Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.23773 del 01/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24714-2014 proposto da:

INTESA SAN PAOLO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso lo studio dell’avvocato ANGELO PANDOLFO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

ANIMUCCIA 11, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA ROSTELLI, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO AFFABILE, ANTONIO AZZARELLO, giusta delega in atti;

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. *****, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO, giusta delega in calce alla copia notificata del ricorso;

– controricorrenti –

e contro

FONDO DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE BANCO DI NAPOLI;

– intimato –

e sul ricorso successivo senza numero di:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

ANIMUCCIA 11, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA ROSTELLI, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO AFFABILE, ANTONIO AZZARELLO, giusta delega in atti;

– ricorrente successivo –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. *****, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO, giusta delega in calce alla copia notificata del ricorso;

– INTESA SAN PAOLO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso lo studio dell’avvocato ANGELO PANDOLFO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, giusta delega in atti;

– controricorrenti al ricorso successivo –

nonchè contro:

FONDO DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE BANCO DI NAPOLI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1921/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/04/2014 R.G.N. 1532/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/05/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ STEFANO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso INTESA SAN PAOLO, rigetto del ricorso ABBADESSA;

udito l’Avvocato SILVIA LUCANTONI per delega Avvocato ANGELO PANDOLFO.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 15 aprile 2014, in parziale accoglimento del gravame svolto da A.A. nei confronti della s.p.a. Intesa Sanpaolo e l’INPS, e contro la sentenza di primo grado, riconosceva il diritto del predetto Abbadessa, ex dipendente del Banco di Napoli, ad un’ulteriore anzianità convenzionale di anni tre, con condanna della s.p.a. Intesa Sanpaolo al ricalcolo dell’anzianità di servizio e all’esecuzione dei relativi oneri di comunicazione all’INPS; dichiarava prescritto il diritto al versamento dei relativi contributi; condannava Intesa Sanpaolo s.p.a. al pagamento del differenziale onere di riscatto, dovuto in favore dell’INPS, a conguaglio di quanto a carico dell’appellante, misurato in ragione del trattamento economico percepito dall’Abbadessa alla data della prima istanza di riconoscimento del riscatto (febbraio 1978, con aliquota del 18% ai senti del T.U. impiegati dello Stato); dichiarava inammissibile il capo della domanda di condanna, formulato in via condizionata all’inadempimento di INPS e Fondo complementare alla corresponsione di quanto spettante in virtù del ricalcolo dell’anzianità contributiva.

2. La Corte di merito premetteva che il predetto dipendente, assunto con mansioni di impiegato e collocato in quiescenza nel luglio 2007, con il riconoscimento di un’anzianità di anni 36, comprensiva dei soli anni conseguenti al riscatto della laurea, aveva ottenuto, con sentenza del 14 luglio 1997, divenuta irretrattabile, il riconoscimento della qualifica di avvocato aggiunto e l’inquadramento nella categoria “legali ” a far data dal 1 gennaio 1976; riteneva che detta decisione aveva accertato, in via definitiva, sin dall’inizio del rapporto di lavoro, lo svolgimento di attività riconducibile a quella di legale dell’ente e che, di conseguenza, la richiesta di riconoscimento, ora, dei tre anni di attività espletata quale legale prima dell’assunzione ai fini contributivi e previdenziali, era fondata; escludeva che la decadenza contrattuale, prevista dall’art. 106 del regolamento del personale del Banco, e i modi e termini ivi previsti, per la denunzia e il riscatto di anzianità particolari, potesse derogare alla disciplina legale fissata dall’art. 147 T.U. impiegati civili dello Stato (con previsione della denuncia del titolo per il riscatto pensionistico entro il termine finale di almeno due anni prima del pensionamento, termine nella specie rispettato con plurime e documentate denunce (nel 1978, 1982, 1986, 1990); riteneva decorsa la prescrizione quinquennale per il versamento dei relativi contributi, non provata l’interruzione con atto indirizzato all’INPS, quantomeno entro il 17 agosto 1995, per l’applicabilità della prescrizione decennale e, in ogni caso, non posti in essere atti di costituzione in mora anche nei confronti dell’INPS; riconosceva come fondata la domanda di risarcimento del danno, per essere la pensione percepita inferiore a quella che sarebbe stata conseguita con il riconoscimento di un ulteriore triennio di servizio, riconoscendo il danno nella differenza tra l’onere di riscatto al momento del riconoscimento del titolo e la data della decisione, e ponendo detto differenziale a carico del datore di lavoro inadempiente; infine, riteneva inammissibile, trattandosi di domanda nuova, la domanda di risarcimento del danno differenziale tra misura della pensione percepita e percipienda e inammissibile il capo di domanda per il pagamento del differenziale tra quanto versato dal Fondo complementare e quanto spettante a fronte dell’ulteriore triennio di anzianità e quanto versato mensilmente dall’INPS, quale differenziale sul trattamento vitalizio connesso all’ulteriore triennio, con reversibilità in favore dei familiari superstiti, condizionatamente all’inadempimento di INPS e FONDO alla corresponsione di quanto spettante per il dovuto ricalcolo.

