Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1964 del 25/01/2017

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1471-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI COPERTINO, C.F. *****, in persona del Sindaco in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, V. PIETRO ARETINO 101, presso lo studio dell’avvocato LUIGI NAZARENO GRASSI, rappresentato e difeso dall’avvocato A.A. giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 274/23/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI BARI – SEZIONE DISTACCATA DI LECCE, emessa il 18/05/2012 e depositata il 18/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI;

udito l’Avvocato A.A., per il controricorrente, che chiede il rigetto del ricorso.

IN FATTO E IN DIRITTO L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro la sentenza resa dalla CTR Puglia indicata in epigrafe che, confermando sentenza di primo grado, ha ritenuto illegittima la cartella di pagamento notificata al comune di Copertino relativa al disconoscimento di credito IVA risalente all’anno 1997 ed indicato nella dichiarazione relativa all’anno 2006.

Il Comune intimato si è costituito in giudizio con controricorso eccependo infondatezza del ricorso, inoltre depositando memoria.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

Il ricorso, prospettando l’erronea applicazione del regime in tema di detrazione del credito d’imposta IVA non tempestivamente indicato in dichiarazione dal contribuente, è infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte – sent. n. 17757/2016, depositata l’8.9.2016 – hanno di recente ritenuto che “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili. Ed infatti, alla stregua della sentenza delle S.U. sopra richiamata, in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale, spetta al soggetto passivo l’onere di dimostrare l’effettività del diritto di detrazione, il quale va esercitato nel rispetto del termine biennale di decadenza previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, ‘art. 19, comma 1, risultando tale principio peraltro anche di recente ribadito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia – Corte giust., 28 luglio 2016, C-332/15.

Orbene, a detto principio si è attenuto il giudice di appello che ha riconosciuto l’esistenza dei crediti d’imposta maturato nell’anno 1997 ed indicato pacificamente nella dichiarazione IVA 1998 al quadro VH come accertato dalla CTR – pag. 4, rigo 22 sent. impugnata – (v. in punto di esercizio del credito IVA in dichiarazione, Cass. nn. 15229 del 12/09/2012, 20678 del 01/10/2014, 19682 del 01/10/2015, 20255 del 09/10/2015, 19115 del 28/09/2016, alle quali si è attenuto il giudice di merito.

In definitiva, il giudice di appello si è conformato alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la domanda di rimborso dell’IVA o di restituzione del credito d’imposta maturato dal contribuente deve ritenersi già presentata con la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro relativo al credito, analogamente a quanto avviene in materia di imposte dirette, ed in linea con la Sesta Direttiva CEE, per la quale il diritto al ristoro dell’IVA versata “a monte” è principio basilare del sistema comunitario, per effetto del principio di neutralità, mentre la presentazione del modello di rimborso costituisce esclusivamente presupposto per l’esigibilità del credito e, quindi, adempimento necessario solo per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso – v. in punto di esercizio del credito IVA in dichiarazione, Cass. nn. 15229/2012, 20678/2014, 19682/2015, 20255/2015, 19115/2016.

A nulla, pertanto, rileva l’omesso riporto del credito nelle dichiarazioni degli anni successivi (Cass., ex plurimis, n. 18763 del 2014), dovendosi considerare pienamente legittima l’attività della parte contribuente che resiste alla richiesta del fisco, esternata con la notifica di cartella di pagamento, volta a disconoscere il detto credito.

Ne consegue che la CTR ha rettamente riconosciuto l’esistenza del credito IVA, imputato dal contribuente entro il termine di decadenza biennale.

Sulla base di quanto sopra esposto il ricorso va pertanto respinto.

Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio in relazione all’intervento chiarificatore delle S.U..

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta sezione civile, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017

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