Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.23759 del 01/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3227-2013 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso lo studio dell’avvocato DIREZIONE AFFARI LEGALI POSTE ITALIANE, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO CAVUOTO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.E., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COMANO 95, presso lo studio dell’avvocato DANIELA PUCCINELLI, rappresentati e difesi dall’avvocato PASQUALE LUCA’ giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

M.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 81/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 26/01/2012 R.G.N. 318/2010.

RILEVATO

che:

1. con sentenza del 26 gennaio 2012, la Corte di appello di Firenze, in riforma della pronuncia del locale Tribunale, accertava il diritto degli appellanti alla percezione dell’indennità di servizi viaggianti per i giorni di effettiva adibizione al servizio di vuotatura della cassette postali e di trasporto della corrispondenza da Comune a Comune, condannando la società al pagamento delle differenze da ciascuno dei lavoratori maturate a tale titolo; dichiarava cessata la materia del contendere con riguardo alle posizioni di alcuni degli appellanti per intervenuto accordo stragiudiziale tra le parti.

2. la Corte rilevava che dalla lettura degli artt. 63 e 67 dei rispettivi CCNL del 2001 e del 2003 dovesse evincersi che l’attività che veniva ad essere indennizzata era quella di trasporto e che non poteva dedursi il contrario dal fatto che nel precedente contratto 1994 fossero presenti due indennità, una di vuotatura e l’altra di trasporto, poichè la soppressione della prima non implicava certo che anche la seconda (pacificamente prevista nei contratti successivi) non dovesse essere corrisposta laddove l’attività di trasporto avvenisse promiscuamente con quella della “vuotatura”, dovendo la soppressione essere interpretata come abolizione della previsione di una indennità autonoma per quest’ultima attività. Nè erano stati forniti argomenti convincenti a sostegno della tesi che la sostituzione della parola “dispaccio postale” a quella di “effetto postale” comportasse differenze interpretative ai fini di interesse, poichè ad essere trasportati erano sempre “dispacci” o che ciò che rilevava era l’individuazione del lavoratore che aveva provveduto a formarli, non potendo assumersi sul piano della responsabilità una qualche differenza connessa al caso di ricezione ad opera del “formatore”;

3. di tale decisione ha domandato la cassazione la società Poste Italiane, affidando l’impugnazione a due motivi, cui hanno resistito con controricorso i lavoratori epigrafati, dei quali, successivamente, M.S., + ALTRI OMESSI hanno definito le rispettive posizioni con verbale di conciliazione in sede sindacale, ritualmente depositato; M.C. è rimasto intimato;

4. in prossimità dell’adunanza camerale, entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

che:

1. preliminarmente, deve esaminarsi la posizione dei controricorrenti che hanno definito la controversia come da verbali di conciliazione in sede sindacale, debitamente sottoscritti dagli stessi e dal rappresentante della Poste Italiane S.p.A.;

2. dai suddetti verbali risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo concernente la controversia de qua, dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge e dichiarando che, in caso di fasi giudiziali ancora aperte, le stesse sarebbero state definite in coerenza con il verbale stesso;

3. tali verbali di conciliazione si appalesano idonei a dimostrare l’intervenuta cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo;

4. in tal senso va emessa la corrispondente declaratoria;

5. le spese del presente giudizio di legittimità sono compensate, essendo ciò previsto nei verbali di conciliazione e rispondendo la compensazione ai requisiti di legge ed all’interesse delle parti;

