Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.25170 del 11/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 24241 del ruolo generale dell’anno 2016, proposto da:

GERACE S.r.l., (C.F.: *****), in persona dell’amministratore, legale rappresentante pro tempore, W.G.M.H.

rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato Gian Guido Porcacchia (C.F.: PRC GGD 39C10 H5010);

– ricorrente –

nei confronti di:

SOCIETA’ PER LA GESTIONE DI ATTIVITA’ – S.G.A. S.p.A., (C.F.:

*****), in persona del rappresentante per procura S.F. rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’avvocato Giorgio Riccardo Boiardi (C.F.: BRD GGR 47C10 F205E);

– controricorrente –

e SEPI S.r.l. (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore;

EQUITALIA SUD S.p.A. (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore;

M.P. (C.F.: non indicato);

B.G. (C.F.: non indicato);

– intimati –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 2788/2016, pubblicata in data 27 luglio 2016;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 13 luglio 2018 dal consigliere Augusto Tatangelo;

uditi:

l’avvocato Maurizio Mariano, per delega dell’avvocato Gian Guido Porcacchia per la società ricorrente;

l’avvocato Carlo Alfredo Rotili, per delega dell’avvocato Giorgio Riccardo Boiardi, per la società controricorrente;

il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento dei primi due motivi del ricorso, assorbiti gli altri.

FATTI DI CAUSA

La S.G.A. S.p.A. ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, nel corso di un procedimento di espropriazione immobiliare da essa promosso nei confronti di Gerace S.r.l. (e nel quale erano intervenuti i creditori SEPI S.r.l., Equitalia Polis S.p.A., Equitalia Gerit S.p.A., M.P. e B.G.), ha rigettato l’istanza di vendita e dichiarato improcedibile l’esecuzione in relazione ad alcuni dei beni pignorati.

L’opposizione è stata accolta dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Ricorre la Gerace S.r.l., sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso S.G.A. S.p.A..

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.

La società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione delle disposizioni in materia di competenza funzionale del Giudice della Esecuzione; artt. 617 e 618 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2”.

Con il secondo motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione degli artt. 617 e 618 c.p.c., artt. 186 bis disp. att. c.p.c., e art. 624, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

I primi due motivi del ricorso sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono fondati, per quanto di ragione.

Come emerge pacificamente dagli atti, l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione (con la quale era stata dichiarata improcedibile l’esecuzione in relazione ad alcuni dei beni pignorati) è stata avanzata direttamente in sede di merito, al giudice della cognizione – peraltro con ricorso e non con atto di citazione – senza il preventivo svolgimento della fase sommaria davanti allo stesso giudice dell’esecuzione prevista dall’art. 617 c.p.c., comma 2, e art. 618 c.p.c..

L’irregolarità è stata eccepita dalla società opposta, ma il giudice del merito ha respinto l’eccezione, affermando che la fase preliminare sommaria davanti al giudice dell’esecuzione prevista dall’art. 617 c.p.c., comma 2, e art. 618 c.p.c., non è indefettibile ma è sostanzialmente prevista nell’interesse della sola parte opponente, onde consentire a quest’ultima di richiedere al giudice dell’esecuzione l’emissione di provvedimenti cautelari, con la conseguenza che, laddove l’opponente non intenda avanzare tali richieste, essa potrebbe anche non avere luogo, e la stessa parte opponente sarebbe pertanto libera di instaurare direttamente la fase di merito dell’opposizione, davanti al giudice competente per valore e per materia, senza preventivamente instaurare il contraddittorio con le altre parti davanti al giudice dell’esecuzione.

Tale assunto non può essere condiviso.

1.1 Inderogabilità della fase preliminare sommaria delle opposizioni esecutive successive all’inizio dell’esecuzione.

Lo svolgimento della preliminare fase sommaria del giudizio di opposizione davanti al giudice dell’esecuzione, espressamente prevista dalla attuale formulazione dall’art. 615, comma 2 (per l’opposizione all’esecuzione), e dall’art. 617, comma 2, e art. 618 (per l’opposizione agli atti esecutivi), nonchè dall’art. 619 c.p.c., (per l’opposizione di terzo all’esecuzione) non può essere ritenuta meramente facoltativa.

Anche laddove l’opponente non intenda richiedere provvedimenti cautelari ai sensi dell’art. 624 c.p.c., e/o dell’art. 618 c.p.c., resta comunque ferma l’esigenza che l’opposizione stessa sia introdotta con ricorso rivolto al giudice dell’esecuzione (da depositarsi quindi agli atti del fascicolo dell’esecuzione) e che il contraddittorio sulla relativa domanda si svolga preventivamente nell’ambito del processo esecutivo, prima della instaurazione del giudizio di merito in sede di cognizione ordinaria davanti al giudice competente per materia e per valore, secondo il rito applicabile in relazione all’oggetto del contendere, nel termine perentorio all’uopo assegnato dal giudice dell’esecuzione.

