LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIOETRO Andreina – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20043-2012 proposto da:
A.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA TACITO 10, presso lo studio dell’avvocato ENRICO DANTE, che lo rappresenta e difende unicamente all’avvocato GIOVANNI CORRENTI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI LECCO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 18/2012 della COMM.TRIB.REC. di MILANO, depositata il 10/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.
RILEVATO CHE A.F. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 18/14/12, depositata il 10.02.2010 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia;
il contenzioso traeva origine dall’avviso di accertamento n. ***** notificatogli il 22.07.2009, con il quale, riconoscendo la residenza fiscale del ricorrente in Italia, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, comma 2 bis, era rideterminato il reddito imponibile relativo all’anno d’imposta 2002, con conseguente maggiore Irpef pari ad Euro 130.502,00, oltre addizionali regionali e comunali e sanzioni.
L’accertamento scaturiva da una indagine finanziaria relativa ai rapporti intrattenuti dal contribuente con banche italiane. Al ricorrente che, ceduta la propria quota di partecipazione nella “C.L.A.B. Centrale latte Alta Brianza s.r.l.” al prezzo di Euro 1.635.446,84, aveva trasferito la propria residenza in *****, con iscrizione all’AIRE, ivi trasferendo il corrispettivo della vendita, era contestato che dai rapporti intrattenuti con alcune banche italiane emergevano accrediti ritenuti incompatibili con la sua complessiva capacità contributiva.
L’ A. impugnava l’accertamento assumendo la sua illegittimità per l’erronea residenza fiscale italiana attribuitagli, per difetto di motivazione dell’atto impositivo, per infondatezza nel merito della pretesa impositiva. All’esito del giudizio di primo grado con sentenza n. 133/02/2010 la Commissione Tributaria Provinciale di Lecco accoglieva solo in parte il ricorso, riducendo l’imponibile ad Euro 276.694,21. Il contribuente adiva la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che con la decisione ora impugnata rigettava l’appello.
Il ricorrente censura con due motivi la sentenza:
con il primo per omessa motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver motivato sulle critiche sollevate nei riguardi della sentenza di primo grado in ordine al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento e all’infondatezza della pretesa impositiva;
con il secondo motivo per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per il mancato accoglimento delle critiche sollevate in ordine alla pretesa residenza fiscale del contribuente in Italia.
Ha chiesto pertanto la cassazione della sentenza.
L’Agenzia ha insistito nella prospettazione accolta dal giudice d’appello, chiedendo il rigetto del ricorso.
L’ A. ha ritualmente depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE Il primo motivo, con il quale il ricorrente si duole della omessa motivazione in ordine alle critiche sollevate in appello avverso la sentenza di primo grado sulla carenza motivazionale dell’atto impositivo e l’infondatezza della pretesa fiscale, è fondato.
In materia di vizio di motivazione la Corte ha affermato che la sua deduzione non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (Cfr. Cass., Sez 5, ord. n. 19547/2017; sent. n. 17477/2007).
Ebbene, nel caso di specie il giudice regionale, dopo aver esposto i fatti e i motivi appello, nonchè le difese della Agenzia nelle prime due pagine, a pag. 3 così motiva la decisione: “Si rileva che nell’anno 2002 il contribuente aveva l’età di anni 41. L’anno fiscale, di cui è causa, è il 2002, mentre la cessione delle quote della società “C.L.A.B. Centrale del latte Alta Brianza s.r.l.” è datata 04/8/1992. L’inserimento del Principato di Monaco tra i paesi a regime fiscale privilegiato, legittima la presunzione di mantenimento della residenza del ricorrente in *****. Non si ritengono esaustive le affermazioni e le prove addotte dal contribuente per il superamento della presunzione di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, comma 2 Bis. Gli interessi attivi in Italia, anche dopo l’asserito trasferimento nel Principato di Monaco, confermano gli elementi della presunzione (possesso di immobili-rappresentanza di società domiciliata in Italia, nonchè socio di S.r.l. italiana). La vicinanza del Principato di Monaco al territorio italiano agevola e consente lo spostamento anche giornaliero da un luogo all’altro.”.
Questa la motivazione della decisione del giudice regionale, essa risulta del tutto omissiva con riguardo alle critiche mosse in ordine alla carenza motivazionale dell’atto impositivo e alla infondatezza della pretesa fiscale. Alle questioni infatti sembrano riconducibili solo i primi due periodi, quello relativo alla constatazione dell’età del contribuente nell’anno sottoposto a verifica, quello relativo alla considerazione che tra l’anno d’imposta accertato e l’anno di cessione della quota di partecipazione nella società C.L.A.B. è trascorso un decennio. Si tratta di considerazioni prive di ogni ulteriore argomentazione, anche solo sintetica, che consenta di relazionare quanto meno i registrati dati temporali con le critiche mosse dall’appellante alla sentenza di primo grado e alle questioni con l’appello riproposte. Il vizio di motivazione, sotto l’aspetto del mancato esame di punti decisivi della controversia, appare pertanto palese, non emergendo un percorso critico, consequenziale, tra i dati rilevati e i motivi d’appello.
A opposte conclusioni si addiviene invece con riguardo al secondo motivo, con il quale l’ A. si duole della insufficiente o contraddittoria motivazione sulla riconosciuta residenza fiscale dell’ A. in Italia anzicchè a ***** La sentenza sul punto, in ordine al mancato riconoscimento della residenza fiscale effettiva in *****, rigetta le critiche con motivazione sintetica ma completa e pertinente. In particolare, tenendo conto della presunzione di mantenimento della residenza fiscale in Italia per l’inserimento del Principato monegasco tra i paesi a fiscalità privilegiata, ex art. 2, comma 2 bis TUIR, valuta non esaustive le prove addotte dal contribuente per il superamento della presunzione, e fa a tal fine riferimento agli elementi che di contro confermano la pretesa della Agenzia, quali il possesso di immobili in Italia, la rappresentanza di società domiciliata in Italia, la qualifica di socio in società di capitali italiana, la vicinanza tra i due Paesi, che rende del tutto agevole lo spostamento giornaliero dall’Italia a Monaco. La motivazione fa mostra di avere piena contezza della questione, delle ragioni addotte dal contribuente, degli elementi emersi nel corso della verifica, e a tal fine esprime un giudizio critico e consapevole, esente da errori materiali o vizi logici, sicchè ogni ulteriore valutazione che il contribuente pretende si tradurrebbe in una richiesta di rivalutazione nel merito della questione, inammissibile in sede di legittimità. Nè la sentenza di questa Corte, allegata con la memoria da ultimo depositata, risulta utile ad integrare i dati al fine di una diversa valutazione degli elementi disponibili. Il secondo motivo va pertanto rigettato.
Considerato che:
in conclusione deve accogliersi il primo motivo di ricorso e deve rigettarsi il secondo. La sentenza va pertanto cassata, limitatamente al motivo accolto, e il giudizio deve rinviarsi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che in diversa composizione dovrà decidere sulle questioni sollevate dall’ A. con il primo motivo, oltre che sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, cassa la sentenza nei limiti del motivo accolto. Rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018