LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28866/2015 proposto da:
R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO TROGO 21, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA CASANOVA, rappresentata e difesa dall’avvocato PIETRO PESCIAROLI;
– ricorrente –
contro
P.F.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 360/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/04/2018 dal Consigliere LORENZO ORILIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TRONCONE Fulvio, che ha concluso per l’accoglimento 10 motivo assorbito il motivo del ricorso;
udito l’Avvocato PESCIAROLI Pietro difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1 La Corte d’Appello di Roma, con sentenza 19.1.2015, ha accolto il gravame proposto da P.F. contro la sentenza 34/2009 del Tribunale di Viterbo sez. dist. Montefiascone e, in riforma della stessa, ha rigettato la domanda di arretramento di un manufatto contro di lui proposta da R.C., proprietaria di un contiguo immobile in *****.
Per giungere a tale conclusione, la Corte territoriale ha osservato che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, il manufatto non è assimilabile ad un edificio o costruzione, avendo il consulente tecnico accertato le caratteristiche dell’opera ed in particolare il fatto che essa è posta ad una quota di – 20 cm circa rispetto al circostante piazzale, è priva di copertura e al posto delle pareti esterne presenta traversine lignee sfilabili e travi metalliche imbullonate alla base. La Corte di merito ha poi anche escluso che lo stoccaggio e la movimentazione dei materiali depositati possano arrecare disagi al vicino.
2 Contro tale pronuncia la R. ricorre per cassazione sulla base di due motivi illustrati da memoria, mentre il P. non ha svolto attività difensiva.
Il procedimento, avviato alla trattazione camerale, è stato poi rimesso alla pubblica udienza.
La ricorrente ha depositato altra memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 873 c.c., criticandosi l’esclusione del manufatto dal concetto di costruzione ai fini del rispetto delle distanze (art. 360 c.p.c., n. 3). A dire della ricorrente, la Corte d’Appello si sarebbe discostata dall’orientamento giurisprudenziale sul concetto di costruzione. Inoltre, appare del tutto irrilevante il fatto che la costruzione sia priva di copertura che sviluppa volumetria. Osserva inoltre che l’opera è anche idonea a creare intercapedini dannose perchè il basamento di calcestruzzo, anche se è posto ad una quota leggermente inferiore rispetto a quella del circostante piazzale (-20 cm circa), esso è però ubicato ad una quota più alta rispetto al fondo della ricorrente, come si evince dal grafico allegato alla perizia.
1.2 Col secondo motivo si deduce (ex art. 360 c.p.c., n. 5) l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti: se la Corte d’Appello avesse proceduto alla valutazione della natura e caratteristiche dell’opera, sarebbe pervenuta ad una decisione di segno opposto.
2 I due motivi, ben suscettibili di trattazione unitaria (per il comune riferimento al concetto di costruzione ai fini del rispetto delle distanze legali), sono fondati.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dall’art. 873 c.c. e ss., e delle norme dei regolamenti locali integrativi della disciplina codicistica, la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera stessa (tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 15972 del 20/07/2011 Rv. 618711; Sez. 2, Sentenza n. 27399 del 29/12/2014 non massimata; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5753 del 12/03/2014 Rv. 630205; Sez. 2, Sentenza n. 7706 del 2016 non massimata; v. anche Sez. 2, Sentenza n. 23189 del 17/12/2012 Rv. 624754, soprattutto in motivazione; v. altresì Cass. nn. 3199/02, 12045/00, 45/00, 5116/98, 1509/985956/96, 11948/93 e 5670/91).
E ancora, le norme dei regolamenti edilizi che stabiliscono le distanze tra le costruzioni, e di esse dal confine, sono volte non solo ad evitare la formazione di intercapedini nocive tra edifici frontistanti, ma anche a tutelare l’assetto urbanistico di una data zona e la densità edificatoria in relazione all’ambiente, sicchè, ai fini del rispetto di tali norme, rileva la distanza in sè, a prescindere dal fatto che le costruzioni si fronteggino e dall’esistenza di un dislivello tra i fondi su cui esse insistono (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 3854 del 18/02/2014 Rv. 629629; Sez. 2, Sentenza n. 19350 del 04/10/2005 Rv. 584412).
Nel caso in esame, dalla stessa sentenza impugnata risulta che il basamento in calcestruzzo è distinto in due scomparti, sul quale sono stati installati, mediante piastre affogate nella base in calcestruzzo nove profilati in acciaio a doppia T dell’altezza di mt. 1,50 circa, imbullonati alle piastre stesse. Le pareti del manufatto sono formate da traversine ferroviarie di risulta, di materiale ligneo, incastrate nei profilati metallici.
Il fatto – pure evidenziato nella sentenza impugnata – che il basamento sia posizionato a 20 cm al di sotto del circostante piazzale del convenuto va però correlato all’intero manufatto e alla sua sporgenza dal suolo, al livello del fondo contiguo e al principio che solo l’opera completamente interrata è esonerata dal rispetto delle distanze. Logica conseguenza è che l’assenza di intercapedini dannose non può farsi discendere dalla collocazione del basamento in calcestruzzo, dovendosi invece valutare il manufatto nella sua interezza.
Tali elementi non risultano presi in debita considerazione dalla Corte d’Appello e pertanto si impone la cassazione della sentenza per nuovo esame da parte del giudice di rinvio che, sulla scorta dei citati principi, proceda ad accertare se l’opera denunziata sia o meno annoverabile nel concetto di costruzione ai sensi dell’art. 873 c.c., traendo poi le debite conseguenze in tema di rispetto delle distanze.
La Corte d’Appello di Roma in diversa sezione provvederà, quale giudice di rinvio, anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 2 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2018