La struttura cd. bifasica della fase introduttiva delle opposizioni esecutive è infatti prevista dalla legge in funzione di una pluralità di esigenze, non riconducibili al solo interesse della parte opponente ma anche (e soprattutto) volte ad assicurare finalità di carattere pubblicistico e di tutela delle altre parti del processo esecutivo, nonchè del regolare andamento di quest’ultimo, esigenze che quindi non possono ritenersi derogabili e in definitiva rimesse alla volontà della sola parte opponente.

La previsione generalizzata di una preliminare fase sommaria dell’opposizione davanti al giudice dell’esecuzione ha in primo luogo lo scopo di garantire ed incentivare la possibilità che abbiano luogo i meccanismi processuali deflattivi espressamente previsti dalla legge, anche (ma non solo) in relazione alla eventuale sospensione cautelare del processo esecutivo, in modo che in ogni caso tanto la parte opponente quanto la parte opposta abbiano la possibilità di valutare se dare effettivamente corso alla fase di merito dell’opposizione, che il legislatore (con le riforme del 2006, che impongono a tal fine una sostanziale riassunzione del giudizio e la sua iscrizione nel ruolo degli affari contenziosi solo dopo la fase sommaria endoesecutiva) ha inteso rendere soltanto eventuale e possibilmente evitare, laddove non necessaria, favorendo nei limiti del possibile soluzioni interne al processo esecutivo (come del resto espressamente previsto dall’art. 619 c.p.c., comma 3, secondo un meccanismo peraltro ben possibile anche nelle atre tipologie di opposizione), per evidenti ragioni di economia processuale e di riduzione del contenzioso ordinario a cognizione piena.

L’indicata struttura bifasica, in quest’ottica, ha la finalità di assicurare che della proposizione di un’opposizione esecutiva sia immediatamente reso edotto il giudice dell’esecuzione, al quale è riservato dalla legge il preliminare esame della stessa, anche per consentirgli l’eventuale esercizio dei suoi poteri officiosi di verifica e controllo della regolarità di svolgimento dell’azione esecutiva, nonchè dei suoi poteri di direzione del procedimento, che potrebbero determinare l’emissione (anche di ufficio) di provvedimenti tali da rendere superfluo lo svolgimento del merito dell’opposizione (o comunque da indurre le parti a rinunciarvi e/o comunque a trovare un accordo), con evidenti effetti deflattivi sul contenzioso ordinario a cognizione piena.

Essa ha poi lo scopo di rendere possibile la conoscenza dell’avvenuta proposizione di un’opposizione a tutte le parti del processo esecutivo, anche se non direttamente interessate dall’opposizione stessa o se intervenute successivamente ad essa (anche quelle parti, quindi, che eventualmente non possano ritenersi litisconsorti nel giudizio di merito dell’opposizione), nonchè ad eventuali altri soggetti che abbiano un interesse di fatto in proposito (si pensi ai potenziali interessati all’acquisto dei beni pignorati; questi ultimi, in virtù del meccanismo di introduzione delle opposizioni esecutive previsto dalla legge, vengono messi in condizione di venire a conoscenza dell’avvenuta proposizione delle suddette opposizioni consultando il fascicolo dell’esecuzione; lo stesso custode dei beni pignorati viene posto in condizione di poter fornire loro la relativa informazione, restandone così favorita la complessiva efficienza del processo di espropriazione). Si tratta di soggetti il cui interesse ad avere diretta ed immediata conoscenza di tutte le vicende che potrebbero in qualche modo determinare l’inefficacia degli atti esecutivi ha un indubbio rilievo, anche pubblicistico, nell’ottica del vigente sistema normativo.

In particolare, poi, le indicate esigenze si pongono con speciale rilievo, e quindi risultano ancor più radicalmente inderogabili, per quanto riguarda l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., comma 2, dal momento che in tale ipotesi deve essere sempre consentita al giudice dell’esecuzione l’emissione (possibile anche di ufficio, a prescindere da un’espressa istanza delle parti) di eventuali provvedimenti urgenti e indilazionabili ai sensi dell’art. 618 c.p.c., commi 1 e 2.

Sotto un più ampio profilo sistematico, inoltre, si deve osservare che la stessa previsione dell’assegnazione da parte del giudice dell’esecuzione, all’esito della preliminare fase sommaria che si svolge davanti a lui, di un termine perentorio per l’instaurazione della fase di merito del giudizio di opposizione, non avrebbe alcun senso se dalla fase sommaria si potesse prescindere, a discrezione dell’opponente, laddove quest’ultimo non intendesse richiedere provvedimenti cautelari nell’ambito del processo esecutivo.

