LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26382/2011 R.G. proposto da:
C.G., con gli avvocati Renato Oscar Scorcelli e Stefano Parlatore e con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, alla via San Nicola da Tolentino, n. 67;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, – Sez. 1 n. 79/01/11 depositata in data 15/04/2011 e non notificata;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 luglio 2018 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.
RILEVATO
che il ricorrente afferma di essere stato dirigente industriale, di aver cessato il rapporto di lavoro all’età di 52 anni, di aver ricevuto una somma a titolo di incentivo per l’esodo in base ad un accordo individuale con il datore di lavoro, di aver subito la tassazione propria del TFR (40,28%) invece dell’aliquota agevolata abbattuta del 50% che è propria degli incentivi;
che il ricorrente ha tempestivamente richiesto la restituzione di Euro 211.687,51, pari al 50% di quanto trattenutogli dal fisco sulla somma erogatagli a titolo di incentivo per l’esodo, facendo valere la sentenza CGCE 21 luglio 2005, n. 207-04 che aveva ritenuto discriminatorio il diverso regime fra uomini e donne di tassazione agevolata degli incentivi all’esodo;
che l’Ufficio ha chiesto ed analizzato la documentazione fornita dal contribuente per valutare la reale natura delle somme erogate in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, escludendone infine la qualifica di incentivi all’esodo;
che la CTP respingeva il ricorso del contribuente, argomentando sull’origine della cessazione del rapporto di lavoro, scaturita da un licenziamento per giusta causa, poi revocato con concessione di indennità supplementare;
che la CTR respingeva l’appello all’esito di analisi della documentazione e delle circostanze che avevano portato alla cessazione del rapporto di lavoro ed alle relative modalità;
che insorge il contribuente affidandosi a tre motivi di ricorso; che si è costituita l’Amministrazione finanziaria con controricorso;
che in prossimità dell’udienza parte contribuente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 4 bis TUIR, come vigente all’epoca dei fatti, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per aver negato il diritto del ricorrente all’applicazione dell’aliquota agevolata Irpef;
che, in particolare, il ricorrente richiama la locuzione normativa di riferimento, ove accorda(va) l’agevolazione fiscale “per le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori che abbiano superato l’età…” senza altro distinguere, specie in ordine alla natura, causa, tipologia della somma, sicchè, in buona sostanza, irrilevanti sarebbero le ragioni che hanno condotto alla cessazione del rapporto di lavoro;
che, a sostegno delle proprie affermazioni, parte ricorrente richiama alcuni arresti di questa Sezione, ove la disciplina di favore si ritiene applicabile tanto ad esodi collettivi e simultanei, quanto ad accordi che prevedano l’uscita in tempi diversi di uno o più lavoratori;
che il motivo è infondato e va disatteso;
che, infatti, per scrutinare il lamentato vizio di violazione di legge non soddisfa il solo criterio letterale ove richiama ulteriori canoni esegetici, fra cui quello teleologico, guardando il dichiarato scopo (telos) della norma (“somme corrisposte (…) al fine di incentivare”);
che, il riferimento in materia è stato indicato da questa Corte con la sentenza n. 06.02.2009, n. 2931;
che, in forza degli artt. 16 e 17 (ora 19) TUIR, tutte le somme erogate in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro costituiscono reddito imponibile soggetto a tassazione secondo i criteri stabiliti nelle medesime disposizioni;
che eventuali agevolazioni, costituiscono eccezioni al regime comune, insuscettibili di trovare applicazione analogica e la prova dei presupposti di fatto cui le agevolazioni sono collegate deve essere fornita dal contribuente che la invoca;
che, nella specie, il ricorrente richiede una inammissibile rivalutazione del contenuto degli accordi intervenuti tra le parti, già svolto dai giudici di merito nei due diversi gradi di giudizio, traendone la argomentata conclusione che non trattasi di somme per invogliare all’uscita;
che gli accordi intervenuti tra le parti non sono vincolanti, quanto alla qualificazione dei fatti giuridici sottostanti, rispetto ai terzi, specialmente rispetto al fisco nei confronti del quale non possono opporsi fatti o negozi che abbiano il solo effetto di determinare un risparmio fiscale privo di valide ragioni economiche (Cass. SS. UU. 30055/2008, 30056/2008, 30057/2008);
che, nella specie, la somma in questione certamente è stata erogata separatamente rispetto a quella espressamente corrisposta per incentivare l’esodo, senza che sia stata addotta alcuna ragionevole giustificazione. Lo stesso ente pagatore, che i ricorrenti assumono condividere la loro tesi, ha differenziato l’entità della ritenuta operata sulla somma rapportata all’indennità di preavviso, smentendo nei fatti la condivisione della tesi dei ricorrenti.