3. Avverso tale sentenza ricorrono Intesa Sanpaolo, con ricorso affidato a due motivi, ulteriormente illustrato con memoria, e A.A., con ricorso affidato a due motivi; entrambe le parti hanno resistito, con controricorsi, ai ricorsi avversi.

4. L’INPS ha conferito delega in calce alla copia notificata dei ricorsi.

5. Il ricorso di Abbadessa risulta notificato anche al Fondo di previdenza complementare Banco di Napoli che non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Come già statuito in numerosi precedenti di legittimità (v., fra le altre, Cass. 4 dicembre 2014, n.25662), il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbano essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, fermo restando che tale modalità non è essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta, in ricorso incidentale.

7. Nella specie, il ricorso di Abbadessa, notificato per primo, deve ritenersi principale e il ricorso di Intesa, successivamente notificato, deve ritenersi incidentale.

8. Con il primo motivo del ricorso principale, l’ex dipendente, deducendo errata applicazione alla fattispecie della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, (e non come con refuso afferma la Corte di merito) in relazione al D.P.R. n. 1092 del 1973 in combinato disposto con art. 11 all. T L. n. 486 del 1985, incongrua e contraddittoria motivazione anche in relazione alla L. n. 218 del 1990 e al D.Lgs. n. 357 del 19990 e illogicità della motivazione, nel rinvio alla norma regolamentare interna (art. 105-106 regolamento del Banco 28 aprile 1975), assume che la Corte di merito, errando nell’applicazione della normativa di riferimento, ha travisato il percorso motivazionale ritenendo che le istanze dovessero essere indirizzate all’INPS, al fine di un’ipotetica interruzione della prescrizione, trattandosi di materia sulla quale l’INPS non aveva alcuna competenza deliberativa per essere riservata la gestione della posizione pensionistica, dei dipendenti, al Banco; per avere la Corte di merito denegato il diritto alla regolarizzazione contributiva afferente al riscatto e riconosciuto il diritto a vedersi corrispondere, dal Banco, il differenziale attuariale della quota contributiva di riscatto odierno rispetto a quella riferibile alla presentazione della prima istanza.

9. Con il secondo motivo, deducendo violazione degli artt. 414,434 e 345 c.p.c., e inesatta interpretazione della domanda, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., incongrua e contraddittoria motivazione, il ricorrente principale assume di non aver introdotto alcuna domanda nuova e risarcitoria, per avere agito per il differenziale spettante, a valle del riscatto del triennio di anzianità convenzionale, sul trattamento complementare erogato dal Fondo e di avere introdotto, in via condizionata, rispetto all’eventuale inadempimento dell’INPS e del Fondo, nel ricalcolo dell’anzianità retributiva connessa al riscatto, la pretesa di adeguamento differenziale sul trattamento pensionistico vitalizio; assume, infine, la non contestazione, da parte delle parti resistenti, in ordine alla quantificazione degli importi rivendicati.