Al contrario, secondo la stessa costante giurisprudenza di questa Corte, sebbene il giudizio di opposizione debba ritenersi unico ed abbia inizio con il ricorso al giudice dell’esecuzione, l’eventuale tardiva instaurazione/riassunzione della fase di merito a cognizione piena dell’opposizione stessa determina l’improcedibilità della relativa azione (si tratta di una situazione in cui sostanzialmente si determina l’improseguibilità del giudizio a cognizione piena, ovvero, osservando il fenomeno sotto altra prospettiva, l’improponibilità della domanda di merito) e non semplicemente la caducazione degli eventuali provvedimenti cautelari emessi (che anzi, al contrario, laddove si tratti di provvedimenti di sospensione dell’esecuzione, si consoliderebbero al punto da determinare l’estinzione del processo esecutivo, in base al meccanismo di cui all’art. 624 c.p.c., comma 3, il quale prevede chiaramente tale possibile effetto estintivo come alternativa alla prosecuzione del giudizio di merito dell’opposizione). Altrettanto deve dirsi per l’ipotesi di omessa o tardiva notificazione dell’originario atto introduttivo della fase sommaria dell’opposizione nel termine perentorio assegnato dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2, e/o art. 618 c.p.c., comma 1, dal momento che in tale ipotesi, non potendo essere concesso un nuovo termine per la notifica dell’originario ricorso, stante la perentorietà del primo termine assegnato, dovrà essere eventualmente proposto un ulteriore ricorso, con tutte le conseguenze del caso (in particolare, l’azione di merito a cognizione piena eventualmente introdotta – nonostante l’omesso svolgimento della fase preliminare sommaria, per l’omessa, tardiva o irregolare instaurazione del contraddittorio in sede esecutiva non potrà che essere dichiarata a sua volta improponibile).

La conseguenza (che, come appena visto, emerge dal sistema) dell’improcedibilità della fase di merito a cognizione piena del giudizio di opposizione, nel caso in cui non siano correttamente osservate le modalità di introduzione e di prosecuzione del procedimento, secondo la struttura bifasica normativamente delineata, non può che condurre (a più forte ragione, determinandosi in caso contrario una evidente incoerenza sistematica) alla medesima conclusione anche nell’ipotesi in cui la fase sommaria dell’opposizione davanti al giudice dell’esecuzione sia addirittura del tutto omessa. Anche in tal caso, cioè, la fase di merito a cognizione piena del giudizio di opposizione sarà improcedibile (e quindi la relativa domanda improponibile), in quanto non preceduta e correttamente raccordata con la necessaria ed indefettibile preventiva fase a cognizione sommaria del medesimo giudizio davanti al giudice dell’esecuzione.

1.2 Conseguenze della proposizione di un atto di opposizione non conforme al modello legale.

Pare peraltro opportuno alla Corte effettuare alcune precisazioni.

Si è detto che la necessaria struttura bifasica dell’introduzione delle opposizioni esecutive, per come risulta delineata dall’attuale sistema normativo, costituisce una disciplina processuale non derogabile, in quanto volta a tutelare – oltre che gli interessi delle parti – anche esigenze pubblicistiche di ordinato svolgimento del processo esecutivo, di economia processuale e di deflazione dei giudizi contenziosi, mediante l’esercizio dei poteri (anche officiosi) riservati al giudice dell’esecuzione.

Ciò senz’altro comporta che non possa ritenersi procedibile l’opposizione introdotta in modo da non rispettare tale struttura bifasica: in tal caso non si potrà in nessun caso pervenire ad una valida decisione sul merito della domanda.

Occorre però chiedersi cosa accade laddove l’atto introduttivo dell’opposizione si discosti in parte dal modello formale imposto dalla legge.

Quest’ultimo modello prevede due distinti requisiti: a) la forma del ricorso; b) la proposizione di tale ricorso (non genericamente all’ufficio giudiziario competente, ma direttamente e specificamente) al giudice del processo esecutivo pendente, cioè – in altri termini – il deposito di esso agli atti del suddetto processo esecutivo, direttamente nel fascicolo dell’esecuzione, senza la sua iscrizione nel ruolo contenzioso ordinario, che è espressamente prevista dagli artt. 616 e 618 c.p.c., solo in relazione alla successiva, ma meramente eventuale, fase di merito a cognizione piena.

L’atto introduttivo dell’opposizione non rispetta quindi il modello legale se non si tratti di “ricorso al giudice dell’esecuzione”, cioè: a) se abbia una forma diversa dal ricorso; b) se la domanda giudiziale in esso contenuta non sia rivolta direttamente al giudice dell’esecuzione, ma genericamente all’ufficio giudiziario, o addirittura espressamente al giudice competente a decidere la fase di merito della opposizione stessa; c) se l’atto non venga depositato agli atti del fascicolo del processo esecutivo già pendente, ma venga iscritto direttamente nel ruolo contenzioso ordinario perchè sia formato un distinto fascicolo processuale (o se esso venga addirittura depositato in un fascicolo processuale esistente diverso da quello dell’esecuzione cui si riferisce, anche se ovviamente quest’ultima rappresenta in sostanza una ipotesi di scuola).

