Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.25163 del 11/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4625/2015 R.G. proposto da:

MINISTERO POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ope legis presso gli uffici di quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Banca nazionale del Lavoro s.p.a, in persona del rappresentante legale pro tempore rappresentata e difeso dall’Avv. Antonio Nuzzo, con domicilio eletto in Roma, via XXIV maggio, n. 43, presso lo studio dell’Avv. Carlo Alberto Giovanardi;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, n. 5871/14, depositata il 26 settembre 2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 luglio 2018 dal Consigliere Marilena Gorgoni.

FATTI DI CAUSA

Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali propone ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo – illustrato da memorie – avverso la decisione della Corte di Appello di Roma, n. 5871/2014, pubblicata il 26.9.2014 e notificata il 18.12.2014, con cui veniva rigettato il gravame avverso la decisione del Tribunale di Roma, n. 16480/2010, che respingeva l’opposizione al decreto, n. 28330/07, con cui all’attuale ricorrente veniva ingiunto di pagare alla Banca nazionale del lavoro s.p.a. la somma di Euro 4.058.153,42, per effetto del D.L. n. 237 del 1993, art. 1 convertito nella L. n. 237 del 1993, ai sensi del quale “le garanzie concesse, prima dell’entrata in vigore del presente decreto, da soci di cooperative agricole a favore delle cooperative stesse, di cui sia stata accertata l’insolvenza, sono assunte a carico del bilancio dello Stato”.

Era avvenuto che la società cooperativa Agricola Torremaggiore, destinataria di un finanziamento agricolo, fosse fallita con conseguente richiesta della banca beneficiaria, l’attuale resistente, di escussione delle garanzie fideiussorie. Gli intimati avevano fatto istanza di ammissione al beneficio di cui alla L. n. 23 del 1993. Nonostante l’accoglimento di detta istanza l’amministrazione non aveva provveduto a dare esecuzione all’accollo delle loro garanzie fideiussorie e la banca creditrice aveva, di conseguenza, ottenuto nei confronti del Ministero decreto ingiuntivo per la somma ammessa al passivo fallimentare.

Resiste con controricorso la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. che si avvale della facoltà di depositare memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il Ministero ricorrente lamenta la violazione del D.L. n. 149 del 1993, art. 1, comma 1 bis come modificato dalla L. n. 237 del 1993, della L.n. 338 del 2000, art. 126, del D.M. 2 febbraio 1994, D.M. 1 ottobre 1995 e D.M. 18 dicembre 1995.

1.1. La tesi del ricorrente è che la corte territoriale si sia allineata acriticamente ad un orientamento – confermato più volte dalla giurisprudenza di legittimità – favorevole a ritenere automatico l’accollo ex lege da parte dello Stato delle garanzie concesse da soci di cooperative agricole a favore delle cooperative stesse divenute insolventi; orientamento che sarebbe errato per le seguenti ragioni:

– l’accollo non è automatico, ma richiede un atto di intermediazione dell’amministrazione da adottarsi dopo complessa istruttoria, avente valore di accertamento costitutivo;

– tale atto non è stato assunto per comportamento inerte di alcuni soci della cooperativa Torremaggiore e della stessa BNL;

– la procedura istruttoria non si era conclusa e quindi non vi era stato alcun inadempimento.

1.2. In particolare, la non automaticità dell’accollo deriverebbe da un complesso iter analiticamente descritto nel ricorso, il quale prevedrebbe, dopo l’istanza di accollo, una prima attività istruttoria che termina con la predisposizione di una graduatoria degli aventi diritto all’accollo, senza indicazione della somma accollata; una seconda attività istruttoria volta a verificare la permanenza dell’entità del credito garantito, la non appartenenza del richiedente ad un’organizzazione criminale, la sua irresponsabilità nel verificarsi dello stato di insolvenza, la disponibilità della banca creditrice a liberare i garanti a fronte del pagamento da parte dello Stato dell’importo determinato per legge.