10. La società, con il ricorso incidentale, deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 11. all. T. alla L. 8 agosto 1895, n. 486, art. 36 (recte 39); T.U. approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 147 e art. 2965 c.c., per avere la Corte di merito negato, nella specie, l’applicabilità della decadenza convenzionale in favore della decadenza legale, fissata dal testo unico per gli impiegati civili, trascurando di considerare che il richiamo alle disposizioni vigenti per gli impiegati dello stato, operato dall’art. 11, all. T L. n. 486 cit., art. 36 (recte 39) riguarda gli aspetti direttamente attinenti alle pensioni, come i requisiti di maturazione del diritto pensionistico, il sistema di calcolo, e non riguarda affatto aspetti estrinseci e procedurali e, in particolare, non contiene il richiamo alle norme che disciplinano, come nella specie, modalità e termini per la denunzia e il riscatto di anzianità particolari. Assume il rinvio improprio al tu approvato con D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 47 norma non facente parte dell’ambito di estensione del rinvio operato dall’art. 102 del regolamento e che non può prevalere sulla disciplina specifica del Banco per la denunzia dei titoli in caso di riscatto di anzianità particolari, che la compatibilità delle modalità e termini indicati nella predetta disposizione regolamentare con l’art. 2965 c.c. unica norma prevalente sulla norma regolamentare, è già stata delibata da Cass. n. 972 del 1985.

11. Ritiene il Collegio logicamente prioritario l’esame del primo motivo del ricorso incidentale della società.

12 Occorre premettere che nella fattispecie, riferita ad ex dipendente del Banco di Napoli, il cui rapporto di lavoro con l’istituto si è svolto dal 2 dicembre 1974, assunto con mansioni di impiegato e collocato in quiescenza nel luglio 2007, rilevano le seguenti proposizioni della Corte del gravame, in ordine al pregresso giudicato e non oggetto di censura in questa sede: l’accertamento, in via definitiva, di attività riconducibile a quella di legale dell’ente.

13. La questione prospettata investe, nel contesto temporale sopra indicato, il tema del riconoscimento di anzianità convenzionali per il riscatto di titoli ritenuti meritevoli di considerazione sull’anzianità complessiva, collocando modi e termini, per la relativa denuncia, nelle discipline, rispettivamente convenzionale e legale, delle quali saggiare la prevalenza nel concorso tra disposizioni di rango diverso.

14.Come già statuito da questa Corte, in un lontano precedente (v. Cass. 7 febbraio 1985, n.972 in riferimento al periodo di durata legale del corso degli studi universitari per conseguire la laurea) ai fini previdenziali la fonte del diritto del ricorrente al riscatto di particolari anzianità è costituita dal Regolamento del personale del Banco di Napoli del 28 aprile 1975, applicabile in forza del richiamo dell’art. 11 all. T alla L. 8 agosto 1895, n. 486, art. 36 (recte 39) secondo cui le pensioni ed altri trattamenti previdenziali degli impiegati del Banco di Napoli sono regolati dalle disposizioni vigenti per gli impiegati dello Stato.

15. L’art. 102 del Regolamento continua a richiamare le norme generali che disciplinano la materia per il personale civile dello Stato e costituisce costante affermazione della Corte (fin da Cass. 7 aprile 1992 n. 4219) che, a seguito della progressiva privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti del Banco di Napoli, il rinvio alla normativa sulle pensioni per i dipendenti statali, operato dal citato art. 11, ALL. T alla L. n. 486 del 1895, art. 39 funziona come limite negativo, nel senso che il trattamento pensionistico dei dipendenti del detto istituto non può essere inferiore a quello previsto dalla disciplina delle pensioni dei dipendenti statali (sul punto di riferimento fissato dal citato art. 11, comma 1, all. T, e sul radicale ridimensionamento, si rinvia a Corte Cost. n.1 del 1984).

