Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.23723 del 01/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23944-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.B.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 51/2010 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA, depositata il 02/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/07/2018 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

FATTO E DIRITTO

RITENUTO CHE:

1. M.B., titolare dell’impresa di costruzioni Euroedil, impugnava l’avviso di accertamento del maggior imponibile Irpef, Irap ed Iva, notificatole dall’agenzia delle entrate per l’anno 2001 ed emesso sulla base di studi di settore.

La commissione tributaria provinciale di Ravenna rigettava il ricorso.

L’appello proposto dalla contribuente contro la decisione era accolto dalla CTR dell’Emilia Romagna, che rilevava che l’avviso era carente sotto il profilo motivazionale, in quanto fondato sui soli parametri derivanti dagli studi di settore, cui avrebbero dovuto essere affiancati altri dati indicativi di una maggiore redditività dell’impresa rispetto a quanto emergeva dalla contabilità regolarmente tenuta.

2. Avverso la sentenza della CTR l’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. La contribuente non si è costituita in giudizio.

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.L. n. 331 del 1993, art. 62 bis e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39. Sostiene che l’accertamento basato sugli studi di settore non deve essere riferito anche ad altri elementi, sicchè ha errato la CTR nel ritenere che l’atto impositivo avrebbe dovuto essere affiancato da altri dati indicativi di una maggiore redditività rispetto a quanto emergeva dalla contabilità regolarmente tenuta.

2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la CTR non ha accertato quale fosse il reale reddito della contribuente e non ha esplicitato le ragioni per le quali i dati esposti dall’agenzia delle entrate non erano probanti.

3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs n. 546 del 1922, art. 2 poichè la CTR avrebbe dovuto quantificare i ricavi assoggettati ad imposta.

4. Il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del secondo e del terzo.

La CTR non si è attenuta al principio di diritto affermato da questa Corte, al quale si intende dare continuità, secondo cui i cosiddetti studi di settore introdotti dal D.L. n. 331 del 1993, artt. 62 bis e 62 sexies, direttamente derivanti dai “redditometri” o “coefficienti di reddito e di ricavi” previsti dal D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 aprile 1989, n. 154, idonei a fondare semplici presunzioni, sono da ritenere supporti razionali offerti dall’amministrazione al giudice, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari Istat, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti, che possono essere utilizzati dall’ufficio anche in contrasto con le risultanze di scritture contabili regolarmente tenute, finchè non ne sia dimostrata l’infondatezza mediante idonea prova contraria, il cui onere è a carico del contribuente (Cass. n. 3302 del 13/02/2014; Cass. n. 5977 del 14/03/2007). Solo quando il contribuente, in sede di contraddittorio preventivo, contesti l’applicazione dei parametri allegando circostanze concrete che giustifichino lo scostamento della propria posizione reddituale dagli standars previsti, l’ufficio, ove non le ritenga attendibili, è tenuto a motivare adeguatamente l’atto impositivo sotto tale profilo (Cass. n.13908 del 31/5/2018; Cass. n. 30370 del 18/12/2017).

Nel caso di specie, tuttavia, è stato lo stesso giudice d’appello ad accertare che la contribuente si è astenuta dal partecipare al contraddittorio, limitandosi a fornire per iscritto elementi giustificavi (incremento dei costi del personale derivante dall’obbligo di regolarizzazione di posizioni irregolari) già considerati dall’ufficio nell’effettuazione del calcolo dei ricavi minimi ammissibili.

5. L’accoglimento del motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2, ed il ricorso originario della contribuente va rigettato.

Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti per l’evoluzione nel tempo della giurisprudenza in materia, mentre quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti il secondo ed il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali di questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.100,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472