Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23746 del 01/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6907/2014 proposto da:

Consorzio Asi di Siracusa in Liquidazione, – Gestione Separata IRSAP L.R. Sicilia n. 9 del 2013, ex art. 64 in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Francesco Denza n. 20, presso lo studio dell’avvocato D’Andrea Antonella, rappresentato e difeso dall’avvocato Innocenti Giuseppe, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ira Costruzioni S.p.a. in Amministrazione Straordinaria, in persona dei commissari liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via XX Settembre n.98/G, presso lo studio dell’avvocato De Luca Giacomo, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Talarico Domenico, Granzotto Guido, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Lanzone Dieci S.r.l., già Fallimento ***** S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via degli Scipioni n. 67, presso lo studio dell’avvocato Di Iulio Antonio, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 480/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 04/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/05/2018 dal cons. MARULLI MARCO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO che ha chiesto che Codesta Corte di Cassazione voglia rigettare il ricorso.

FATTI DI CAUSA

1.1. Il Consorzio Asi di Siracusa in liquidazione – Gestione Separata Insarp impugna ai fini della sua cassazione, con ricorso affidato a sette motivi di gravame, la sentenza 480 del 4.3.2013 con la quale la Corte d’Appello di Catania, a definizione dell’appello principale del medesimo e degli appelli incidentali proposti dalla I.R.A. Costruzioni s.p.a. in amministrazione straordinaria e dal Fall.to ***** s.p.a. – di seguito divenuto Lanzone Dieci s.r.l. – nonchè nel contraddittorio del Fall.to CO.GE.I. s.p.a., ha confermato la condanna in primo grado di esso ricorrente pronunciata dal Tribunale di Siracusa a fronte del riscontrato inadempimento degli obblighi contrattuali nascenti a suo carico dall’appalto conferito all’ATI costituito tra le nominate imprese per il completamento del porto commerciale di *****, liquidando altresì in favore delle appellanti incidentali anche l’ulteriore compenso costituito dal premio di incentivazione.

1.2. Rigettata previamente l’eccezione di tardività dell’appello incidentale *****, il giudice distrettuale ha ritenuto che l’ATI avesse legittimamente proceduto a sospendere nella specie i lavori commessigli ai sensi dell’art. 1460 c.c. a fronte dell’inadempimento del Consorzio, a nulla valendo a confutarne la pure ritenuta applicabilità della norma ai rapporti regolati temporalmente dal D.P.R. n. 1063 del 1962, sotto la cui egida ricadeva anche quello in esame, il fatto che l’inadempimento non fosse imputabile all’appaltante, stante la cogenza degli obblighi contrattuali gravanti su costui.

1.3. Al ricorso così proposto resistono tutte le intimate con controricorso.

Conclusioni scritte del P.M. ex art. 380-bis1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo di ricorso l’ASI impugnante deduce che erroneamente il decidente avrebbe divisato la tempestività dell’appello incidentale *****, malgrado, fissata l’udienza di comparizione per il 22.12.2008, la comparsa di costituzione contenente la formulazione del gravame fosse stata depositata il 19.12.2008 e, quindi tardivamente, non rilevando in contrario che con provvedimento del Presidente di Sezione la prima udienza fosse stata differita al 9.1.2009, trattandosi di differimento d’ufficio disposto ai sensi dell’art. 168-bis c.p.c., comma 4, in relazione al quale notoriamente restano fermi i termini comparizione indicati in citazione.

2.2. Il motivo è infondato.

2.3. Previamente rilevato in fatto che nella specie la data della prima udienza di comparizione avanti al giudice designato ai sensi dell’art. 168 c.p.c. indicata in citazione per il 22.12.2008 era stata differita d’ufficio ex art. 168-bis c.p.c., comma 4, e art. 82 disp. att. c.p.c., comma 1 una prima volta al 26.12.2008 e, di seguito, al 2.1.2009, si rende applicabile, in ragione del rilievo che, sempre in via di fatto, il Presidente della Sezione con proprio provvedimento del 19.9.2008 aveva disposto il differimento della comparizione già prevista per l’udienza del 2.1.2009 all’udienza del 9.1.2008 – provvedimento, in cui rettamente si è perfezionata la fattispecie dell’art. 168-bis c.p.c., comma 5, – il consolidato insegnamento di questa Corte – a cui il decidente ha inteso uniformare il proprio giudizio – in guisa del quale “ai sensi dell’art. 343 c.p.c., comma 1, l’appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, e poichè tale costituzione deve avvenire almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione ovvero differita d’ufficio dal giudice giusta l’art. 168-bis c.p.c., comma 5, ove il giudice si avvalga di tale facoltà di differimento il termine per la proposizione dell’appello incidentale va calcolato assumendo come riferimento la data dell’udienza differita, e non quella originariamente indicata nell’atto di citazione” (Cass., Sez. 6-3, 06/02/2017, n. 3081). E dunque rispetto alla data del 9.1.2009 la costituzione dell’appellante, ai fini della rituale instaurazione del gravame incidentale, intervenuta il 19.12.2008 non poteva ritenersi tardiva.

