LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23385-2016 proposto da:
C.P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA PIETRO MEROLLI 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO ROSATI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO BACCHELLI;
– ricorrente –
contro
G.D., in proprio e nella qualità di titolare della DITTA EDILGUALANDI, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato ANDREA GRAZIANI, rappresentati e difesi dagli avvocati PIERO GASPERINI, VINCENZO FLORIO;
– controricorrenti –
contro
GU.DA., B.P., UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1029/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 13/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/06/2018 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.
RILEVATO CHE 1. il Tribunale di Bologna respingeva la domanda di C.P.L. volta all’accertamento dello svolgimento, dal 31.08.1998 al 15.06.1999, di un rapporto di lavoro subordinato con la s.n.c. Edilgualandi di G.E., poi trasformata nella ditta individuale Edilgualandi di G.D., ed alla condanna al pagamento di differenze retributive ed al risarcimento del danno per l’infortunio del *****, consistito nella caduta a terra dalla sommità di un muro alto circa 3 metri;
2. C.P.L. proponeva appello, dichiarando preliminarmente di rinunciare alla domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro e di insistere unicamente nella domanda di risarcimento dei danni cagionati dell’infortunio;
3 la Corte di Appello di Bologna dichiarava inammissibile l’appello del C. per violazione dell’art. 345 c.p.c., ritenendo che fosse intervenuto in secondo grado un mutamento della domanda risarcitoria, da contrattuale ad extracontrattuale, considerato che nel primo grado di giudizio la responsabilità per l’infortunio vedeva come causa petendi la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato formalmente di subappalto;
6. C.P.L. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato ad un motivo;
7. G.D., in proprio e quale titolare della ditta Edilgualandi, ha resistito con controricorso ed ha depositato anche memoria ex art. 380 bis comma 2 c.p.c., mentre Gu.Da. e Guerrieri Paola, eredi di G.E., e Unipol Sai Assicurazioni s.p.a. (già Milano Assicurazioni s.p.a.) non hanno svolto attività difensiva.
CONSIDERATO CHE 1. con l’unico motivo di ricorso viene denunciata – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione dell’art. 2087 c.c. e la violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in merito alla ritenuta formulazione in appello di una domanda nuova. La Corte di Appello avrebbe errato nell’ interpretare il ricorso, ritenendo che la richiesta di risarcimento dei danni dipendesse dall’accertamento della natura subordinata del rapporto lavorativo, mentre si trattava di due domande autonome ed indipendenti.
2. Il ricorso non è fondato.
Occorre premettere che il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) o a quello del tantum devolutum quantum appellatum (artt. 342 e 437 c.p.c.), trattandosi in tal caso della denuncia di un error in procedendo che attribuisce a questa Corte di legittimità il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti (cfr., da ultimo, Cass. n. 30085 del 14/12/2017, Cass. n. 25259 del 25/10/2017 ed in precedenza, fra le altre, Cass. nn. 17109 del 2009 e 21421 del 2014).
3. Nel caso, la Corte territoriale ha puntualmente esaminato il contenuto del ricorso, riportandone i passaggi fondamentali, per desumerne che solo in appello era stata invocata la responsabilità ex art. 2087 c.c. del committente, sulla base di un’interpretazione del disposto volta ad estenderlo a tutti coloro che si trovano ad operare all’interno del medesimo cantiere.
4. Non risulta (nè il ricorrente fornisce elementi per ritenerlo) che la Corte di merito sia incorsa in un’ errata interpretazione della domanda proposta nei confronti della società Edilgualandi s.n.c. e dei soci della stessa. Allo scopo non è infatti sufficiente che nelle conclusioni di primo grado fossero formulate due domande, quella di riconoscimento della natura subordinata del rapporto di sub appalto intercorso tra il C. e la Edilgualandi s.n.c. e, di seguito, quella di condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti all’esito dell’infortunio occorso nel cantiere della società, considerato che nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande occorre avere riguardo, piuttosto che al tenore letterale degli atti nei quali esse sono contenute, al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante (così Cass. n. 118 del 07/01/2016, n. 23794 del 14/11/2011).
5. Il contenuto sostanziale della pretesa nel caso afferiva all’obbligo in materia di tutela delle condizioni di lavoro che fa carico al datore di lavoro ex art. 2087 c.c., limitandosi il ricorrente a lamentare la mancata predisposizione di misure di prevenzione adeguate e la mancata messa a disposizione di caschi e cinture di sicurezza, senza nulla aggiungere (a prescindere dalle circostanze che a detta del ricorrente valevano a configurare la prestazione come subordinata) in merito agli elementi idonei a determinare detta responsabilità risarcitoria a carico del committente (che questa Corte ha chiarito essere il fatto che il committente si sia reso garante della vigilanza relativa alle misure da adottare in concreto, riservandosi i poteri tecnico-organizzativi dell’opera da eseguire: Cass. n. 11311 del 09/05/2017, Cass. n. 29583 del 11/12/2017). Sicchè la domanda formulata in appello comportava un ampliamento della “causa petendi”, necessariamente fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado ed in particolare su un diverso fatto giuridico costitutivo del diritto vantato (v. per la valutazione d’inammissibilità in fattispecie analoga, Cass n. 18299 del 19/09/2016) e avrebbe richiesto un ulteriore ambito di indagine del giudice di secondo grado rispetto a quello originariamente proposto.
6. Per tali motivi, condividendo il Collegio la proposta del relatore, il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
7. La regolamentazione delle spese processuali in favore del controricorrente segue la soccombenza.
8. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018
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