L’atto, nelle ipotesi indicate, presenta certamente un vizio formale che ne determina la nullità per la sua difformità dal modello legale, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2: non si tratta infatti di un atto idoneo a raggiungere il suo scopo.

Come ampiamente chiarito fin qui, lo scopo della previsione della particolare forma dell’atto introduttivo dell’opposizione esecutiva (ad esecuzione iniziata) è finalizzata a far sì che l’atto di opposizione venga immediatamente reso conoscibile al giudice dell’esecuzione (oltre che a tutte le parti del processo esecutivo pendente), in modo da consentire a quest’ultimo di valutarne il contenuto, di provvedere su eventuali richieste cautelari e, anche a prescindere da tali richieste, di valutare comunque l’eventuale adozione di ufficio di opportuni provvedimenti (cautelari e non) incidenti sul corso del processo di esecuzione, così rendendo solo eventuale la successiva instaurazione della fase di merito a cognizione piena dell’opposizione stessa.

Un atto che, per la sua difformità dal modello legale, non sia di per sè idoneo a pervenire all’esame del giudice dell’esecuzione – cioè una opposizione che non contenga un ricorso, o quanto meno una domanda giudiziale rivolta a quest’ultimo, ovvero che non sia depositata agli atti del fascicolo dell’esecuzione – non è idoneo a raggiungere lo scopo previsto dalla legge ed è pertanto senza alcun dubbio nullo ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2.

Tale nullità può però rimanere sanata, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3, laddove il predetto atto comunque abbia raggiunto il suo scopo, cioè laddove sia stato comunque tempestivamente trasmesso al giudice dell’esecuzione ed acquisito agli atti del fascicolo del processo esecutivo, su iniziativa dell’ufficio o su richiesta della stessa parte opponente, di modo che venga assicurato l’immediato svolgimento della fase preliminare sommaria dell’opposizione davanti al giudice dell’esecuzione.

Perchè sia raggiunto lo scopo indicato ed operi la sanatoria rispetto alla mera proposizione dell’opposizione, determinando il potere dovere del giudice dell’esecuzione di dar corso alla fase sommaria, è necessario e sufficiente che l’atto introduttivo difforme dal modello legale pervenga agli atti del fascicolo dell’esecuzione.

Altra questione è quella del momento in cui può ritenersi operante la sanatoria in questione, questione naturalmente rilevante per i casi in cui la proposizione dell’opposizione debba avvenire entro un determinato termine (il che accade sempre per l’opposizione agli atti esecutivi, ma potrebbe avere rilievo, in taluni casi, anche per l’opposizione all’esecuzione, in base all’attuale formulazione dell’art. 615 c.p.c., comma 2, nonchè per l’opposizione di terzo all’esecuzione, ai sensi dell’art. 620 c.p.c.).

Tale questione va risolta tenendo conto: a) del principio per cui la sanatoria per raggiungimento dello scopo dell’atto nullo, in quanto difforme dal modello legale, richiede che l’atto in questione risulti oggettivamente idoneo a soddisfare le esigenze in funzione delle quali la legge ha previsto una sua determinata forma; b) del principio per cui, nell’osservanza di termini perentori, la parte non può subire decadenze non derivanti da condotte ad essa stessa imputabili.

Contemperando gli indicati principi, sì giunge alle seguenti conclusioni.

In considerazione delle finalità per le quali la legge ha imposto il peculiare regime di introduzione delle opposizioni successive all’inizio dell’esecuzione (e cioè la forma del ricorso rivolto direttamente al giudice dell’esecuzione), la sanatoria per raggiungimento dello scopo dell’atto introduttivo che non rispetti il modello legale richiede che il giudice dell’esecuzione sia comunque effettivamente messo in condizione di esaminare l’atto di opposizione tempestivamente, in relazione alla natura e ai motivi dell’opposizione: poichè lo scopo della forma legale ha la finalità di consentire al giudice dell’esecuzione di valutare immediatamente il contenuto dell’opposizione, onde eventualmente adottare tempestivamente i provvedimenti di sua competenza relativi al successivo corso del processo esecutivo, i quali potrebbero determinare il venir meno dell’interesse delle parti di dar luogo alla fase di merito dell’opposizione, il mancato rispetto della forma dell’atto introduttivo imposta dalla legge, laddove impedisca al giudice dell’esecuzione di averne immediata conoscenza, è causa di nullità per inidoneità dell’atto al raggiungimento del suo scopo (ex art. 156 c.p.c., comma 2) e la sanatoria di tale nullità per raggiungimento dello scopo, ex art. 156 c.p.c., comma 3, richiede che oggettivamente e concretamente l’atto stesso pervenga di fatto nella sfera di conoscibilità del giudice dell’esecuzione, sia cioè inserito nel fascicolo dell’esecuzione, restando altrimenti di fatto comunque frustrata la finalità della previsione legislativa.

