LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18998-2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
AXA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, F.D., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato MASSIMO FERRANTE;
– controricorrenti –
contro
F.O., T.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 503/23/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BARI SEZIONE DISTACCATA di LECCE, depositata il 17/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/06/2018 dal Consigliere Dott. LORENZO DELLA PRISCOLI.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che la Commissione Tributaria Provinciale di Lecce accoglieva i distinti ricorsi dei contribuenti avverso avvisi di riclassamento di immobili siti a Lecce, recanti modifica delle classi e conseguente aumento della rendita catastale, adottati dall’allora Agenzia del territorio su richiesta del comune di Lecce L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335;
che con distinti provvedimenti la Commissione Tributaria Provinciale di Lecce annullava i suddetti avvisi per difetto di motivazione posto che nessun concreto e specifico riferimento è in essi contenuto circa gli interventi di riqualificazione viaria e di arredo urbano ed alla misura secondo cui i singoli immobili ne siano stati avvantaggiati;
che la Commissione Tributaria Regionale, riuniti gli appelli dell’Agenzia delle entrate, li respingeva affermando che i classamenti non potevano limitarsi al mero richiamo ai soli atti della fase prodromica difettando di compiutezza e conclusività della motivazione;
che l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a tre motivi mentre i contribuenti si costituivano con controricorso chiedendo che sia dichiarata l’inammissibilità o comunque l’infondatezza del ricorso; F.R. si costituiva con distinto controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 laddove intende l’avviso carente di motivazione pur se lo stesso richiama nella parte motiva il contenuto generale, il provvedimento di attivazione del procedimento revisionale nonchè le ragioni che hanno giustificato, nello specifico, il riclassamento effettuato;
considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, per non avere la sentenza impugnata sospeso il giudizio in attesa dell’esito del giudizio pendente presso il giudice amministrativo sulla legittimità degli atti a monte dell’avviso di classamento per cui è causa;
considerato che con il terzo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 in quanto non sarebbe necessario indicare nell’atto di classamento specifiche caratteristiche dell’immobile;
ritenuto che il primo motivo non è fondato in quanto, come già affermato da questa Corte proprio con riferimento alla procedura di cui al comma 335 cit. in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7 “la revisione della classificazione di un immobile deve essere motivata in termini che esplicitino in maniera intellegibile le specifiche giustificazioni della riclassificazione concretamente operate (Cass. n. 11477/2018)”;
ritenuto che il secondo motivo non è fondato in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata in un momento successivo all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 156 del 2015, e in cui quindi non ricorreva più un’ipotesi di sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., essendo eventualmente applicabile l’art. 337 c.p.c., comma 2, che, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di quest’ultimo (Sez. 6-5, n. 29553 del 11/12/2017): di conseguenza, anche a voler superare la considerazione che con il vizio denunciato non si censura l’art. 337 c.p.c., comma 2, resta il fatto che tale norma non obbliga il giudice a procedere alla sospensione (Cass. 17413/2018; 17412/2018; 17411/2018);
considerato che il processo tributario può essere sospeso ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, comma 1, che regola i rapporti tra processo tributario e processi non tributari (cd. pregiudizialità esterna) solo ove sia stata presentata querela di falso o debba essere risolta una questione sullo stato o sulla capacità delle persone diversa dalla capacità di stare in giudizio, ipotesi non ricorrenti nel caso di specie: tale norma dispone una deroga – in ipotesi predeterminate – al criterio secondo cui le questioni pregiudiziali sono risolte, “incidenter tantum”, dal giudice munito di giurisdizione sulla domanda (Cass. 999/2016);
che il successivo art. 39, comma 1 bis – aggiunto dal D.Lgs. n. 156 del 2015, art. 9, comma 1, lett. o), a decorrere dal 1 gennaio 2016 – (“La commissione tributaria dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa”) non è evidentemente applicabile al caso di specie, essendo la pregiudizialità invocata rispetto al Consiglio di Stato (Cass. 17413/2018; 17412/2018; 17411/2018);
ritenuto che il terzo motivo di ricorso è infondato in quanto questa Corte ha affermato che in terna di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento” e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto (Cass. 17413/2018; 17412/2018; 8741/2018); nè può ritenersi sufficiente a tal fine il riferimento a non meglio precisati “interventi pubblici effettuati per la riqualificazione della viabilità interna e dell’arredo urbano” nonchè ad “interventi da parte dei privati per la ristrutturazione degli edifici”. E ciò anche considerando che l’attribuzione di una determinata classe è correlata sia alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), sia alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, sia infine alle caratteristiche edilizie dell’unità stessa e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, eccetera). Di talchè le espressioni surriportate non sono tali da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni a base della pretesa impositiva, così da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur (Cass. 22900/2017; Cass. n. 3156/2015);
considerato inoltre che, secondo le sezioni unite, l’Agenzia competente deve specificare se il mutamento è dovuto a una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano (Cass. SU n. 7665/2016);
considerato infine che la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 249 del 2017, ha da un lato affermato che “la scelta fatta dal legislatore con il censurato comma 335 (L. n. 311 del 2004, art. 1) non presenta profili di irragionevolezza (in ” quanto) la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene”, evidenziando però che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”;
ritenuto che, pertanto, il ricorso va respinto e le spese compensate in ragione dell’assenza, al momento della proposizione del ricorso, di precedenti specifici riguardanti il caso di specie.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; spese compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018