Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.25053 del 10/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29343-2014 proposto da:

S.B.J., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo studio legale PERROTTA – CASAGRANDE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO ANZISI;

– ricorrente e c/ricorrente all’incidentale –

contro

G.J., rappresentato e difeso dall’avvocato MARCELLA MUZZU;

– c/ricorrente e ricorrente incidentale –

contro

P.G., PI.GI., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA ATTILIO FRIGGERI 106, presso lo studio dell’avvocato MICHELE TAMPONI, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato EDOARDO MARIO QUARGNENTI;

– c/ricorrenti al ricorso principale e all’incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 327/2014 della CORTE D’APPELLO di SASSARI, depositata il 18/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/04/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.

P.G. e Gi. citavano in giudizio innanzi al Tribunale di Tempio Pausania G.J. e B.J., chiedendo dichiararsi la nullità dei testamenti redatti da P.F. in data ***** per incapacità della testatrice. Esponevano che la P. aveva redatto un primo testamento in data *****, con cui erano state istituite eredi; seguiva il testamento del *****, con il quale veniva nominato erede il G. ed infine quello del *****, con cui veniva istituita erede la J..

Instauratosi il contraddittorio con la costituzione dei convenuti, il Tribunale, ammessa ed espletata prova per testi e CTU medico legale, rigettava la domanda principale e la riconvenzionale proposta dal G., e, per l’effetto, dichiarava S.B.J. unica erede di P.F..

Interposto appello dal G. ed appello incidentale dalle P., la Corte d’Appello di Sassari, con sentenza del 18.7.2014, in parziale riforma della sentenza di primo dichiarava invalidi i testamenti del ***** per incapacità della testatrice. La corte territoriale riteneva che dalla documentazione medica in atti si evinceva un grave stato di demenza della P. nel *****, quando, in occasione dell’ultimo ricovero, manifestò un grave disorientamento temporale ed incapacità di riconoscere le persone. Le condizioni di degrado mentale della de cuius erano state confermate da alcuni testi, dall’esame diretto della scheda testamentaria, redatta con una grafia incomprensibile, disordinata e stentata, e dalla CTU. Le condizioni di incapacità di intendere e di volere, secondo il giudice d’appello, risalivano al ***** poichè la P. era, già da allora, affetta sindrome involutiva secondaria da demenza vascolare, patologia che comporta un deficit progressivo; anche l’analisi della scheda testamentaria redatta nel ***** presentava segni di disordine e disomogeneità. Concorrevano a corroborare il convincimento dell’incapacità della testatrice le dichiarazioni di alcuni testi e le risultanze della CTU, che aveva ritenuto probabile la compromissione della sua capacità di intendere e di volere.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso S.B.J. sulla base di due motivi; G.J. ha proposto ricorso incidentale, affidato a due motivi; resistono con controricorso P.G. e Gi..

In prossimità dell’udienza S.B.J. ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Con il primo motivo, censurando la sentenza impugnata per difetto di motivazione e per violazione degli artt. 591 e 2967 c.c., la ricorrente deduce che la corte territoriale avrebbe erroneamente ravvisato l’incapacità naturale della testatrice al momento della redazione del testamento del *****, nonostante le risultanze processuali escludessero che la de cuius fosse affetta da incapacità mentale avente carattere permanente ed abituale; trattandosi di infermità mentale a carattere intermittente, sostiene la ricorrente, spettava alle P. provare che il testamento fosse stato redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere.

Con il secondo motivo di ricorso, si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4 nonchè dell’art. 2967 c.c. in relazione all’art. 591 c.c. per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto l’incapacità totale della testatrice, basandosi su documenti successivi alla redazione del testamento del *****.

I motivi, da trattare congiuntamente, perchè aventi ad oggetto il testamento del *****, non sono fondati.

La prova dell’incapacità può essere data con ogni mezzo: presunzioni, prova testimoniale, analisi della scheda testamentaria, documenti e consulenza tecnica.

Si tratta di elementi che vanno interpretati unitariamente e non separatamente, al fine di verificare se il testatore versi in uno stato di incapacità permanente o temporanea.

La distinzione è rilevante, in quanto, in caso di infermità tipica, permanente ed abituale l’incapacità si presume e la prova che il testamento sia stato redatto in un momento di lucido intervallo spetta a chi afferma la validità del testamento; nel caso di infermità intermittente o ricorrente, poichè si alternano periodi di capacità a periodi di incapacità non sussiste la presunzione di incapacità e la prova dell’incapacità deve essere data da chi impugna il testamento (Cass. Civ. 15.4.2010 n. 9081) Ed infine, si osserva che, ai fini del giudizio sulla capacità naturale del testatore, il giudice di merito, in particolare, non può ignorare il contenuto dell’atto di ultima volontà e gli elementi di valutazione da esso desumibili, in relazione alla serietà, normalità e coerenza dalle disposizioni nonchè ai sentimenti ed ai fini che risultano averle ispirate (Cass. civ., sez. 2^, 22 maggio 1995, n. 5620).

