Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.23877 del 02/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15236/2016 proposto da:

TRENITALIA S.P.A., P.I. *****, – Società con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA CROCE ROSSA 1 (c/o Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. – Legale Lavoro) presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA CARINO rappresentata e difesa dagli avvocati ANDREA UBERTI e PAOLO TOSI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE MONTAGNE ROCCIOSE 69, presso lo studio dell’avvocato ROSALIA MANGANO, rappresentato e difeso dagli avvocati GIANLUCA BRASCHI, EMANUELA MANINI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 386/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 20/04/2016 R.G.N. 25/2016; il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

1. La Corte di appello di Firenze ha accolto il reclamo proposto da G.M. avverso la sentenza resa nel giudizio di opposizione ai sensi della L. n. 92 del 2012, ed ha accertato e dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato da Trenitalia s.p.a. in data 1.9.2014 avendo accertato che al caso in esame doveva applicarsi il più lungo periodo di comporto di 15 mesi (in luogo di quello di un anno) previsto dal contratto collettivo.

3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso Trenitalia s.p.a. affidato ad un unico motivo. Oppone difese con controricorso G.M.. Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, insistendo nelle conclusioni già prese.

CONSIDERATO:

4. Con il ricorso è denunciata la violazione degli artt. 1362 e ss cod.civ. con riferimento all’art. 32 c.c.n.l. Mobilità – Attività ferroviaria oltre che la diretta violazione e falsa applicazione dello stesso art. 32 del c.c.n.l. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

4.1. Sostiene la società ricorrente che nell’interpretare la disposizione si deve tenere conto, in primo luogo, del suo tenore letterale. Conseguentemente il normale periodo di comporto di 12 mesi può essere esteso a 15 mesi solo nel caso in cui alla scadenza del periodo ordinario il lavoratore versi in uno stato di malattia che abbia già, a quel momento, una “durata superiore a 40 giorni”.

4.2. Sottolinea poi che anche la ratio della disposizione presuppone l’esistenza di una malattia rilevante e/o grave che autorizzi la proroga dell’assenza fino a 15 mesi. In sostanza il datore di lavoro deve essere posto in condizione di conoscere al termine del comporto di 12 mesi l’esistenza dei presupposti per il prolungamento. Una diversa interpretazione, secondo la ricorrente, si porrebbe in contrasto con l’obbligo per il datore di lavoro di recedere dal rapporto all’esaurimento del periodo di comporto poichè, diversamente, si deve ritenere che vi sia stata una rinuncia ad esercitare tale facoltà.

5. Il ricorso deve essere rigettato.

5.1. L’interpretazione della disposizione collettiva seguita dalla Corte territoriale è coerente, infatti, sia con il suo contenuto letterale che con la ratio sottesa alla disposizione.

5.2. L’art. 32 del c.c.n.l. Mobilità – Attività ferroviaria dispone che “qualora l’ultimo evento morboso in atto al termine del periodo di comporto risulti di durata superiore a quaranta giorni” il periodo ordinario di dodici mesi si prolunga fino a quindici mesi.

5.3. La disposizione, al fine di accordare una più ampia tutela al lavoratore malato utilizza quale parametro la gravità della malattia in atto allo scadere del comporto ordinario che intanto è grave in quanto si protrae per ulteriori quaranta giorni dopo che il comporto ordinario è scaduto.

5.4. Nell’utilizzare l’espressione “risulti” la norma collettiva autorizza una valutazione ex post della gravità della malattia. Se le parti sociali avessero preteso che già al momento dello scadere del comporto ordinario la malattia doveva essere così grave da richiedere un’assenza di almeno quaranta giorni avrebbero utilizzato il verbo essere: avrebbero scritto quindi “qualora l’ultimo evento morboso in atto al termine del periodo di comporto sia di durata superiore a quaranta giorni”. Utilizzando il verbo “risulti”, invece, hanno posto l’accento sulla definitiva e conclusiva conseguenza dell’evento patologico valorizzandone l’evoluzione ed autorizzando una valutazione ex post dell’esistenza dei presupposti per la concessione del più lungo periodo di assenza. L’interpretazione sposata dalla Corte di merito è dunque aderente al tenore letterale della disposizione e coerente con lo spirito della norma che intende salvaguardare quei lavoratori che anche in prossimità della scadenza del comporto ordinario siano affetti da una patologia che per le sue caratteristiche evolutive si protragga oltre la scadenza dei dodici mesi e per un periodo ritenuto dalle parti sociali consistente e tale da giustificare l’ampliamento del comporto.

5.5. In conclusione e per le ragioni sopra esposte il ricorso deve essere rigettato.

6. Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

PQM

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2018

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