In particolare, poi, ciò è a dirsi per l’opposizione agli atti esecutivi, anche in considerazione dello sviluppo per fasi del processo di esecuzione: laddove sia contestata la regolarità formale di un atto di tale processo, è evidentemente necessario che il giudice dell’esecuzione ne sia reso edotto prima del compimento dell’atto successivo, per potere eventualmente adottare, anche di ufficio, i provvedimenti opportuni urgenti ed indilazionabili, ai sensi dell’art. 618 c.p.c., commi 1 e 2.

Basti pensare, ad esempio, all’ipotesi che, nell’imminenza di una vendita, venga proposta una opposizione agli atti esecutivi relativa alla regolarità dell’ordinanza che la aveva disposta; è evidente che tanto la previsione di un termine perentorio per l’opposizione, quanto la necessità che essa sia rivolta al giudice dell’esecuzione, sono disposizioni che hanno lo scopo di consentire al giudice dell’esecuzione di adottare, anche di ufficio, gli eventuali provvedimenti volti ad evitare lo svolgimento di attività processuali inutili e costose, che potrebbero anche determinare pregiudizi per i diritti di terzi o comunque incidere negativamente sul corretto svolgimento del processo esecutivo, oltre a rendere ineluttabile lo svolgimento della fase di merito dell’opposizione, che potrebbe invece essere evitata mediante una soluzione interna al processo esecutivo. Si pensi addirittura all’ipotesi in cui sia – come nella specie – dichiarata l’improcedibilità dell’esecuzione con la cancellazione della trascrizione del pignoramento. In tutti questi casi, la proposizione di una opposizione che, a causa di una difformità dell’atto introduttivo rispetto al modello legale, rimanga di fatto “ignota” al giudice dell’esecuzione, determina una serie di inconvenienti, anche gravi e anche potenzialmente incidenti sui diritti delle parti e dei terzi.

Non può del resto essere trascurato il fatto che la legge prevede uno stringente termine perentorio per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi, ed è chiaro che lo scopo di tale previsione non potrebbe ritenersi raggiunto, ma sarebbe al contrario vanificato, nel caso in cui si ritenesse che il relativo ricorso possa pervenire di fatto al giudice dell’esecuzione (a causa di un errore imputabile alla parte) solo a lunga distanza dalla scadenza del termine in questione.

In base a quanto sin qui osservato, dunque, la sanatoria dell’atto introduttivo di una opposizione esecutiva (successiva all’inizio dell’esecuzione) difforme dal modello legale dovrebbe poter operare, di regola, solo quando concretamente esso abbia raggiunto il suo scopo, cioè con effetti decorrenti dal momento in cui l’atto di opposizione pervenga di fatto nella sfera di conoscibilità del giudice dell’esecuzione, risultando materialmente inserito agli atti del fascicolo dell’esecuzione.

Poichè peraltro deve in proposito tenersi conto, come premesso, anche del principio di autoresponsabilità, le considerazioni che precedono richiedono ulteriori precisazioni, in relazione all’imputabilità o meno alla parte opponente dell’eventuale ritardo nell’inserimento dell’atto introduttivo dell’opposizione nel fascicolo dell’esecuzione.

E’ appena il caso di osservare in proposito che le eventuali decadenze che possano determinarsi in una siffatta situazione non sono in alcun modo ricollegabili alla erronea individuazione del giudice competente o alla erronea scelta di un rito, ma direttamente al rispetto di termini perentori previsti dalla legge nel compimento di attività che devono rispondere ad un determinato modello formale imposto dalla stessa legge. Si tratta cioè di una questione analoga, anche se non identica, a quella che si verifica nel caso in cui sia prevista l’introduzione di un giudizio con ricorso e la parte lo introduca invece con citazione: la difformità dell’atto dal modello legale non impedisce che esso sia comunque preso in considerazione dal giudice adito, trattandosi in ogni caso di una domanda giudiziale, ma se in conseguenza di detta difformità muti il momento in cui l’atto stesso raggiunga il suo scopo, sarà quest’ultimo quello da prendere esclusivamente in considerazione ai fini della valutazione del rispetto di termini perentori; nell’ipotesi appena presa ad esempio, sarà quindi il momento del deposito dell’atto stesso presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario adito, con la sua iscrizione a ruolo, a determinare la data di effettiva proposizione della domanda; nella fattispecie di cui si qui discute, analogamente, non potrà che essere quello dell’inserimento dell’atto stesso nel fascicolo dell’esecuzione, in quanto solo in questo momento esso perviene, come richiesto dalla legge, nella sfera di conoscibilità del giudice dell’esecuzione.

