LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
C.F., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Cesaroni Massimo, elettivamente domiciliato nello studio dell’Avv. Michele Tamponi in Roma, via Attilio Friggeri, n. 106;
– ricorrente –
contro
C.A., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Pacciarini Silvia, elettivamente domiciliato in Roma, via L. Grazioli Lante, n. 16 (studio Avv. Bonaiuti);
– controricorrente –
e contro
D.G. ved. C. e C.E.;
– intimate –
e con l’intervento di:
C.A., in qualità di successore a titolo universale di C.A., deceduto nel corso del giudizio di cassazione, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale, dagli Avv. Silvia Pacciarini e Domenico Bonaiuti, elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo in Roma, via L. Grazioli Lante, n. 16 (studio Avv. Bonaiuti);
avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 291 del 30 giugno 2009.
Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 dicembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
sentito l’Avv. Domenico Bonaiuti;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pratis Pierfelice, che ha concluso: “concordo con la relazione”.
FATTO E DIRITTO
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 6 agosto 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “Con citazione notificata il 5 gennaio 1988 C.G. (al quale subentrarono in corso di causa, dopo la sua morte, C.E. e C.D.G.) e C.A. convennero in giudizio davanti al Tribunale di Perugia il loro fratello C.F., chiedendo la divisione di tutti i beni loro pervenuti quali eredi, per la rispettiva quota di un terzo, dei comuni genitori C.M. e M.E..
Il convenuto, costituendosi in giudizio, dichiarò di aderire alla domanda degli attori, producendo peraltro copia di una donazione fatta in data 19 dicembre 1964 da C.M. ai tre figli.
Con sentenza non definitiva n. 856 dell’8 agosto 2000 il Tribunale di Perugia dichiarava lo scioglimento della comunione ereditaria tra le parti individuandone i beni; accertava che certi beni ereditari erano esclusi dalla divisione per essere stati attribuiti ad C. A. in virtù di stralcio divisionale; respingeva la domanda di collazione delle donazioni, dando atto che questa era stata fatta oggetto di reciproca rinuncia delle parti.
Con sentenza, anch’essa non definitiva, n. 1356 del 14 novembre 2005, il Tribunale di Perugia prevedeva due distinte divisioni secondo che si avesse riguardo o meno ai beni per i quali era intervenuto lo stralcio divisionale in favore di C.A.: la seconda con la formazione di tre lotti da sorteggiare tra tutti e tre i fratelli o loro eredi e la prima con la formazione di due soli lotti da sorteggiare fra C.F. e gli eredi di C. G..
Con separata ordinanza le parti venivano rimesse davanti al giudice istruttore per il sorteggio. In data 19 maggio 2006 il giudice istruttore procedeva all’assegnazione mediante sorteggio alle parti dei lotti di cui alla sentenza n. 1356 del 2005.
La Corte di Perugia, con sentenza n. 291 del 30 giugno 2009, ha rigettato l’appello proposto da C.F. avverso le sentenze n. 856 del 2000 e n. 1356 del 2005 del Tribunale di Perugia.
Per la cassazione della sentenza della Corte dr appello C. F. ha proposto ricorso, con atto notificato il 20 novembre 2009, sulla base di tre motivi. C.A. ha resistito con controricorso, mentre le altre intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 1325 c.c., n. 1 e art. 1326 cod. civ., anche in riferimento all’art. 2702 cod. civ., nonchè degli artt. 221, 222 e 365 cod. proc. civ.; insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il secondo mezzo è rubricato nullità della sentenza per omissione di pronuncia su di un capo di gravame (art. 360 c.p.c., n. 4).
Con il terzo motivo si censura nullità della sentenza n. 1356 per omissione di pronuncia su altro capo del gravame (art. 360 c.p.c., n. 4).
Nessuno dei tre motivi in cui si articola il ricorso – con cui variamente si denuncia violazione e falsa applicazione di legge, nullità della sentenza per omissione di pronuncia ed insufficiente e contraddittoria motivazione – contiene la formulazione conclusiva – prescritta, a pena di inammissibilità, dall’art. 366-bis cod. proc. civ. (Cass., Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603) – del quesito di diritto (là dove si censurano violazioni e false applicazioni di legge o nullità della sentenza) o di un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) recante la chiara e sintetica indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume insufficiente od erronea”.
Letta la memoria depositata in prossimità della camera di consiglio dal ricorrente.
Visto l’atto di costituzione in giudizio di C.A., in qualità di successore a titolo universale di C. A., deceduto nel corso del giudizio di cassazione.
Considerato che, ad avviso del Collegio, non sussistono i requisiti di evidenza decisoria di cui all’art. 375 cod. proc. civ. che consentono la trattazione del ricorso in camera di consiglio;
che, pertanto, la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo, per essere discussa in udienza pubblica.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo, disponendo la trattazione del ricorso in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011