1.3. Nella fattispecie concreta, ad avviso del ricorrente, per causa di un comportamento inerte della BNL, che non aveva precisato l’effettivo ammontare del credito vantato nei confronti dei fideiussori, e di taluni fideiussori, che non avrebbero presentato la documentazione richiesta in merito al possesso dei requisiti soggettivi necessari per essere ammessi a godere del beneficio, il Ministero era stato nell’impossibilità di liberare i fideiussori aventi diritto.

2. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c..

2.1. Il ricorrente non ha fornito a questa corte argomenti per discostarsi dall’orientamento consolidato di legittimità, i cui punti fermi sono di seguito riassunti:

– la normativa distingue l’assunzione dell’accollo dal pagamento: “il disposto della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 126,comma 3… non parla di pagamento da parte dello Stato, ma di intervento dello stesso, specificamente connotandolo, attraverso il richiamo al D.L. n. 149 del 1993, art. 1, comma 1 bis, in termini di mera assunzione del debito. A ciò aggiungasi che il successivo comma 3-bis, facendo salvo il diritto dello Stato di ripetere quanto corrisposto a seguito dell’intervento, nei confronti dei soci che non avevano titolo a beneficiare dell’intervento o che avevano comunque contribuito alla insolvenza della cooperativa, rimarca, ancora una volta, la differenza tra corresponsione del dovuto ai creditori e accollo del debito” (in termini Cass. 19/02/2013, n. 4014); – l’accollo si verifica all’atto dell’inserimento degli aventi diritto nell’elenco di cui all’allegato ai D.M. 2 ottobre 1995 e D.M. 18 dicembre 1995: “l’estinzione di tali garanzie a seguito dell’assunzione a carico del bilancio statale delle garanzie prestate dai soci di cooperative agricole in favore delle cooperative stesse, ai sensi della L. n. 237 del 1993, art. 1, costituisce… un vero e proprio diritto soggettivo dei soci medesimi, che non può essere sottoposto a limitazioni di sorta (cfr. Cass. 4014/2013, cit.; Cass. 22/04/2013, n. 9670; Cass. 18/12/2013 n. 28225; Cass. 26/10/2015, n. 21713); tale assunzione delle obbligazioni di garanzia, e, correlativamente, la facoltà dei creditori di reclamare l’adempimento da parte dello Stato si verificano ope legis, nel concorso dei requisiti fissati dalla norma (con riferimento alla data degli impegni fideiussori, alle qualità dei garanti, alla qualità ed alle situazioni delle debitrici garantite), e, dunque, si determinano sulla scorta di un apprezzamento dell’opportunità dell’intervento pubblico direttamente effettuato dalla norma medesima, senza la previsione di alcun atto di tipo concessorio, con cui la pubblica amministrazione, oltre al controllo circa la sussistenza di quei requisiti, sia chiamata a valutazioni di carattere discrezionale” (Cass. sez. un. 28/07/2004, n. 14346);