Orbene, tanto premesso, laddove il tardivo inserimento dell’atto introduttivo dell’opposizione nel fascicolo del processo esecutivo sia conseguenza di un errore non imputabile alla parte opponente (come, ad esempio, nel caso in cui la domanda giudiziale di opposizione sia ab origine inequivocabilmente diretta al giudice dell’esecuzione ed il suo mancato inserimento nel fascicolo dell’esecuzione sia conseguenza di un errore della cancelleria, che – è bene precisarlo – è tenuta a trasmettere al giudice dell’esecuzione tutti gli atti ad esso diretti, indipendentemente dalla loro forma, anche se eventualmente iscritti erroneamente nel ruolo contenzioso), la sanatoria potrà operare sin dalla data del deposito del ricorso (o quanto meno dalla data della sua iscrizione a ruolo, in caso di opposizione erroneamente avanzata con atto di citazione).

Laddove invece il mancato tempestivo inserimento dell’atto nel fascicolo dell’esecuzione derivi da un errore o comunque da una scelta imputabile alla stessa parte opponente (come ad esempio nei casi in cui essa abbia espressamente rivolto l’atto ad un giudice diverso da quello dell’esecuzione, in difformità dal modello legale, ed il successivo intervento dell’ufficio abbia nella sostanza rilevato la nullità dell’atto stesso, disponendone il suo inserimento nel fascicolo dell’esecuzione e/o la sua trasmissione al giudice dell’esecuzione), la sanatoria potrà operare solo dal momento in cui intervenga il suddetto provvedimento del giudice (che ha in tal caso la sostanza di una rinnovazione), o al più dal momento in cui la stessa parte opponente abbia chiesto espressamente la trasmissione dell’atto formalmente nullo al giudice dell’esecuzione, così a sua volta di fatto sanando l’originaria causa di nullità.

In tali ultimi casi, dunque, se il provvedimento officioso che rileva la nullità e dispone la trasmissione dell’atto introduttivo (nullo in quanto difforme dal modello legale) al giudice dell’esecuzione (cioè in caso di nullità imputabile alla parte), ovvero la richiesta dell’opponente di procedere in tal senso, intervengano in data successiva all’eventuale scadenza del termine per la proposizione dell’opposizione, questa non potrà ritenersi tempestiva (se non previa eventuale rimessione in termini della stessa parte opponente, che dimostri la non imputabilità dell’errore che ha determinato il ritardo).

In conclusione, l’improponibilità della domanda di merito delle opposizioni esecutive (ovvero l’improcedibilità del relativo giudizio a cognizione piena) va pronunciata laddove la preliminare fase sommaria non si sia svolta regolarmente e non ne sia stata possibile la tempestiva rinnovazione o regolarizzazione. In tutti i casi in cui l’atto introduttivo dell’opposizione esecutiva (successiva all’inizio dell’esecuzione) sia difforme dal modello legale, ma ciò non impedisca lo svolgimento della fase preliminare sommaria davanti al giudice dell’esecuzione, il giudice cui pervenga l’atto stesso può disporre che sia trasmesso immediatamente al giudice dell’esecuzione ed inserito nel relativo fascicolo, mentre la parte opponente ha la facoltà di chiedere essa stessa al giudice di provvedere in tal senso. Laddove ciò avvenga, l’atto stesso deve ritenersi avere raggiunto il suo scopo con effetto dalla data del provvedimento del giudice o, se anteriore, della relativa richiesta della parte. Laddove peraltro l’atto introduttivo non possa ritenersi del tutto difforme dal modello legale (in quanto abbia di per sè i requisiti minimi per il raggiungimento del suo scopo, cioè sia diretto al giudice dell’esecuzione, rechi la precisa indicazione del numero di ruolo del fascicolo dell’esecuzione pendente e venga depositato all’ufficio giudiziario di appartenenza dello stesso giudice dell’esecuzione), di modo che il suo mancato immediato inserimento nel fascicolo dell’esecuzione non possa ritenersi imputabile alla parte, ma alla stessa cancelleria dell’ufficio giudiziario, che ha l’obbligo di inserire nel fascicolo dell’esecuzione tutti gli atti contenenti istanze e domande giudiziali che possano interpretarsi come rivolte al giudice dell’esecuzione, anche laddove sussistano altre difformità dal modello legale (che non possono quindi ritenersi tali da determinare il suo mancato inserimento nel fascicolo dell’esecuzione), gli effetti dell’eventuale sanatoria avranno luogo dal momento del deposito dell’atto stesso presso l’ufficio giudiziario di appartenenza del giudice dell’esecuzione e comunque tale data sarà quella da prendere in considerazione agli effetti del rispetto degli eventuali termini perentori di proposizione dell’opposizione.