16. Nondimeno, il già richiamato precedente di legittimità, n. 972 del 1985, nell’escludere la diretta applicabilità della disciplina legale del riscatto, quale prevista per i dipendenti dello Stato, ha valorizzato, della disciplina legale, solo la possibilità di trarne eventuali ed utili elementi di valutazione al fine dell’esatta interpretazione della disciplina convenzionale prevista dal Regolamento (v., sul valore integrativo della disciplina convenzionale ad opera della disciplina legale, Corte Cost n.1 del 1984 cit.).

17. Inoltre, il richiamo alle disposizioni vigenti per gli impiegati dello Stato, operato dall’art. 102 del regolamento al più volte richiamato art. 11, all. T alla L. n. 486 cit., concerne aspetti attinenti al diritto alla pensione, quali sono i requisiti di maturazione del diritto pensionistico, il sistema e le modalità di calcolo, e non già aspetti estrinseci e procedurali, come le regole legalmente predeterminate che impongono modalità e termini per la denunzia e il riscatto di anzianità particolari.

18. Neanche comprende, l’ambito di estensione del rinvio operato dall’art. 102 del regolamento, il testo unico approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 47 che non può prevalere sulla disciplina specifica del Banco per la denunzia dei titoli in caso di riscatto di anzianità particolari.

19. E’ quindi alla norma regolamentare, enunciata nell’art. 106, espressione di autonomia privata, che occorre far riferimento per verificare le condizioni temporali per l’esercizio del diritto e, fra l’altro, la compatibilità delle modalità e termini indicati nella disposizione regolamentare con l’art. 2965 c.c., unica norma prevalente sulla norma regolamentare, ha già superato il vaglio di legittimità (v., ancora, Cass. n.972 del 1985 cit.).

20. La disciplina convenzionale applicabile alla fattispecie, enucleata dall’art. 106, recita: “Fermi i termini ed i modi stabiliti dalla legge per la riconoscibilità di servizi ad essa indicati, la denuncia dei titoli che danno luogo al riconoscimento delle anzianità particolari elencate nel precedente articolo deve essere presentata al Banco, a pena di decadenza, all’atto della nomina ad impiego di ruolo; ovvero entro novanta giorni dal conseguimento dei titoli stessi qualora questo sia successivo alla nomina”.

21. Nella specie, il dipendente avrebbe potuto denunciare il titolo nel termine più favorevole indicato dalla norma regolamentare, senza eccessiva difficoltà, per l’esercizio del diritto, alla stregua dell’art. 2965 c.c..

22. Invero, dal passaggio in giudicato della sentenza di nomina all’impiego di ruolo come Avvocato Aggiunto, il 14 luglio 1997, l’attuale ricorrente incidentale ben avrebbe potuto attivarsi, nei novanta giorni successivi, per giovarsi, attraverso la denuncia dei titoli – tre anni di attività espletata, quale legale, prima dell’assunzione – del riconoscimento dell’anzianità particolare per il personale appartenente alle categorie per le quali è richiesta, oltre la laurea, l’abilitazione all’esercizio professionale o l’iscrizione in albi professionali (art.105, secondo periodo, regolamento 28 aprile 1975 cit.).

23. Il vano decorso di tale termine ha comportato, pertanto, la decadenza dal beneficio e tanto, costituendo l’assorbente ratio decidendi, comporta il rigetto di ogni altra censura svolta, in via principale ed incidentale.

24. La sentenza impugnata, che non si è conformata a quanto sin qui detto, va cassata e, per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, rigetta la domanda.

25. La peculiare complessità ricostruttiva della disciplina a fondamento della decisione consente di ravvisare valide ragioni per disporre la compensazione delle spese.

26. La circostanza che il ricorso principale sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass., Sez. U., 17 ottobre 2014, n. 22035 e alle numerose successive conformi).

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, rigettati gli altri e il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; spese compensate dell’intero processo. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018

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