– l’effetto esdebitativo avviene prima e indipendentemente dal pagamento: “esso è… pacificamente sancito dal D.M. Risorse Agricole e Forestali 2 febbraio 1994 e D.M. Risorse Agricole e Forestali 2 gennaio 1995 di attuazione della norma” (Cass. 19/02/2013, n. 4014); “l’assunzione delle obbligazioni di garanzia e correlativamente la facoltà dei debitori di reclamare l’adempimento da parte dello Stato, si verificano ope legis nel concorso dei requisiti fissati dalla norma (con riferimento alla data degli impegni fideiussori, alle qualità dei garanti, alla qualità ed alle situazioni delle debitrici garantite) e, dunque, si determinano sulla scorta di un apprezzamento dell’opportunità dell’intervento pubblico direttamente effettuato dalla norma medesima, senza la previsione di alcun atto di tipo concessorio”; “l’assunzione a carico del bilancio dello Stato delle garanzie prestate dai soci di cooperative agricole in favore delle stesse, ai sensi del D.L. 20 maggio 1993, n. 149, art. 1, comma 1 bis, determina una successione per factum principis nel rapporto di garanzia, per effetto della quale lo Stato diviene, per finalità sociali, costituzionalmente garantite (art. 45 Cost.), l’unico soggetto obbligato al pagamento dei debiti, con conseguente liberazione degli originari garanti, che perciò perdono tale qualità (Cass. 4014/2013, cit.), come espressamente disposto dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 126, comma 3, e sospensione delle procedure esecutive eventualmente avviate nei loro confronti (art. 126, comma 4, precitato)” (Cass. 20/02/2014), n. 4062); “per quanto concerne l’assunzione delle garanzie fideiussorie in questione da parte dello Stato, l’estinzione di tali garanzie a seguito dell’assunzione a carico del bilancio statale delle garanzie prestate dai soci di cooperative agricole in favore delle cooperative stesse, ai sensi della L. n. 237 del 1993, art. 1, costituisce… un vero e proprio diritto soggettivo dei soci medesimi, che non può essere sottoposto a limitazioni di sorta (cfr. Cass. n. 4014/2013, cit.; Cass. n. 21713/2015, cit.); l'”assunzione, da parte dello Stato, delle garanzie prestate dai soci di cooperative agricole in favore delle cooperative stesse, di cui sia stata previamente accertata l’insolvenza, prevista dal D.L. 20 maggio 1993, n. 149, art. 1, comma 1 bis (convertito, con modificazioni, nella L. 19 luglio 1993, n. 237), ha avuto per effetto la liberazione dei garanti nei confronti dei terzi creditori, a nulla rilevando che tale effetto liberatorio fosse espressamente previsto soltanto nei decreti attuativi della suddetta legge (D.M. 2 febbraio 1994 e D.M. 2 gennaio 1995), giacchè esso era comunque desumibile, in via di interpretazione, dalla finalità della legge. Ne consegue che, per effetto della suddetta liberazione, il creditore del socio garante non è più legittimato ad agire nei confronti di quest’ultimo, il quale ha perduto la qualità di debitore” (Cass. 20/04/2017, n. 9959);

– ai fini dell’accollo è irrilevante l’adesione del creditore: “l’accollo a carico dello Stato delle garanzie prestate dai soci a favore di cooperative agricole determina – per ciò solo, e senza che sia necessaria l’adesione del creditore, in deroga al disposto dell’art. 1273 c.c. – la liberazione di questi ultimi (Cass. n. 21713/2015, cit.), stante che l’accollo avviene per finalità sociali, costituzionalmente garantite (art. 45 Cost.) (Cass. n. 4014/2013, cit.);

– ad accollo avvenuto, l’accollante può agire in regresso nei confronti di soggetti liberati senza averne diritto, cioè i fideiussori non soci della cooperativa, i fideiussori soci che con dolo abbiano causato l’insolvenza o che abbiano precedenti penali: “l’esito negativo dei controlli amministrativi riapre sì la partita, ma solo tra lo Stato e il garante immeritevole del beneficio, nei cui confronti il primo può ripete quanto corrisposto a seguito dell’intervento” (Cass. 17/07/2014, n. 16407)”;

– la PA non gode di margini di discrezionalità in ordine al subentro ex lege nel rapporto di garanzia: “profili di discrezionalità amministrativa non sono desumibili dal limite di stanziamento in bilancio e dalla connessa possibilità d’inadeguatezza del relativo ammontare rispetto alla complessiva entità delle garanzie ammesse al beneficio, tenendosi conto che tale eventualità, in assenza di espresse disposizioni che pongano condizioni al beneficio medesimo ovvero affidino all’autorità amministrativa il compito di operare graduatorie o scelte (previa fissazione dei criteri), rimane sul piano dell’impedimento all’esazione dei crediti verso lo Stato, senza incidere sull’insorgenza e persistenza di essi” (Cass. sez. un. 28/07/2004, n. 14346).