Resta fermo che in tutti i casi in cui il giudice (diverso da quello dell’esecuzione) al quale pervenga l’atto di opposizione non provveda alla trasmissione dell’atto stesso al giudice dell’esecuzione, il giudizio di merito prosegue irregolarmente e si determina una nullità del relativo procedimento censurabile in via di impugnazione e rilevabile di ufficio (salvo il giudicato interno).

La parte interessata a tale trasmissione (e cioè la parte opponente) deve quindi eventualmente dolersi immediatamente di detta nullità e chiedere la dovuta trasmissione degli atti al giudice dell’esecuzione prima che abbia luogo il giudizio di merito; in mancanza, laddove il giudizio di merito prosegua senza lo svolgimento della fase sommaria, questa non potrà più avere luogo, e il giudice dovrà limitarsi a dichiarare l’improponibilità della domanda di merito dell’opposizione, ovvero l’improcedibilità del relativo giudizio a cognizione piena.

2. Applicazione dei principi individuati al caso di specie Nel caso di specie, con l’atto introduttivo dell’opposizione era stata chiesta direttamente la decisione di merito sull’opposizione, omessa la fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione; si trattava di un ricorso espressamente diretto al giudice di cui all’art. 186 bis disp. att. c.p.c., (cioè esplicitamente non diretto al giudice dell’esecuzione, ma addirittura ad un giudice necessariamente diverso da quest’ultimo), non depositato nel fascicolo dell’esecuzione, ma solo iscritto nel ruolo contenzioso degli affari civili. Il giudice cui è stato assegnato il fascicolo formato su istanza dell’opponente non ne ha disposto la trasmissione al giudice dell’esecuzione, nè tale trasmissione è stata richiesta dalla stessa parte opponente, che anzi ha espressamente insistito per lo svolgimento della fase di merito a cognizione piena dell’opposizione senza la preliminare fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione.

Gli atti del procedimento di merito sono pertanto certamente nulli, in considerazione della indefettibilità di tale fase preliminare sommaria.

Non è possibile pervenire in questa fase ad una sanatoria dell’atto stesso, sia perchè non vi è stata tempestiva richiesta in tal senso della parte opponente (e relativa censura, nei vari gradi di giudizio), sia perchè si tratta di una opposizione agli atti esecutivi la nullità del cui atto introduttivo ha impedito che esso raggiungesse lo scopo previsto dalla legge (e tale scopo non può più essere raggiunto, in quanto se il ricorso fosse solo oggi trasmesso al giudice dell’esecuzione, ad oltre sei anni dalla sua originaria proposizione, l’opposizione sarebbe da ritenersi tardiva e comunque le finalità che la legge intende garantire con la previsione della suddetta preliminare fase sommaria non potrebbero più essere in alcun modo perseguite).

La difformità dell’atto rispetto al modello legale è d’altronde senz’altro imputabile alla parte, in quanto il ricorso non era rivolto al giudice dell’esecuzione e non è stato da essa depositato agli atti del processo di esecuzione (nè poteva essere interpretato come ab origine diretto al giudice dell’esecuzione, e quindi la sua sanatoria non potrebbe in nessun caso operare ex tunc), nè la parte ha chiesto tempestivamente che si procedesse in tal senso, anzi, al contrario finanche nel presente giudizio di legittimità ha insistito esclusivamente nella erronea tesi giuridica secondo la quale la fase preliminare sommaria davanti al giudice dell’esecuzione sarebbe solo facoltativa.

Del resto, a ulteriore conferma della correttezza delle conclusioni appena esposte, è sufficiente considerare che, anche a voler seguire l’erronea impostazione in diritto della società opponente, fatta propria dal giudice del merito (anche cioè a voler ritenere – per assurdo – possibile direttamente lo svolgimento del giudizio di merito dell’opposizione a cognizione piena, senza la preliminare fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione), le conclusioni finali non muterebbero.

In tal caso, infatti, l’atto introduttivo del merito della presente opposizione avrebbe comunque dovuto ritenersi soggetto alla forma sua propria, derivante dal rito applicabile in ragione della materia trattata.

Dunque, poichè nella specie è certamente applicabile il rito ordinario, la fase a cognizione piena dell’opposizione avrebbe dovuto essere instaurata con atto di citazione, da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dall’atto esecutivo impugnato, non con ricorso.

