Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.23992 del 03/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15789-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 88/2010 della COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA, depositata il 06/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2018 dal Consigliere: Dott. PAOLO BERNAZZANI.

RILEVATO CHE con sentenza n. 88/27/2010 del 7.5/6.7.2010, la CTR della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti della decisione della CTP di Milano che aveva parzialmente annullato la cartella di pagamento emessa, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione Modello Unico relativa all’anno di imposta 2004, nei confronti del contribuente L.A.. Il contribuente, in particolare, nella predetta dichiarazione aveva esposto un credito IVA riportato dalla precedente annualità (2003), rispetto alla quale, tuttavia, la dichiarazione annuale era stata presentata soltanto in data 21.4.2007, ossia oltre il termine di 90 gg. dalla scadenza previsto per la validità delle dichiarazioni tardive, pur risultando pacificamente il credito d’imposta dalle liquidazioni periodiche regolarmente presentate;

la CTR della Lombardia confermava la sentenza impugnata sul presupposto che l’importo evidenziato quale credito IVA non era stato contestato dall’Ufficio;

ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidato a due motivi. Il contribuente intimato non ha svolto difese. L’Agenzia ha depositato memoria difensiva.

CONSIDERATO CHE 1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione e falsa applicazione DEL D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19,28,30 e 55; D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, artt. 2,3 ed 8; D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR trascurato che, secondo la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, per portare in detrazione le eccedenze d’imposta provenienti da una precedente annualità è necessario un congruo riscontro dichiarativo, onde la mancata presentazione della dichiarazione annuale nei termini (nella specie, la stessa, relativa all’anno di imposta 2003, veniva presentata soltanto in data 21.4.2007, ossia ben oltre la scadenza del termine di tolleranza di 90 giorni D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5) non potrebbe che determinare la perdita definitiva del diritto di detrarre il credito d’imposta maturato, non rilevando a tal fine il contenuto delle dichiarazioni periodiche e residuando al contribuente la sola possibilità di richiedere il rimborso del proprio credito d’imposta a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, entro il termine di decadenza biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21; tale richiesta, nella specie, non era stata presentata.

2. Con il secondo motivo – che può essere esaminato congiuntamente al primo in virtù della stretta connessione esistente -, l’Ufficio deduce, in via subordinata, il vizio di omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la sentenza impugnata risulta fondata sul presupposto, ritenuto erroneo ed immotivato, della mancata contestazione dell’importo a credito IVA maturato nell’anno 2003 ed inserito nella dichiarazione del contribuente relativa al 2004. All’opposto, l’Agenzia allega di avere espressamente contestato, sia nell’atto di costituzione in primo grado sia nell’atto di appello – di cui vengono riportati testualmente i passaggi essenziali in ossequio al principio di autosufficienza -, che il credito in esame avrebbe potuto essere riconosciuto soltanto a seguito di un controllo sostanziale circa la sua esistenza effettiva, ossia mediante l’esame delle scritture e della documentazione contabile pertinente (registri acquisti, vendite e corrispettivi; fatture attive e passive), che sarebbe stato onere del contribuente produrre.

3. Il primo motivo è infondato; il secondo motivo è, invece, da accogliere nei termini che seguono.

La questione controversa è stata oggetto di una recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., n. 17757 del 2016, Rv. 640943), che ha fissato il principio secondo cui “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicchè, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili” (principio da ultimo ribadito anche da Cass. Sez. 6 – 5, 03/04/2018, n. 8131).

Pertanto (come riconosciuto, altresì, da Cass. sez. 5, 17/03/2017, n. 6921, Rv. 643596 – 01), il contribuente può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto, purchè essa risulti dalle dichiarazioni periodiche e siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione.

Nella medesima prospettiva, la giurisprudenza di questa Corte ha, altresì, stabilito la compatibilità della situazione in esame con il ricorso alla procedura automatizzata, posto che l’omessa tempestiva presentazione della dichiarazione fiscale costituisce circostanza rilevante quale dato fattuale che consente l’avvio di tale procedura, dovendo il fisco provvedere in sede di controllo “sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni fiscali presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria”, che registra appunto la presentazione (e, dunque, l’omissione) delle dichiarazioni medesime (cfr. Cass. n. 6921/2017, cit.).

4. Muovendo da tali presupposti, sul piano strettamente probatorio il diritto del contribuente di portare in detrazione l’imposta in esame può essere assicurato unicamente mediante la specifica dimostrazione, da fornirsi anche esibendo i registri IVA e le relative liquidazioni, le fatture ed ogni altra documentazione ritenuta utile, dell’esistenza dei presupposti sostanziali per il suo esercizio, sicchè nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili.

Nella specie, è proprio il ritenuto carattere incontestato del diritto alla detrazione ad aver costituito il presupposto della decisione impugnata, senza che, peraltro, la CTR abbia fornito al riguardo alcuna congrua ed esauriente motivazione, soprattutto a fronte delle difese dell’Ufficio, che aveva evidenziato, all’opposto, l’insussistenza di prova in ordine ai presupposti sostanziali della detrazione invocata dal contribuente.

Risulta evidente, in tal senso, che la sentenza impugnata, limitandosi ad affermare in modo apodittico che “la Commissione ha rilevato come l’importo a credito IVA 2004 non sia stato contestato” presenta anomalie argomentative tali da concretizzare il vizio di omessa motivazione, ovvero di motivazione apparente, dedotto dalla ricorrente.

Si impone, pertanto, la cassazione con rinvio della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale competente, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2018

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