2.2. Tanto premesso, si può concludere che l’assunzione del debito è avvenuta all’atto dell’inserimento dei fideiussori nell’elenco allegato al D.M. 2 ottobre 1995 e D.M. 18 dicembre 1995, n. 321 e D.M. 18 dicembre 1995, n. 322. In quel momento – e non in quello che chiude la seconda fase istruttoria – è sorto il diritto soggettivo alla liberazione dei debitori originari, senza il consenso del creditore – in questo caso la BNL – con subingresso dello Stato nel rapporto di garanzia, a prescindere dall’accertamento in ordine alla ricorrenza dei requisiti soggettivi – essere soci e non solo fideiussori delle cooperative agricole, non avere cagionato lo stato di insolvenza, non avere procedimenti penali in corso – ed oggettivi determinazione delle somme accollate, verifica della sufficienza dello stanziamento -.

2.3. Pertanto, sono prive di pregio le deduzioni del ricorrente quanto:

– alla necessità di subordinare ad un accertamento di carattere costitutivo, rinviato all’esito di una seconda fase istruttoria (successiva a quella conclusasi con l’inserimento dei richiedenti nell’elenco ministeriale richiamato), il pagamento delle somme accollate: necessità fondata sulla differenza tra teorica ammissibilità al beneficio (coincidente con l’inserimento nell’elenco) e ammissione all’accollo (coincidente con l’esito positivo della seconda fase istruttoria) nonchè sul fatto che l’elenco non indica “l’ammontare dei crediti e non si vede come possa parlarsi di atto costitutivo dell’accollo quando in esso non sono precisati elementi essenziali dei crediti accollati” (p. 39 del ricorso);

– alle conseguenze in ordine alla differenza tra assunzione dell’obbligo altrui ed atto di liquidazione e pagamento.

2.4. A tal ultimo riguardo è sufficiente ricordare che l’assunzione della garanzia fideiussoria da parte dello Stato integra gli estremi dell’accollo ex lege del debito degli accollati e non quelli dell’adempimento del terzo, il quale, a differenza del primo, richiede che il soggetto diverso dal debitore effettui concretamente il pagamento di quanto dovuto dal debitore o esegua la diversa prestazione dedotta in obbligazione. Solo l’adempimento offerto dal terzo è richiesto che sia specifico e conforme all’obbligazione del debitore, non potendo esso risolversi in una generica disponibilità ad adempiere e ad adempiere una non precisata prestazione, richiedendosi un atto materiale di esecuzione della prestazione e non l’assunzione di un mero obbligo concernente la futura esecuzione della prestazione (Cass. 9/11/2011, n. 23354). L’accollo, invece, non ha i caratteri di una fattispecie complessa comprendente, ai fini del suo perfezionamento, oltre all’assunzione dell’altrui obbligazione anche la fase esecutiva, cioè la diretta esecuzione della prestazione in favore del creditore. E’, dunque, ravvisabile una scissione tra il momento in cui l’obbligazione altrui viene assunta e quella in cui viene eseguita. Tale scissione non esclude neppure la possibilità che al momento dell’assunzione dell’obbligo altrui esso non sia determinato, atteso che la giurisprudenza ammette che l’accollo possa avere persino ad oggetto un debito futuro (Cass. 21/04/2016, n. 8090; Cass. 23/09/1994, n. 7831).

2.5. Cade, in tal modo, anche il pregio dell’argomento secondo cui al momento dell’inserimento nell’elenco dei beneficiari non era ancora determinato l’ammontare del debito accollato, non costituendo la determinatezza del debito accollato una condizione ostativa alla sua assunzione.

2.6. L’atto di intermediazione cui allude ripetutamente il ricorrente è strumentale, dunque, alla fase esecutiva dell’accollo e non a quella costitutiva.

