LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto rel. Consiglie – –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22850/2012 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
Contro
A.P.A. – Agenzia Pubblicitaria Affissioni s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e assistita giusta delega in atti dall’avv. Maria Laura Deli presso lo studio della quale in Roma, alla via Francesco de Sanctis n. 4 è elettivamente domiciliata
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 497/01/11 depositata il 06/07/2011, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 12/7/2018 dal consigliere Roberto Succio.
RILEVATO
che:
– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha respinto l’appello dell’Amministrazione Finanziaria, annullando l’atto impugnato;
– con tal atto l’Erario richiedeva maggiori imposte per IVA 2005 ritenendo non spettante alla società contribuente la detrazione dell’IVA alla quale alcune operazioni commerciali (erroneamente qualificate come cessioni imponibili, in realtà secondo l’Erario da qualificarsi come cessioni di denaro, quindi operazioni non imponibili) erano state assoggettate dalle parti del rapporto;
– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a un unico motivo;
– resiste con controricorso la società contribuente.
CONSIDERATO
che:
– Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per avere la CTR ritenuto illegittimo l’atto impugnato in quanto non sarebbe risultato provato – soprattutto in forza del contenuto di una dichiarazione resa da un dipendente della contribuente – che il riconoscimento dei costi oggetto del recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate (denominati “premi”) era stato operato senza alcuna assunzione di obblighi tra le parti e senza svolgimento di attività da parte del prestatore del servizio; di guisa che la sentenza gravata sarebbe viziata da omessa od insufficiente motivazione circa il fatto controverso e decisivo che le somme corrisposte a titolo di “premi” hanno remunerato l’attività d’intermediazione svolta dalla Aegis nei confronti della odierna ricorrente;
– Il motivo è fondato;
– Dalla lettura della sentenza gravata, si evince come l’affermazione secondo la quale le prestazioni sono da qualificare come prestazioni di servizi, anzichè cessioni gratuite di denaro sia resa in modo sostanzialmente apodittico, da un lato, e dall’altro risulti ipervalorizzata la dichiarazione di un dipendente, quale ratio decidendi;
– In realtà, a fronte degli elementi di prova dedotti nel PVC, correttamente trascritto in ricorso ai fini dell’autosufficienza, la CTR avrebbe dovuto dimostrare in motivazione di aver esaminati tali elementi, confrontandosi con il loro contenuto, con riferimento alle tipologie di premi, al contenuto contrattuale che li disciplina, alla loro determinazione nel caso concreto in applicazione delle pattuizioni tra le parti;
– Così statuendo, in quel caso si è esclusa l’assoggettabilità ad IVA dell’ipotesi dei premi in parola, per mancanza di un legame diretto ed immediato tra prestazione e corrispettivo, conseguentemente escludendo il diritto del destinatario della prestazione alla detrazione dell’IVA, possibile solo quando l’imposta assolta sia dovuta);
– La CTR, pertanto, non ha fornito alcuna spiegazione delle ragioni in forza delle quali ha ritenuto che i “premi” in oggetto possano esser qualificati come corrispettivo di attività di mediazione dietro corrispettivo, limitandosi ad affermazioni da un lato generiche nel contenuto e parziali quanto alla fonte (la dichiarazione di un collaboratore di AEGIS s.p.a.), dall’altro fondate su mere illazioni (quali il contrasto rispetto alla logica imprenditoriale che si porrebbe se tali prestazioni non fossero assistite da corrispettivo) relative alle scelte dell’impresa che non sono state minimamente oggetto di rilievo da parte dell’Amministrazione Finanziaria;
– Conseguentemente la sentenza va cassata con rinvio.
PQM
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione, che provvederà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2018