LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11853/2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore e legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
L.C.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1157/1/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di TORINO, depositata il 06/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 08/05/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 1157/1/2015, depositata il 6 novembre 2015, la CTR del Piemonte rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del sig. L.C., quale titolare della ditta “La Bottega della Carne”, avverso la sentenza della CTP di Torino, che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento per IRPEF, IVA ed IRAP per l’anno 2007, con il quale l’Ufficio aveva proceduto con l’applicazione del ricarico medio ponderato nella misura del 50,252% alla ricostruzione indiretta del volume di affari per effetto del ritardo di quindici giorni con il quale il contribuente aveva provveduto, dal momento dell’accesso dei verificatori, a mettere a disposizione degli stessi le scritture contabili. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’intimato non ha svolto difese.
1. Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 10 e art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata ha ritenuto giustificato il ritardo nella consegna da parte del contribuente delle scritture contabili sulla base delle circostanze, non contestate, della morte del consulente e del conseguente cambio dello studio al quale dette scritture erano affidate, trattandosi di ritardo che di per sè legittimava l’accertamento analitico induttivo, essendo, all’atto dell’accesso dei verificatori, state solo in parte messe a disposizione degli stessi le scritture contabili obbligatorie.
2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto l’accertamento impugnato illegittimo, per non avere l’Ufficio sollevato contestazioni e rilievi di sorta in ordine alla formale tenuta di tutta la documentazione contabile, stante la validità meramente presuntiva dell’accertamento e la limitazione del campione d’indagine ai primi sette mesi dell’anno.
3. Infine, con il terzo motivo, l’Amministrazione finanziaria lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e art. 61, art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost., denunciando il carattere meramente apparente della motivazione e conseguentemente la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione.
4. Il terzo motivo, che va esaminato in ordine logico con priorità, è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata deve ritenersi, infatti, rispondente sul piano della motivazione al c.d. minimo costituzionale (cfr. Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053), consentendo, nella sua forma espositiva pur succinta, il controllo sulla duplice ratio decidendi, attinta, infatti, singolarmente, dal ricorso della difesa erariale con il primo e secondo motivo di ricorso.
5. Essi risultano entrambi manifestamente fondati.
In relazione al primo la sentenza impugnata si pone, infatti, in contrasto con il principio di diritto, affermato in materia da questa Corte (cfr. Cass. sez. 5, 21 aprile 2011, n. 9201, secondo cui “del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. c), permettono il ricorso al metodo induttivo allorchè il contribuente non abbia consentito l’ispezione di una o più scritture contabili obbligatorie”, senza che sia rilevante che la loro indisponibilità “sia incolpevole, poichè, comunque, la circostanza in sè integra il requisito normativo della incompletezza della contabilità, con conseguente inattendibilità delle sue risultanze”, dovendosi rilevare, come, in ogni caso, il contribuente, per superare la preclusione probatoria posta del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5, avrebbe dovuto provare il proprio assunto (cfr. Cass. sez. 5, 28 gennaio 2002, n. 1030) secondo cui lo spostamento della tenuta della contabilità presso altro studio si poneva come circostanza impeditiva della tempestiva messa a disposizione delle scritture contabili obbligatorie.
6. Del pari è fondato il secondo motivo.
La sentenza impugnata, che ha giustificato la ritenuta illegittimità dell’accertamento presuntivo in relazione all’assenza di contestazione da parte dell’Ufficio sulla regolarità della tenuta delle scritture contabili e sulla limitazione del campione d’indagine ad un arco temporale di sette mesi, si pone, infatti, in contrasto col principio di diritto affermato da questa Corte (cfr. Cass. sez. 5, 14 novembre 2014, n. 24313; Cass. sez. 5, 27 gennaio 2010, n. 1647), secondo cui “In tema di accertamento induttivo dei redditi d’impresa, consentito dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d) sulla base del controllo delle scritture e registrazioni contabili, l’atto di rettifica, quando l’ufficio abbia sufficientemente motivato, sia specificando gli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio, sia dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori, nel senso che null’altro l’ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate”.
7. La decisione impugnata va per l’effetto cassata in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, rigettato il terzo, e la causa rinviata per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, che, nell’uniformarsi ai principi di diritto sopra trascritti, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie il ricorso in relazione al primo ed al secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018