2.7. Se ne conclude che l’accollo si era perfezionato al momento dell’inserimento dei richiedenti nell’elenco ministeriale.

2.8. Tale conclusione impone di considerare da una prospettiva diversa l’eccezione secondo cui l’accollo non potè perfezionarsi per causa dell’inerzia della banca creditrice e di alcuni fideiussori.

2.9. Ferma restando la premessa che l’accollo si era perfezionato, è, tuttavia, vero che ai fini della sua esecuzione era necessario che il debito altrui assunto fosse determinato in ordine all’an ed al quantum.

2.10. A tal proposito va distinta la posizione della banca creditrice da quella degli accollati. Quanto a questi ultimi la giurisprudenza di questa corte, da cui, si ribadisce, non sono emerse ragioni per discostarsi, riconosce allo Stato un’azione di regresso nei confronti dei soggetti liberati senza averne avuto il diritto.

2.11. Pertanto, ai fini dell’esercizio dell’azione di regresso – e non già in questa fase della controversia – l’amministrazione ricorrente potrà, previo accertamento negativo del diritto al beneficio goduto, chiedere la restituzione delle somme erogate ai non aventi diritto.

2.12. Quanto alla Banca creditrice, invece, non è questione di ottenerne la disponibilità a liberare i fideiussori – come si è ricordato, questa Corte ritiene che, trattandosi di un accollo ex lege, la volontà del creditore sia irrilevante ma di ottenerne la cooperazione al fine di accertare l’an ed il quantum del debito accollato.

2.13. Ora, l’amministrazione ricorrente lamenta (esclusivamente) l’incertezza in ordine al quantum, avendo rinunciato a riproporre in sede di legittimità l’eccezione di prescrizione, già rigettata nei due precedenti gradi di giudizio.

2.14. L’indeterminatezza risulterebbe dalle seguenti circostanze (pp. 42 e 43 del ricorso): la richiesta della banca era di Euro 7.569.937,90, il credito iscritto al passivo fallimentare è di Euro 4.058.153,42, la banca aveva restituito alla Regione Puglia Euro 2136.975,37 erogati a titolo di contributo sugli interessi relativi ai finanziamenti concessi alla società cooperativa Agricola Torremaggiore: somma quest’ultima che dimostrerebbe che il credito preteso dalla banca comprendeva anche le somme già acquisite quali contributi per rate di mutuo scadute prima della dichiarazione di fallimento e poi erroneamente restituite dalla baca alla Regione (p. 23 del ricorso).

2.15. Anche sotto questo profilo il motivo risulta inammissibile.

2.16. In primo luogo, con grande difficoltà la contestazione dell’ammontare del debito accollato può essere dedotta con il vizio cassatorio sottoposto allo scrutinio di questa corte. E’ vero che il Ministero vuole dimostrare che l’accollo non poteva aver avuto luogo prima della determinazione del debito accollato, tuttavia, nella prospettazione del motivo non si limita ad argomentare in ordine al mancato espletamento della seconda fase istruttoria, ma contiene una contestazione specifica ed articolata, seppure non del tutto chiara, circa il quantum debeatur.

2.17. Ebbene, non risulta che l’amministrazione ricorrente abbia contestato la somma risultante dall’ammissione al passivo della BNL; tantomeno risulta che abbia lamentato la restituzione da parte della BNL per errore di una somma maggiore di quella dovuta alla Regione Puglia. Nè la ricorrente ha trascritto il motivo di appello onde permettere a questa corte di avere una cognizione piena delle questioni sottoposte al giudice del gravame.

3. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto che, pur sussistendo i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, l’obbligo di pagamento del contributo unificato non va disposto in ragione della natura pubblica del Ministero ricorrente.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il Ministero ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 10.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Data la natura pubblica del ricorrente l’obbligo di pagamento del contributo unificato non va disposto.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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