LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. NAPOLETANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12391-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore e legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
C.M.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 5266/22/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO, depositata il 04/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’08/05/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, dal comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 5266/22/2015, depositata il 4 dicembre 2015, la CTR della Lombardia rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della sig.ra C.M. avverso la sentenza della CTP di Lodi, che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento per IRPEF ed IRAP per l’anno 2008. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
L’intimata non ha svolto difese.
1. Con l’unico motivo l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata ha ritenuto l’accertamento nullo per difetto del previo contraddittorio, sul presupposto che nella fattispecie dovesse trovare applicazione la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 viceversa non applicabile, trattandosi di accertamento c.d. a tavolino.
1.1. Il motivo è manifestamente fondato.
Va premesso che dall’avviso di accertamento riportato in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza si evince che esso ha riguardo solo ad IPERF e relative addizionali ed IRAP e non anche all’IVA come invece indicato nella sentenza impugnata.
1.2. Ciò posto, va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 9 dicembre 2015, n. 24823), premesso che la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 si applica ai soli casi di accesso ed ispezioni e verifiche nei locali del contribuente, hanno posto la basilare distinzione, riguardo al tema del contraddittorio endoprocedimentale, a seconda che si tratti o meno di tributi armonizzati, questi ultimi soggetti al diritto dell’Unione Europea, chiarendo che “in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto” (tra la successiva giurisprudenza conforme si vedano, tra le altre, Cass. sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2875; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2017, n. 10030; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2017, n. 20799; Cass. sez. 6-5, ord. 11 settembre 2017, n. 21071; Cass. sez. 6-5, ord. 14 novembre 2017, n. 26943).
1.3. Nel caso di specie è pacifico che si sia trattato di c.d. accertamento a tavolino, non riferito ad IVA secondo quanto sopra osservato, con invito alla contribuente al deposito della documentazione che fosse idonea a giustificare costi, quindi recuperati a tassazione, perchè ritenuti dall’Amministrazione non documentati, eccedenti i limiti di legge e non inerenti.
La sentenza impugnata, che si è limitata a rilevare l’emanazione dell’atto impositivo senza che fosse osservato il termine dilatorio previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 ed in difetto dell’esplicitazione di una ragione di urgenza, si è posta in violazione del principio di diritto espresso dalla summenzionata pronuncia delle sezioni Unite di questa Corte e dalla successiva giurisprudenza conforme citata.
2. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio per nuovo esame alla CTR della Lombardia in diversa composizione, che, nell’uniformarsi al succitato principio di diritto, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018