6. con il primo motivo, la società denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 e dell’art. 1363 c.c. in relazione all’art. 75 c.c.n.l. Poste del 26.11.1994 e successive circolari, all’art. 63 c.c.n.l. Poste del 11.1.2001, all’art. 67 c.c.n.l. Poste dell’11.7.2003, all’art. 41 Cost., sostenendo che il testo della norma distingue il personale in tre categorie in base alle mansioni svolte: 1) personale addetto alla distribuzione telegrammi, espressi e corrispondenze ordinarie o iscritte; 2) personale addetto al servizio di procacciato, al recapito pacchi ed alla vuotatura delle cassette, 3) personale in servizio negli uffici ambulanti e natanti, in servizio viaggiante di messaggere e personale chiamato a prestare servizio di trasporto di effetti postali da Comune a Comune, e che diverso era il tipo di corrispondenza assegnato alle categorie di personale, raccogliendosi con vuotatura delle cassette corrispondenza esclusivamente ordinaria, laddove il trasporto di effetti postali è relativo a corrispondenza lavorata e semilavorata, con differenza rilevante sotto il profilo oggettivo e soggettivo; assume che gli articoli dei successivi c.c.n.l. hanno comportato l’abolizione dell’indennità destinata alla vuotatura cassette, sopravvivendo solo ed esclusivamente l’indennità destinata al personale addetto al servizio trasporti dei “dispacci postali” (in sostituzione di “effetti postali”); evidenzia come la Corte del merito non abbia tenuto in debita considerazione la circostanza che, alla stregua dell’art. 41 Cost., non erano assoggettabili a giudizi parametrici le norme ed i fatti emersi in corso di causa;

7. omesso esame di un punto decisivo della controversia è dedotto dalla società, col secondo motivo, per errata valutazione degli esiti delle prove testimoniali, che avevano evidenziato come la corrispondenza trasportata dal personale addetto alla vuotatura delle cassette era del tutto diversa da quella inserita nei dispacci postali e diverso era il personale addetto ai rispettivi servizi;

8. le censure formulate con entrambi i motivi – che vanno trattati congiuntamente per l’evidente connessione delle questioni che ne costituiscono l’oggetto – sono da ritenere infondate, in conformità a quanto già deciso da questa Corte (cfr. Cass. 30.6.2016 n. 19556, Cass. 28.3.2017 n. 2017) con orientamento in relazione al quale non si ravvisano motivi per discostarsi, anche alla luce dei rilievi contenuti in memoria di parte ricorrente;

9. con ragionamento aderente al tenore e alla ratio delle norme collettive richiamate e con ragionamento ineccepibile sul piano logico la Corte d’appello ha evidenziato che l’attività che viene ad essere indennizzata è quella di trasporto del materiale postale, in particolare rilevando che non si può dedurre il contrario dalla circostanza che nel contratto del 1994 fossero contemplate due indennità (di trasporto e di vuotatura cassette) e che con i successivi contratti la seconda sia stata soppressa, atteso che non può tale soppressione incidere sulla prima indennità, e che ciò non implica che l’attività di trasporto avvenuta promiscuamente con quella di vuotatura non debba essere indennizzata, tanto più che per il periodo in discussione la doppia indennità non era più prevista. Ha evidenziato, inoltre, l’irrilevanza della sostituzione del termine “effetti” con quello di “dispacci”, laddove il riferimento è, in ogni caso, al trasporto di materiale postale, e che l’indennità oggetto della pretesa non veniva corrisposta neppure prima che intervenisse il mutamento terminologico, talchè l’argomentazione difensiva sul punto risulta contraddittoria;

10. allo stesso modo non può assumere rilevanza alcuna il comportamento pregresso di accettazione da parte degli interessati dell’omessa corresponsione, non potendo attribuirsi un significato rilevante in termini di manifestazione della volontà negoziale alla semplice protratta inerzia da iniziative volte a far valere le proprie ragioni;

11. per quanto concerne, poi, l’enunciato di cui alla sentenza di questa Corte citata dalla difesa come attinente ad una fattispecie analoga a quella in oggetto, (Cass. 5533/2016), rileva il Collegio che nessuna rilevanza può essere alla stessa attribuita nel caso in disamina, riguardando altra indennità (prevista dall’art. 75, comma 5, CCNL 26/11/1994), relativa al servizio recapito pacchi postali e prevista da una disciplina contrattuale temporalmente anteriore a quella di riferimento;

12. il ricorso va, pertanto, rigettato;

13. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in favore delle parti costituite diverse da quelle che hanno conciliato la controversia.

PQM

dichiara la cessazione della materia del contendere in relazione alle posizioni di M.S., + ALTRI OMESSI e compensa tra le parti le spese di lite.

Rigetta il ricorso nei confronti degli altri lavoratori e condanna la società al pagamento, nei confronti delle parti costituite, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018

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