12/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI per delega URSINO ANNA MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilita’.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 17.11.2005 – 7.3.2006, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, dichiaro’ la nullita’ del termine apposto al contratto di lavoro concluso a decorrere dal 4.6.1999 tra la Poste Italiane spa e B. F.. Per la cassazione di tale sentenza la Poste Italiane spa ha proposto ricorso fondato su un motivo. L’intimato B. F. ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Osserva preliminarmente la Corte che l’art. 366 bis c.p.c. e’ applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore (2.3.2006) del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (cfr., D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) e quindi, attesa la data di pubblicazione della sentenza impugnata, anche al presente ricorso.

In base alla norma suddetta, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, numeri 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilita’, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Secondo l’orientamento di questa Corte il principio di diritto previsto dall’art. 366 bis c.p.c. deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio dei giudice di legittimita’, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20360/2007), mentre la censura concernente l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007). Nel caso che ne occupa con l’unico motivo sono stati denunciati violazione di legge e vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), ma il motivo e’ privi della formulazione del quesito di diritto e, altresi’, del momento di sintesi diretto a circoscrivere i limiti delle censure inerenti ai lamentati vizi motivazionali. Ne discende l’inammissibilita’ di motivo e, con cio’ stesso, del ricorso.

2. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna a ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 29,00 oltre ad Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, spese generali, IVA e CPA come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2011

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