Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.23679 del 01/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n.25617/2011 R.G. proposto da:

SO.EL.DA. s.r.l., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Gaetano Masellis, elettivamente domiciliata in Roma alla via Boccardo n.26, presso l’avv. Gennaro Fredella;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata, ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza, dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

e Equitalia Sud S.p.A., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Ivana Carso, elettivamente domiciliata in Roma alla via Nomentana n.403 B/2 presso l’avv. Antonella Fiorini;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n.126/14/10 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, depositata in data 22/11/2010 e non notificata:

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 luglio 2018 dal Consigliere dott.ssa Andreina Giudicepietro.

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

1. la SO.EL.DA. s.r.l. ricorre con tre motivi contro l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Sud S.p.A per la cassazione della sentenza n.126/14/10 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, depositata in data 22/11/2010 e non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione Mod. Unico 2004 per l’anno di imposta 2003 in relazione ad omessi versamenti Irap ed Iva, ha rigettato l’appello della contribuente, confermando la sentenza della C.T.P. di Bari, che aveva rigettato il ricorso della società;

con la sentenza impugnata la C.T.R. della Puglia ha ritenuto che non fossero necessari l’invio preventivo della comunicazione d’irregolarità, indispensabile solo nel caso di incertezze che cadono su aspetti rilevanti della dichiarazione, nè la sottoscrizione dell’esattore, essendo sufficiente che dall’intestazione della cartella possa desumersene la provenienza;

2. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate e l’Equitalia Sud S.p.A. si sono costituite, resistendo con controricorso;

3. il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio del 10 luglio 2018 ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis c.p.c., comma 1, il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

CONSIDERATO CHE:

1.1. con il primo motivo di ricorso, la società contribuente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e della L. n. 212 del 2000, art. 6, commi 1 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’omessa comunicazione al contribuente dell’esito del controllo prima dell’emissione della cartella;

1.2. il motivo è infondato e va rigettato;

1.3. invero, “in tema di riscossione delle imposte, la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 27716 del 21/11/2017);

nel caso di specie, in cui, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione, sono emersi degli importi dovuti e non versati, appare evidente che non vi sia alcuna incertezza sulla dichiarazione stessa e che non ricorra l’obbligo dell’instaurazione preventiva del contraddittorio;

2.1. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2,comma 3, della L. n. 212 del 2000, art. 6, del D.L. n. 323, art. 10, comma 2, lett. c), conv. L. n. 425/, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’omesso invio dell’invito al pagamento, essendo stata irrogata una sanzione;

2.2. il motivo è infondato e va rigettato;

2.3. infatti, è stato detto che, “in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’omessa comunicazione dell’invito al pagamento prima dell’iscrizione a ruolo, con la riduzione e per gli effetti previsti dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2, comma 2, non determina la nullità di tale iscrizione e degli atti successivi, ma una mera irregolarità, inidonea ad incidere sull’efficacia dell’atto, sia perchè non si tratta di condizione di validità, stante la mancata espressa sanzione della nullità, avendo il previo invito al pagamento l’unica funzione di dare al contribuente la possibilità di attenuare le conseguenze sanzionatorie dell’omissione di versamento, sia perchè l’interessato può comunque pagare, per estinguere la pretesa fiscale, con riduzione della sanzione, una volta ricevuta la notifica della cartella” (Sez. 5, Sentenza n. 3366 del 12/02/2013; vedi anche ord. n. 25294/17);

2.1. con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la mancata indicazione nella cartella di pagamento, priva di sottoscrizione, del responsabile del procedimento;

secondo la ricorrente, la cartella di pagamento, tempestivamente impugnata, sarebbe annullabile per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, norma “rinforzata” di attuazione costituzionale;

2.2. il motivo è infondato e va rigettato;

2.3. come è stato chiarito dalle sezioni unite di questa Corte, “l’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, (c.d. Statuto del contribuente), a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4 ter, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2008, n. 31, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008” (Cass. S.U. sent. m. 11722/2010);

il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4 ter, (convertito dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31), che ha previsto tale sanzione solo in relazione alle cartelle di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, riferite ai ruoli consegnati a decorrere dal 1 giugno 2008, è stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 58 del 28 gennaio 2009;

inoltre, la Corte ha chiarito che “in tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacchè l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione” (Cass. sent. n. 26053/2015);

nel caso di specie, la ricorrente non si duole in alcun modo della impossibilità di riferire l’atto all’Autorità da cui promana, per cui la cartella, redatta secondo il modello ministeriale, deve ritenersi legittima; nè è invocabile alcuna violazione della disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7, che è priva di sanzione e non incide direttamente sulla tutela dei diritti costituzionali del destinatario (vedi Cass. sent. n. 4516/2012);

3.1. atteso il rigetto del ricorso, la ricorrente deve essere condannata al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione effettuata in dispositivo.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.700,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018

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