LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26591-2016 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
*****, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA CENTRALE dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;
– ricorrente –
contro
P.T., elettivamente domiciliata in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato DAVIDE TARSITANO;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
*****, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA CENTRALE dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;
– resistente all’incidentale –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1062/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 12/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/06/2018 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.
RILEVATO
Che la Corte d’appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava il diritto di P.T. alla pensione di invalidità dal 1/4/2008 al 31/12/2009 e all’assegno di invalidità dal 1/8/2001;
che la Corte territoriale rilevava che negli anni 2010 – 2011 – 2012 la P. era carente del requisito reddituale, che la prestazione riconosciuta non era incompatibile con l’indennità speciale di cieco parziale, che sussisteva la condizione di invalidità al 78% sin dalla data di presentazione della domanda amministrativa (23/7/2001), che per l’anno 2001 la P. aveva provato il possesso sia del requisito reddituale che quello della iscrizione nelle liste speciali di collocamento;
che avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’Inps sulla base di due motivi;
che la P. resiste con controricorso e ricorso incidentale sulla base di unico motivo, illustrati con memoria;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.
CONSIDERATO
che con il primo motivo il ricorrente deduce violazione della L. n. 118 del 1971, art. 13 (nel testo sostituito dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35), nonchè dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva che nel riconoscere l’assegno di invalidità, sulla base dell’effettuato accertamento sanitario, la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare se ricorressero i requisiti socio economici richiesti dalla legge, mentre tale accertamento era stato effettuato solo per l’anno 2001, pur in presenza di espressa contestazione da parte dell’Inps circa l’insussistenza delle condizioni, cliniche e reddituali, per il riconoscimento dell’invocato beneficio, risultando, altresì, dalle allegazioni contenute nell’appello incidentale che dal 2003 l’assistita possedeva redditi incompatibili con la prestazione richiesta;
che con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4 Rileva che, pur avendo indicato in fase di appello i redditi dal 2001 al 2009, dai quali emergeva a partire del 2003 il superamento del limite previsto per l’assegno mensile di assistenza, la circostanza era stata ignorata dal collegio, che aveva riconosciuto l’assegno di invalidità nonostante l’evidente superamento del limite reddituale;
che con il ricorso incidentale la P. denuncia violazione della L. n. 118 del 1971 del D.Lgs. n. 509 del 1988, artt. 2, 12 e 13 del D.M. sanità 5 febbraio 1992, artt. 1, 2 e 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ovvero omissione di un fatto controverso ritualmente allegato e dimostrato in giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Rileva, in relazione alla questione oggetto di specifico appello incidentale, la sussistenza del suo diritto ad ottenere la pensione di inabilità sin dalla data di presentazione della domanda amministrativa. Osserva che il CTU nominato in sede di rinnovo della consulenza aveva condiviso acriticamente le conclusioni della precedente consulenza medico legale, violando il D.M. Sanità 5 febbraio 1992 e, in particolare, le tabelle indicative delle percentuali di invalidità, nella parte in cui attribuiscono alla patologia “nanismo ipofisario”, riscontrata dal CTU, il codice 7.104, con percentuale di invalidità nella misura del 50%, senza lasciare spazio alla discrezionalità dell’operatore circa la percentuale da assegnare alla suddetta infermità, con la conseguenza che la valutazione del giudice che prescinda del tutto dall’esame della tabella comporta un vizio di legittimità denunciabile con ricorso per cassazione;
che entrambi i motivi di ricorso, unitariamente considerati, meritano accoglimento, ravvisandosi la dedotta violazione di legge nella decisione che ha omesso di prendere in considerazione la verifica della sussistenza dei requisiti, reddituale e di incollocamento, con riferimento a ciascuna delle annualità per le quali è stata richiesta la prestazione;
che è fondato, altresì, il motivo di ricorso incidentale, in ragione della percentuale di invalidità pari al 50% indicata nelle tabelle allegate al decreto del Ministero della Sanità del 5 febbraio 1992,, con riferimento alla patologia “nanismo ipofisario”, codice 7.104, riscontrata dal CTU (Cass. n. 6850 del 24/03/2014: “Con riferimento al presupposto medico – legale ai fini del riconoscimento delle prestazioni assistenziali agli invalidi civili, la tabella indicativa delle percentuali di invalidità per le minorazioni e le malattie invalidanti, approvata con D.M. del 5 febbraio 1992, in attuazione del D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 2 integra la norma primaria ed è vincolante, con la conseguenza che la valutazione del giudice, che prescinda del tutto dall’esame di tale tabella, comporta un vizio di legittimità denunciabile con ricorso per cassazione”);
che in base alle svolte argomentazioni, in accoglimento del ricorso principale e di quello incidentale, la sentenza va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Reggio Calabria, che provvederà alla verifica di tutti i requisiti previsti per l’assegno di invalidità con riferimento a tutte le annualità in considerazione e si atterrà al principio di diritto enunciato nella valutazione della malattia tabellata, provvedendo, altresì, alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e quello incidentale Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Reggio Calabria.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018