che, in sintesi la citata norma – ove riduce del 50% l’aliquota dell’imposta applicata sulle somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, in presenza di determinati requisiti – è norma eccezionale, di strettissima interpretazione, in quanto pone una deroga al principio di capacità contributiva, ai limiti della incostituzionalità, sicchè ne deriva che la prova della sussistenza dei requisiti richiesti per beneficiare dell’agevolazione deve essere fornita in maniera rigorosissima da parte di chi la invoca;
che, per converso, tutto quanto non sia sussumibile con certezza nella speciale previsione agevolativa, ricade nel regime fiscale ordinario. Pertanto, rispetto al fisco, non rilevano gli accordi intervenuti tra datore di lavoro e lavoratore dipendente (o tra le rispettive rappresentanze sindacali), tendenti a qualificare anche la indennità di preavviso od altre voci come incentivo all’esodo. Tali accordi, infatti, possono essere dettati da intenti elusivi (a costo zero per il datore di lavoro, ma vantaggiosi per il lavoratore dipendente), specialmente quando, come nella specie, non sia univoco il comportamento tenuto in concreto dal datore di lavoro e lavoratore: nella sequenza temporale dei fatti, nel tenore degli accordi individuali stipulati e nell’esecuzione degli obblighi assunti, come esposti ed analizzati a pag. 5 e 6 della sentenza gravata;
che con il secondo motivo vengono lamentati – insieme – la violazione e falsa applicazione degli art. 1414 e 2697 c.c. in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e insufficiente motivazione in parametro al punto 5 medesimo articolo, per non aver i giudici di merito ben argomentato l’affermata ricostruzione meramente formale del rapporto di lavoro fra ricorrente ed il suo datore di lavoro;
che, nella sostanza, con il medesimo motivo, da un lato si lamenta la violazione delle disposizioni che regolano la simulazione contrattuale e del relativo onere della prova, dall’altro si contesta l’adeguatezza motiva della sentenza gravata sul punto della simulata ricostruzione del rapporto di lavoro, al solo fine di scioglierlo di nuovo a condizioni più vantaggiose per il dirigente o con qualificazioni “a costo zero” per l’azienda, vantaggiose per il contribuente, ma fiscalmente elusive;
che, nella sua prima parte, il motivo è inammissibile dove richiede una rivalutazione nel merito, inibita a questa Corte, mentre risulta infondato ove lamenta un illegittimo ribaltamento in capo al contribuente dell’onere della prova della simulazione;
che, infatti, secondo i sopra indicati precedenti di questa Corte -cui il Collegio non ravvisa qui ragioni per discostarsi- deve intendersi come norma eccezionale l’invocata disposizione agevolatrice, quindi soggetta ai canoni ermeneutici di cui all’art. 14 preleggi, di stretta interpretazione e con onere in capo al contribuente di dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi per profittare dell’eccezionale beneficio fiscale e che tale onere la CTR ritiene il contribuente non abbia assolto, con apprezzamento di fatto inibito a questa Corte;
che, in questo senso, merita ricordare quanto riportato all’inizio di pag. 12 del controricorso, ove la difesa erariale annota le occasioni probatorie offerte all’odierno ricorrente, fin dalla fase procedimentale e pre processuale;
che, quanto al secondo profilo del secondo motivo, quello attinente al vizio di motivazione, la piana lettura della sentenza gravata consente di individuarne l’intima coerenza argomentativa tale da non integrare il vizio lamentato, perchè fondato su documenti da cui il giudice di merito ricava convincimenti consequenziali;
che, con il terzo motivo si lamenta il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ove la sentenza gravata non ha ritenuto che la somma erogata (e tassata) non fosse funzionale alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;
che, ove non si configuri come inammissibile richiesta di rivalutazione del merito, il motivo è infondato;
che, infatti, sia attingendo nella parte narrativa, sia in tutta la parte motiva della sentenza qui gravata, si evince un’informata ricostruzione di eventi – nella loro scansione temporale – e di documenti che hanno condotto il giudice di merito a concludere ad una forma alternativa di indennità di preavviso di licenziamento: a valer d’esempio, la circostanza che il mantenimento (la ricostituzione) del rapporto di lavoro avvenga senza corresponsione di energie lavorative da parte del lavoratore, cui è inibito l’accesso all’unità produttiva, la possibilità di fregiarsi all’esterno della carica (formale) ricoperta, mentre gli è concessa la facoltà di dimettersi quando vuole;
che, in particolare, questa Corte ha escluso possa trattarsi di incentivo all’esodo la somma erogata dal datore di lavoro in seguito alla rinuncia all’impugnazione del licenziamento da parte del lavoratore/dirigente, dovendosi riconoscere in tali fattispecie la corresponsione di un aliquid a titolo di transazione (cfr. Cass. Sez. Lavoro, n. 3685/2014, pag. 5);
che tale circostanza si è puntualmente verificata anche nella fattispecie di cui qui si controverte;
che, in definitiva, il ricorso è infondato e va rigettato con conferma integrale della sentenza gravata;
che le spese della presente fase del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso e conferma la sentenza impugnata;
condanna alla rifusione delle spese di lite a favore dell’Avvocatura che liquida in Euro settemila,00 oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 17 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018