3.1. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione degli artt. 112 e 346 c.p.c., giacchè il giudice d’appello avrebbe riconosciuto e liquidato il premio di incentivazione previsto dalla L.R. 29 aprile 1985, n. 21, art. 25 sebbene il giudice di prime cure avesse affermato che la provvidenza “non ha formato oggetto di domanda e pertanto non è oggetto di giudizio”.

3.2. Il motivo è fondato ed il suo accoglimento comporta l’assorbimento anche del terzo motivo di ricorso, deducente l’illegittimità dell’impugnata decisione per aver adottato la censurata determinazione sebbene il premio non spetti tutte le volte in cui i lavori oggetto di conferimento non siano stati ultimati ovvero quando, come qui avvenuto, il termine inizialmente convenuto sia stato ridotto in corso di esecuzione e la riduzione sia stata accettata dall’appaltatore con atto di sottomissione.

3.3. Quanto al motivo accolto va osservato che l’assunto affermato dal primo giudice riguardo alla domanda oggetto qui di doglianza non si presta a smentite di sorta alla stregua degli atti processuali che la Corte è legittimata a consultare in ragione del vizio denunciato. E tuttavia, rispetto alle contestazioni che il ricorrente muove alla sentenza impugnata in parte qua, eccependo la violazione del principio della domanda e l’intervenuta decadenza dalle domande ed eccezioni non riproposte, si rivela altrimenti assorbente prendere atto che l’affermazione in parola è coperta dal giudicato formatosi alla stregua degli artt. 324 e 329 c.p.c., non avendo infatti il relativo capo della sentenza di primo grado formato oggetto di impugnazione.

Nè è opponibile, come pretendono i controricorrenti ***** ed Ira, che, avendo essi instato fin dal primo grado per la condanna del Consorzio al risarcimento dei danni conseguenti al suo inadempimento, anche il mancato riconoscimento del premio in parola costituirebbe ragione di danno risarcibile ricompreso in guisa di lucro cessante nella dispiegata domanda, diversamente dovendo invece considerarsi, concordemente alla giurisprudenza – che ne esclude il riconoscimento nell’ipotesi di sospensioni e varianti, ancorchè disposte dalla stazione appaltante, (Cass., Sez. 6-1, 30/03/2011, n. 7204) – che il beneficio, accordabile solo in caso di ultimazione anticipata dei lavori rispetto al termine inizialmente fissato dal contratto, non è compatibile con un quadro fattuale contrassegnato da un andamento anomalo del rapporto.

4.1. Con il quarto motivo di ricorso il Consorzio censura il capo della decisione che, pur ritenendo la specie in esame soggetta ratione temporis all’applicazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, ha riconosciuto tuttavia ad essa applicabile l’art. 1460 c.c., quantunque il mancato pagamento delle spettanze dovute all’aggiudicatario non fosse imputabile ad esso ricorrente, in quanto l’ente finanziatore non gli aveva messo a disposizione a tempo debito le risorse necessarie, tanto che, non appena le stesse si erano rese disponibili, si era provveduto al loro immediato accredito in favore dell’avente diritto 4.2. Il motivo, osservato più in generale che la ritardata erogazione dei finanziamenti da parte dell’ente finanziatore non esime il committente da responsabilità (Cass., Sez. I, 23/10/2014, n. 22580), è infondato.