Avendo l’opponente introdotto il giudizio con ricorso direttamente iscritto nel ruolo degli affari contenziosi (come emerge chiaramente dalla stessa sentenza impugnata), invece che con citazione, per rispettare il termine perentorio fissato dalla legge avrebbe dovuto in tale termine non solo depositare il ricorso, ma anche notificarlo, il che non è avvenuto (come altrettanto pacificamente emerge dagli atti; l’ordinanza impugnata risulta depositata in data 23 aprile 2012; il ricorso è stato depositato in data 12 maggio 2012, ma notificato solo successivamente, nel luglio 2012, oltre il termine perentorio previsto dall’art. 617 c.p.c.).

Il Tribunale adito in sede di merito avrebbe pertanto dovuto rilevare, oltre che l’omissione della necessaria fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione, altresì il mancato rispetto del termine perentorio di cui all’art. 618 c.p.c., dichiarando in ogni caso inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi.

3. La sentenza che ha accolto l’opposizione va in conclusione cassata senza rinvio, perchè la relativa domanda di merito a cognizione piena non poteva essere proposta, in applicazione dei seguenti principi di diritto:

“la preliminare fase sommaria delle opposizioni esecutive (successive all’inizio dell’esecuzione) davanti al giudice dell’esecuzione (ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2, art. 617 c.p.c., comma 2, e art. 618 c.p.c., nonchè art. 619 c.p.c.) è necessaria ed inderogabile, in quanto prevista non solo per la tutela degli interessi delle parti del giudizio di opposizione ma anche di tutte le parti del processo esecutivo e, soprattutto, in funzione di esigenze pubblicistiche, di economia processuale, di efficienza e regolarità del processo esecutivo e di deflazione del contenzioso ordinario; la sua omissione, come il suo irregolare svolgimento, laddove abbia impedito la regolare instaurazione del contraddittorio nell’ambito del processo esecutivo ed il preventivo esame dell’opposizione da parte del giudice dell’esecuzione non solo in vista di eventuali richieste cautelari di parte, ma anche dell’eventuale esercizio dei suoi poteri officiosi diretti a regolare il corso dell’esecuzione – determina l’improponibilità della domanda di merito e l’improcedibilità del giudizio di opposizione a cognizione piena”;

“l’atto introduttivo dell’opposizione esecutiva successiva all’inizio dell’esecuzione (ex art. 615 c.p.c., comma 2, art. 617 c.p.c., comma 2, e art. 618 c.p.c., nonchè art. 619 c.p.c.) che eventualmente si discosti dal modello legale (il quale richiede un ricorso direttamente rivolto al giudice dell’esecuzione, da depositarsi quindi nel fascicolo dell’esecuzione già pendente e non da iscriversi nel ruolo contenzioso civile) è nullo; la nullità resta sanata per raggiungimento dello scopo se l’atto sia depositato nel fascicolo dell’esecuzione e/o comunque pervenga nella sfera di conoscibilità del giudice dell’esecuzione, anche su disposizione del giudice, diverso da quello dell’esecuzione, che ne rilevi la suddetta nullità, o su richiesta della parte opponente; in tal caso, la sanatoria per raggiungimento dello scopo opera con effetto dalla data in cui sia emesso il provvedimento che dispone l’inserimento dell’atto nel fascicolo dell’esecuzione ovvero dalla data, se anteriore, in cui l’opponente richieda di procedersi in tal senso; resta fermo peraltro che laddove il mancato tempestivo inserimento dell’atto nel fascicolo dell’esecuzione non sia imputabile alla parte opponente ma ad un errore della cancelleria, gli effetti della proposizione della domanda resteranno quelli del deposito dell’atto presso l’ufficio giudiziario, e che la cancelleria è tenuta ad inserire nel fascicolo dell’esecuzione tutti gli atti che siano oggettivamente interpretabili come diretti al giudice dell’esecuzione, indipendentemente dalla loro forma o dalla loro iscrizione a ruolo”.

Quanto fin qui esposto determina l’assorbimento di tutti gli ulteriori motivi del ricorso, dei quali risulta superflua anche l’esposizione in dettaglio (con il terzo motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione degli artt. 555,2659 e 2826 c.c., e della L. 24 febbraio 1985, n. 52, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”; con il quarto motivo si denunzia “omesso esame di fatti decisivi che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti – Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”).

4. Sono accolti i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata è cassata senza rinvio perchè non poteva essere proposta la domanda di merito a cognizione piena relativa al giudizio di opposizione agli atti esecutivi.

Le spese del giudizio di legittimità sono compensate, sussistendo idonei motivi, per l’oggettiva incertezza interpretativa esistente in relazione alle questioni giuridiche trattate.

PQM

La Corte:

– accoglie i primi due motivi, assorbiti gli altri, e cassa senza rinvio la sentenza impugnata, perchè la domanda di merito a cognizione piena del giudizio di opposizione agli atti esecutivi non poteva essere proposta;

– dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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