Nella specie, quanto al testamento del *****, la corte territoriale, sulla base delle risultanze istruttorie, ha tratto il convincimento che la P. fosse in una condizione di incapacità totale di intendere e di volere.

La corte territoriale ha, con giudizio di fatto insindacabile in questa sede, accertato che dalla documentazione medica si evinceva un grave stato di demenza della testatrice nel dicembre del 2009, dopo appena un mese dalla redazione del testamento (*****), tanto che il decesso avvenne dopo pochi mesi, nel *****. La de cuius aveva dimostrato in occasione dell’ultimo ricovero un grave disorientamento temporale e l’incapacità di riconoscere le persone, indice di deterioramento cognitivo. Tale stato patologico, sia pur fondato su documenti successivi alla redazione del testamento, sono stati valutati dal giudice d’appello unitamente ad altri elementi probatori, che confermavano l’assoluta incapacità di intendere e di volere della testatrice, analiticamente riportati nella sentenza impugnata.

Il giudice d’appello ha richiamato le risultanze della prova testimoniale, attestanti le condizioni di degrado mentale della de cuius ed ha dato rilievo alla scheda testamentaria, redatta con una grafia incomprensibile, disordinata e stentata; infine, la CTU aveva riconosciuto con molta probabilità la compromissione assoluta della capacità di intendere e di volere compromessa al momento della redazione del testamento.

Gli elementi probatori a sostegno dell’infermità totale sono stati valutati unitariamente ed in modo articolato, con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità.

Sotto tale profilo, non si ravvisa alcun vizio di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., nè la violazione dell’art. 116 c.p.c., che è ammissibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonchè, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è consentita ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (v. postea). Ne consegue l’inammissibilità della doglianza che sia stata prospettata sotto il profilo della violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (Sez. L, Sentenza n. 13960 del 19/06/2014; n. 26965 del 2007).

Anche il ricorso incidentale del G. è infondato.

Con il primo motivo del ricorso incidentale si censura la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione all’art. 591 c.c., art. 2967 c.c., art. 115 c.p.c. e art. 116 c.p.c.; il ricorrente si duole dell’erronea valutazione delle prove in relazione alle condizioni mentali della de cuius, avendo il giudice equiparato lo stato cognitivo del ***** a quello del ***** nonostante dalla documentazione medica e dalla CTU si evincerebbe che nel ***** la P. fosse orientata nel tempo e nello spazio, tanto da chiedere chiarimenti sull’intervento e ad esprimere il consenso informato. Secondo il ricorrente, nonostante vi fosse l’inizio di un decadimento fisico non vi era la prova che la de cuius versasse in condizioni di incapacità totale di intendere e di volere.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce il vizio di omessa motivazione su un fatto decisivo del giudizio e l’erronea valutazione degli elementi probatori con violazione dell’art. 591 c.c., art. 2967 c., art. 115 c.p.c. e art. 116 c.p.c..

Anche in relazione al testamento del ***** la corte territoriale si è attenuta ai principi di diritto sopra richiamati.

Le condizioni di incapacità di intendere e di volere, secondo la corte territoriale, risalivano al ***** poichè la P. era, già prima della redazione del secondo testamento, affetta da “sindrome involutiva secondaria da demenza vascolare, patologia responsabile di danni cerebrali degenerativi e nella quale il deficit cognitivo è sempre progressivo”. Oltre alle deposizioni dei testi, secondo il giudizio della corte territoriale, era rilevante l’esame della scheda testamentaria, la quale presentava analogie con quella redatta nel *****. In particolare, era assente il rispetto dei margini del rigo, l’andamento cascante della grafia, la dimenticanza di beni di sua proprietà. Tali elementi, unitamente alle risultanze della CTU – che aveva concluso ritenendo “con buona probabilità” la compromissione della capacità di intendere e di volere della testatrice – costituivano un quadro probatorio chiaro per escludere la capacità di intendere e di volere della P..

La Corte, sulla base di tali risultanze probatorio, apprezzate con giudizio insindacabile in questa sede, ha ritenuto che il testamento sia stato redatto in uno dei momenti definiti dal CTU di “inaffidabilità”.

Vanno pertanto rigettati il ricorso principale ed incidentale.

Segue la condanna dei ricorrenti, principale ed incidentale, alle spese di lite in favore di P.G. e Pi.Gi., in applicazione del principio della soccombenza.

Considerato la soccombenza reciproca del ricorrente principale ed incidentale, le spese tra i medesimi devono essere compensate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale ed incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente principale ed il ricorrente incidentale alle spese di lite in favore di P.G. e Gi. che liquida in Euro 4000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge nella misura del 15%, iva e cap come per legge.

Compensa le spese di lite tra ricorrente principale ed incidentale. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale ed incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Suprema Corte di Corte di Cassazione, il 27 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472