Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.23739 del 01/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21874/2014 R.G., proposto da:

V.N., in proprio e quale erede di C.O., rappresentata e difesa dall’Avv. Giovanni Giacobbe, con domicilio eletto in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 24.

– ricorrente –

contro

T.G., e L.C., rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Raimondo, con domicilio eletto in Siracusa, Via Italia n. 42.

– controricorrente –

e G.M.S. e Gi.Ma.Sa..

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1386/2013, depositata in data 11.7.2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 3.5.2018, dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

V.N. e C.O., comproprietari di un immobile sito in *****, avevano convenuto in giudizio G.M.S. e Gi.Ma.Sa., deducendo che C.P., figlio di prime nozze di C.O., aveva sopraelevato la costruzione, realizzando il primo piano ed un nuovo lastrico solare, che i ricorrenti avevano continuato ad utilizzare liberamente; che nel 1993 C.O., e la figlia C.R. avevano donato a C.P. le proprie quote di proprietà sulla costruzione al primo piano e con lo stesso atto C.O. aveva mantenuto il diritto ad usare il bene fino alla sua morte e quella della V.; che successivamente l’appartamento al primo piano era stato venduto a T.G. e da quest’ultima, nel 2000, a G.M.S. e a Gi.Ma.Sa., i quali avevano intimato agli attori di non utilizzare il lastrico.

Hanno proposto domanda di accertamento del diritto ad usare il bene o, in subordine, di accertare l’intervenuta usucapione del lastrico. I convenuti hanno resistito alla domanda, chiedendo di chiamare in causa L.C. e T.G..

Il tribunale di Siracusa ha respinto la domanda con sentenza confermata in appello.

La Corte di Catania ha accertato che, a seguito del decesso della prima moglie, C.O. era divenuto comproprietario, unitamente ai tre figli, dell’immobile costituente l’abitazione familiare, originariamente composto di un solo piano; che, dopo aver contratto nuove nozze con V.N., le parti avevano perfezionato in data 20.5.1993, un atto di donazione con cui C.O. e la figlia C.R. avevano trasferito a C.P. tutti i diritti, pari a 14/18, della piena proprietà dell’area sovrastante al piano terra.

Ha osservato la Corte distrettuale che, al momento della donazione, C.P. aveva già edificato l’appartamento al primo piano e per C.O., disponendo della propria quota in favore del figlio, poteva vantare esclusivamente il diritto di usufruire del lastrico solare e dei vani di sgombero fino a quando quest’ultimo fosse rimasto proprietario dell’appartamento.

Per la cassazione di questa sentenza V.N. ha proposto ricorso in tre motivi, illustrati con memoria. T.G. ha depositato controricorso e memorie ex art. 380 bis c.p.c.. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso non risulta regolarmente notificato a G.M.S. e Gi.Ma.Sa..

Non occorre tuttavia disporre la regolarizzazione del contraddittorio poichè, dato l’esito del presente giudizio, tale adempimento appare superfluo, dovendo prevalere le esigenze di celere definizione e di ragionevole durata del processo.

2. Il primo motivo censura la violazione dell’art. 111 Cost., artt. 112 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza omesso di pronunciare e motivare sulla domanda subordinata di usucapione del lastrico che i ricorrenti avevano riproposto in appello.

Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 1321,1325,1362 c.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza omesso di valutare e pronunciare sulla questione dedotta in appello secondo cui l’attribuzione del diritto ad utilizzare il lastrico era stata oggetto di una dichiarazione unilaterale di C.P. che C.O. e V.N. non avevano accettato, con la conseguenza che nessun accordo costitutivo del diritto limitato ad usare il lastrico poteva ritenersi perfezionato.

La Corte di merito, violando i criteri di interpretazione del contratto, avrebbe dato valore al mero dato letterale della dichiarazione, non riconoscendole il reale significato, desumibile dall’insieme delle altre clausole, di mera ricognizione dei diritti già spettanti a C.O. sui beni in contestazione.

Il terzo motivo censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 1140 e segg., artt. 1158 c.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La sentenza di secondo grado non avrebbe pronunciato sulla domanda di usucapione che era stata riproposta in appello, domanda che doveva ritenersi ampiamente dimostrata in base alle risultanze processuali acquisite.

3. Il primo motivo ed il terzo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati.

La Corte distrettuale ha stabilito, con accertamento in fatto, che, alla data della donazione (20.5.1993), C.O. non era proprietario esclusivo del lastrico ma comproprietario dell’intero edificio, avendo, difatti, disposto in favore del figlio esclusivamente della propria quota.

Ha inoltre ritenuto che, per effetto della donazione, egli aveva perduto ogni diritto sul lastrico solare e che, proprio perciò, C.P. gli aveva riconosciuto il diritto condizionato di continuare ad accedervi fino a quando la porzione acquistata per donazione non fosse stata ceduta a terzi.

La sentenza ha – quindi – dato atto, sia pure succintamente, delle ragioni per le quali ha ritenuto che C.O. non avesse conservato la proprietà del lastrico solare, con argomentazioni che, sebbene sintetiche, appaiono chiare, pienamente intellegibili ed esenti da contraddizioni.

Non sussiste – inoltre – la lamentata omissione di pronuncia sulla domanda subordinata di usucapione, poichè la sentenza, affermando che, al momento della donazione, C.O. era titolare solo di una quota dell’immobile controverso, l’ha implicitamente respinta. Difatti, per integrare gli estremi della violazione dell’art. 112 c.p.c., non è sufficiente la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. 13.10.2017, n. 24155; Cass. 4.10.2011, n. 20311; Cass. 10.5.2007, n. 10696). 4. Il secondo motivo è infondato.

La censura difetta di specificità quanto all’asserita violazione dei criteri legali di interpretazione del contratto, poichè il ricorso non indica quali clausole della donazione fossero inidonee a confutare il convincimento della Corte distrettuale in merito al significato e al contenuto della pattuizione con cui era stato costituito il diritto condizionato di accedere al lastrico, ed ha omesso di riportarne, almeno per sintesi, il contenuto.

Non è in contestazione, inoltre, che la donazione sia stata accettata dalle parti senza riserve e pertanto la sottoscrizione del rogito ha comportato la formazione dell’accordo sull’intero contenuto del negozio.

Neppure poteva ritenersi che la clausola fosse meramente ricognitiva della piena proprietà del lastrico solare in capo a C.O., poichè la sentenza, con accertamento in fatto non oggetto di censura, ha accertato che, alla dato della donazione, quest’ultimo era comproprietario dell’immobile, e che, in data 20.5.1993, aveva trasferito a C.P. l’intera quota di sua spettanza sul primo piano e sul lastrico solare, con l’effetto di modificare il precedente regime di appartenenza dei beni.

Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.

Sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3500,00 per compenso, oltre ad Iva, cnap e rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%.

Si dà atto che la ricorrente è tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018

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