Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.25153 del 11/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6438-2015 proposto da:

Z.M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GAVINANA 4, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO ANGELINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DANIELA GARILLI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1939/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 13/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/03/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 4 febbraio 1999, Z.M.C. esponeva che in data 5 settembre 1996, mentre era alla guida della propria autovettura percorrendo l’autostrada ***** con direzione *****, era stata violentemente tamponata dal veicolo Audi condotto da L.F., di proprietà della S.r.l. Halina e assicurato con Gan Italia S.p.A. aggiungendo che, a causa dell’incidente, aveva subito la distruzione della vettura e gravi lesioni personali, pertanto, chiedeva al Tribunale di Vicenza il risarcimento dei danni nei confronti dei convenuti; si costituiva l’assicuratore deducendo che il sinistro era avvenuto per colpa prevalente dell’attrice che provenendo dalla corsia di emergenza si era immessa, senza alcuna segnalazione, su quella di pertinenza della vettura Audi, contestava l’entità dei danni; gli altri convenuti restavano contumaci;

il Tribunale di Vicenza con sentenza del 16 gennaio 2008 condannava i convenuti al pagamento della somma di Euro 460.482,14 oltre Euro 191.923 per interessi, rilevando la responsabilità esclusiva del conducente dell’autovettura Audi e la congruità delle valutazioni operate in sede di rinnovata consulenza di ufficio con applicazione delle tabelle in uso presso il Tribunale di Vicenza, con aumento del cd. punto biologico nella misura del 40% considerata l’incidenza dei postumi sulla attività di casalinga;

con atto di citazione dell’11 aprile 2008 l’assicuratore proponeva appello chiedendo dichiararsi estinto l’obbligo risarcitorio a seguito della compensazione della somma di Euro 150.000 precedentemente versata; in via subordinata chiedeva la riduzione della liquidazione del danno. Si costituiva la danneggiata resistendo al gravame, mentre restavano contumaci le altre parti;

la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza del 13 agosto 2014 confermava l’impugnata sentenza condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Z.M.C. affidandosi a tre motivi illustrati da memorie ex art. 380 bis c.p.c., le altre parti non svolgono attività difensiva in questa sede.

CONSIDERATO

che:

la motivazione viene redatta in forma semplificata in adempimento di quanto previsto dal decreto n. 136-2016 del Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, non avendo il presente provvedimento alcun valore nomofilattico;

con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per la mancata applicazione delle tabelle di Milano, quale vizio di motivazione o quale violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.pc.., n. 3, deducendo che contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale che aveva esaminato la questione rilevandone la novità, la richiesta di risarcimento dei danni sulla base delle tabelle in uso presso il Tribunale di Milano era stata formulata dall’attrice, sin dall’atto di citazione, come risulta dal verbale di precisazione delle conclusioni del 12 ottobre 2007. Inoltre, in veste di appellata, la odierna ricorrente aveva riproposto la questione nella comparsa di costituzione ed in sede di precisazione delle conclusioni; in considerazione della vocazione nazionale l’uso delle tabelle del Tribunale di Milano avrebbe garantito l’uniformità di valutazione e la personalizzazione del ristoro;

con il secondo motivo lamenta l’omessa o contraddittoria motivazione riguardo al rigetto della segnalazione di errore di calcolo da parte del Tribunale di Vicenza, si tratterebbe di un errore materiale cui era incorso il primo giudice in sede di stesura dei calcoli di devalutazione e rivalutazione monetaria che la Corte territoriale non è riuscita a comprendere (“non è dato capire in cosa consiste l’asserito errore materiale”);

con il terzo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 3, l’erronea applicazione da parte del giudice del criterio di liquidazione del danno ai sensi dell’art. 1226 c.c., per non avere lo stesso attualizzato il pregiudizio fino al momento della pronunzia della sentenza; Ca ricorrente lamenta che “nulla è indicato a sostegno di una variante del valore del punto applicato in precedenza dal Tribunale di Vicenza”;

preliminarmente va rilevato che la ricorrente ha depositato la richiesta di duplicato dell’avviso di deposito della notifica inviata a Grupama Assicurazione che assume di avere spedito il 10 marzo 2015; della memoria ex art. 380 bis c.p.c. fa presente che l’avviso di ricevimento della notifica che si sarebbe perfezionata nei confronti di Grupama non è pervenuto; infine, non è dedotta la notifica a L. (conducente) e Halina srl, nelle more fallita, quale proprietaria del veicolo;

conseguentemente deve prendersi atto che il ricorso non è stato notificato ai litisconsorti (proprietario e conducente del veicolo antagonista) e non è provata la notifica nei confronti dell’unico soggetto intimato (assicuratore); pertanto il ricorso è inammissibile, non essendo possibile disporre la integrazione del contraddittorio (in questi termini, Cass. 27.10.2017 n. 25552 e Cass. 31.10.2017 n. 25912) in difetto di prova della notifica del ricorso ad almeno una delle parti; sotto tale profilo non rileva l’esibizione della richiesta di duplicato dell’avviso di deposito poichè parte ricorrente non ha richiesto il rinvio dell’udienza e, entro la data dell’udienza camerale, non ha depositato la cartolina attestante l’avvenuta notifica;

in ogni caso sono inammissibili i singoli motivi di ricorso, il primo, è inammissibile attesa la novità della doglianza, poichè parte ricorrente non ha impugnato la sentenza del Tribunale che ha determinato il risarcimento del danno sulla base delle tabelle in uso presso il Tribunale di Vicenza, per cui la questione non può essere proposta per la prima volta in cassazione;

il secondo motivo è inammissibile poichè si fonda sulla sussistenza di un errore materiale derivante, sostanzialmente da un problema di calcolo; trova applicazione il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione volto a censurare l’impugnata sentenza per l’errore “consistito nel non aver considerato, ai fini del calcolo del residuo compenso dovuto dal cliente ad un avvocato, l’esatto ammontare della somma versata a titolo di acconto non avendone detratto gli importi spettanti a titolo di i.v.a. e c.a.p., trattandosi di errore materiale e non di giudizio, come tale rimediabile non in sede di legittimità, ma con il procedimento di correzione a norma degli artt. 287 e segg. cod. proc. civ.” (Sez. 2, Sentenza n. 28712 del 30/12/2013, Rv. 629237 – 01);

in ogni caso, la censura esula dal perimetro dell’art. 360 c.p.c., n. 5 non riferendosi ad un fatto storico come definito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 22.9.2014 n. 19881);

il terzo motivo è inammissibile per quanto già dedotto con riferimento alla prima censura ed è oltremodo generico poichè, deducendo la violazione di legge, non consente di individuare il ragionamento del giudice di appello censurabile, mediante una specifica e doverosa indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie astratta applicabile alla vicenda processuale; inoltre, parte ricorrente non ha allegato di avere sottoposto la questione al giudice di appello ovvero di avere censurato il meccanismo utilizzato dal Tribunale, ed oggi ritenuto inadeguato;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; nulla va disposto riguardo alle spese del presente giudizio di cassazione per le ragioni espresse in premessa riguardo alla posizione delle controparti; infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione, il 15 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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