4.3. Non dubita, per vero, il collegio che anche in parte qua il decidente abbia inteso uniformarsi al pensiero di questa Corte, a parere della quale anche in tema di appalto pubblico, nel caso in cui la committente venga meno agli obblighi contrattualmente assunti in ordine al versamento di acconti in corso d’opera, deve riconoscersi all’appaltatore la facoltà di sollevare l’eccezione d’inadempimento, ai sensi e nei limiti previsti dallo art. 1460 c.c., semprechè egli deduca o dimostri che detto inadempimento sia ascrivibile a dolo o colpa grave dell’appaltante (Cass., Sez. 1, 24/10/1985, n. 5232). A tanto si è appunto attenuto il decidente nell’annotare adesivamente che “il ritardo da parte dell’ente finanziatore sia irrilevante rispetto al diritto dell’appaltatore ad ottenere il pagamento di quanto spettantegli in relazione allo stato di avanzamento dei lavori e che il ritardo nei pagamenti sia imputabile all’ente appaltante anche quando esso sia stato originato da intoppi burocratici o difficoltà del soggetto finanziatore nell’accreditamento di taluni ratei del finanziamento già concesso. Ciò rientra nella logica del sistema, in quanto non si può ipotizzare che la legge costringa l’appaltatore di un’opera pubblica a proseguire i lavori anche in totale mancanza del finanziamento previsto, a reperire autonomamente tutte le risorse necessarie alla realizzazione dell’opera e ad esporsi finanziariamente, divenendo così egli stesso finanziatore della controparte”. In tal modo, spostandosi l’asse del giudizio sul versante della colpa – e meglio della valutazione della colpa -, il decidente ha espresso un proprio chiaro convincimento di fatto, sicchè se il percorso logico che ad esso conduce è immune da aporie, qui, peraltro, neanche ipotizzate, esso non è naturalmente sindacabile da questa Corte.

5.1. Il quinto motivo di ricorso mette capo ad una censura motivazionale, dolendosi il Consorzio dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione con cui il giudice d’appello ha confermato l’accoglimento decretato in primo grado della pretesa relativa alla riserva n. 3 concernente l’approvvigionamento del materiale lapideo.

5.2. Il motivo è inammissibile essendo formulato in relazione all’abrogato dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ancorchè la specie soggiaccia ratione temporis alla norma nel testo risultante D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha circoscritto la rilevanza del vizio di motivazione all’omesso esame di un fatto decisivo che abbia formato oggetto di discussione tra le parti espunte perciò le categorie dell’insufficienza e della contraddditorietà della motivazione – ed ha ristretto il sindacato di legittimità sulla motivazione ai soli casi di violazione di legge costituzionalmente rilevante.

6.1. Il sesto motivo di ricorso evidenzia l’erroneità dell’impugnata decisione tanto in relazione all’art. 1659 c.c. che all’art. 112 nella parte in cui questa ha rigettato l’appello principale riguardante la realizzazione della scogliera, riportandosi acriticamente alla CTU di primo grado ed omettendo in tal modo di pronunciarsi.

6.2. Il motivo è, pur ad onta della rilevabile inammissibiità, manifestamente infondato.

Ed, invero, diversamente da quanto allegato, il punto è stato oggetto di esplicito, ancorchè contrario, pronunciamento, poichè il fatto che il giudice d’appello abbia inteso condividere, come qui, le motivazioni già spese dal primo giudice, in particolare giustificando la propria adesione alle risultanze della CTU, giudicate “ben più convincenti” di quelle della parte, non integra il lamentato vizio processuale, notoriamente configurabile quando sia mancato il provvedimento idoneo a soddisfare l’interesse alla decisione della parte.

7.1. Con il settimo motivo di ricorso il Consorzio impugnante lamenta ancora un errore di diritto ed un vizio di motivazione, sotto specie di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, riguardo al capo della decisione in punto di interessi, che, secondo quanto affermato dal decidente, il CTU avrebbe calcolato seguendo “altro criterio” rispetto a quello imposto dal D.P.R. n. 1063 del 1962, artt. 35 e 36 e dalla L. n. 741 del 1981, art. 4 nell’emendare il quale però la Corte d’Appello sarebbe pervenuta ad un risultato per esso deteriore.

7.2. Il motivo, quanto ai rilievi motivazionali, va incontro alla pregiudiziale preclusione di cui si è fatta illustrazione nella disamina del quinto motivo di ricorso, mentre, circa il rilievo in diritto, si espone, per gli stessi effetti, ad una previa constatazione di inammissibilità per difetto di specificità ed insieme di autosufficienza, non evidenziandosi nella sua illustrazione, racchiusa in appena dieci righi, le ragioni della denunciata violazione di legge.

8. Accolto perciò solo il secondo motivo di ricorso e respinti, per converso, i restanti, la sentenza impugnata va conseguentemente cassata nei limiti del solo motivo accolto e rinviata al giudice a quo per il necessario seguito.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta i restanti; cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Catania che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 8 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018

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