Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.25161 del 11/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2225-2017 proposto da:

Z.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 78, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DI PRETORO, rappresentata e difeso dall’avvocato FRANCESCO DODARO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BRITISH AMERICAN TOBACCO BAT ITALIA SPA;

– intimata –

Nonchè da:

BRITISH AMERICAN TOBACCO BAT ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA VENEZIA N 11, presso lo studio dell’avvocato ANDREA ATTERITANO, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCA ROLLA giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

Z.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1072/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 25/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2018 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

FATTI DI CAUSA

1. L’esposizione dei fatti processuali sarà limitata alle sole circostanze ancora rilevanti in questa sede.

Nel 2008 Z.C. convenne dinanzi al Tribunale di Catanzaro la società British American Tobacco – BAT Italia s.p.a. (d’ora innanzi, per brevità, “la BAT”), esponendo che:

-) il proprio marito, P.L., era deceduto nel ***** a causa di un tumore alla laringe;

-) il tumore, diagnosticato nel *****, era stato causato dal fumo di sigaretta, essendo la vittima un fumatore;

-) della morte del proprio marito doveva rispondere la società convenuta, nella sua veste di successore dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, che all’epoca dei fatti produceva e commercializzata le sigarette consumate dal proprio coniuge.

Concluse pertanto chiedendo la condanna della convenuta al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dei fatti suddetti.

2. La BAT si costituì negando la propria responsabilità.

Con sentenza 8 febbraio 2011 n. 411 il Tribunale di Catanzaro rigettò la domanda, ritenendo che il danno fosse ascrivibile esclusivamente alla condotta negligente della vittima, la quale – come affermato dalla stessa attrice – sin da giovane età era solita fumare fino a due pacchetti di sigarette al giorno.

3. La sentenza venne appellata dalla soccombente.

Con sentenza 25 giugno 2016 n. 1072 la Corte d’appello di Catanzaro rigettò il gravame.

Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello ritenne che la condotta del fumatore, gravemente negligente per essersi esposto volontariamente ai rischi dell’abuso di nicotina, costituiva un “fattore di interruzione del nesso causale tra il comportamento del produttore delle sigarette del danno da fumo”; soggiunse poi, con autonoma ratio decidendi, che in ogni caso non era ravvisabile alcuna condotta colposa in capo alla società convenuta ed ai suoi danti causa.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da Z.C., con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria.

La BAT Italia ha resistito con controricorso illustrato da memoria e proposto ricorso incidentale condizionato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo la ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che la malattia e la morte di P.L. fossero state il frutto di una sua libera e volontaria scelta. Sostiene che la libera determinazione dei consumatori di sigarette è “influenzata e compressa” dalla dipendenza psicofisica provocata dalla nicotina; che in presenza di una dipendenza da fumo non si può parlare pertanto di libera scelta; che in ogni caso la condotta della vittima poteva al massimo assurgere al rango di concausa, ma non di causa esclusiva della malattia e della morte; che non era possibile sostenere che un minor uso di sigarette da parte della vittima avrebbe evitato la malattia; che nel contesto socioculturale in cui la vittima visse la sua giovinezza, era considerato del tutto normale fumare fino a due pacchetti di sigarette al giorno.

Per tali ragioni, conclude la ricorrente, “la sentenza impugnata denota una motivazione omessa o insufficiente ed anche contraddittoria nell’avere considerato sussistenti i presupposti dell’art. 1227 c.c. e art. 41 c.p., comma 2, escludendo totalmente il nesso di causa ed il concorso colposo della convenuta”.

1.2. Il motivo è inammissibile.

Per un verso, infatti, esso censura la “contraddittorietà ed illogicità” della motivazione, le quali a partire dall’11.9.2012 non costituiscono più motivo di ricorso per cassazione, per effetto della riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (salvo il caso, qui non ricorrente, di motivazione totalmente mancante sinanche come segno grafico, ovvero totalmente incomprensibile: così Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830); dall’altro lato il motivo censura un apprezzamento di fatto, qual è l’accertamento della sussistenza della sussistenza o della insussistenza del nesso di causa, come già ritenuto – in fattispecie analoga – da questa Corte con la sentenza pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 11272 del 10/05/2018.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo la ricorrente lamenta la “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi”.

Nonostante tale intitolazione, l’illustrazione del motivo nella sostanza censura la sentenza di merito nella parte in cui ha ritenuto insussistente, ai sensi dell’art. 2043 c.c., il nesso di causa tra la condotta della società convenuta e dei suoi danti causa) e la morte di P.L..

Lamenta, in particolare, l’erroneità della decisione di escludere il nesso di causa tra l’omessa informazione sui rischi del fumo, e la morte della vittima.

Deduce che, se il consumatore di sigarette ha il dovere di astenersi, in ossequio al principio di autoresponsabilità, da un uso del tabacco smodato e nocivo per la propria salute, anche il produttore di sigarette ha il dovere di informare il consumatore sui rischi derivanti dall’abuso del fumo; che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che lo sviluppo di un tumore alla laringe costituisca di per sè indice di un uso smodato di sigarette; che la storia familiare della vittima era negativa per malattie tumorali, il che di per sè dimostrava l’incidenza causale del fumo nello sviluppo del tumore alla laringe; che, infine, era erronea la statuizione della Corte d’appello secondo cui, se il produttore di sigarette avesse informato il consumatore sui rischi del fumo, non era possibile affermare con quasi assoluta certezza che l’evento non si sarebbe verificato.

2.2. Il motivo è inammissibile, perchè privo del requisito della decisività.

La Corte d’appello ha infatti escluso la responsabilità ex art. 2043 c.c. del produttore di sigarette sia per difetto del nesso di causa, sia per difetto di prova della colpa (così la sentenza, p. 14, secondo capoverso).

Il motivo censura soltanto la prima statuizione, e nulla osserva in merito alla seconda: sicchè l’accoglimento di esso non potrebbe mai condurre alla cassazione della sentenza, perchè la seconda ratio decidendi sarebbe di per sè sufficiente a sorreggere la motivazione del provvedimento impugnato.

Non sarà superfluo aggiungere, in ogni caso, che come già detto l’accertamento del nesso di causa costituisce oggetto di un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo la ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza di merito nella parte in cui ha ritenuto incidentalmente che il termine di prescrizione applicabile al caso di specie dovesse essere quello quinquennale di cui all’art. 2947 c.c.. Sostiene che nel caso di specie si sarebbe dovuto applicare il più lungo termine di prescrizione prevista per il reato.

3.2. Il motivo è manifestamente inammissibile, dal momento che la sentenza impugnata non si è affatto occupata della questione della prescrizione e del termine applicabile, perchè ritenuta assorbita.

3.3. Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito dal rigetto del ricorso principale.

4. Le spese.

4.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

4.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna Z.C. alla rifusione in favore di British American Tobacco BAT Italia s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Z.C. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 22 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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