Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25212 del 11/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27785-2016 proposto da:

UNIPOL BANCA S.P.A. P.I. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato MATTEO TASSI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ***** S.P.A. C.F. *****, in persona del curatore fallimentare pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO SIACCI n. 2/B, presso lo studio dell’avvocato DANIELE GUIDONI, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli avvocati ILARIA LENZINI e STEFANIA IOTTI;

– controricorrente –

avverso il decreto n. cronol. 5840/2016 del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA, depositato il 18/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/07/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI.

RILEVATO

che:

Unipol Banca s.p.a. ricorre per cassazione, con due motivi, avverso il decreto del tribunale di Reggio Emilia che ha dichiarato inammissibile la sua domanda ultratardiva di ammissione al passivo del ***** s.p.a.;

la curatela ha replicato con controricorso.

CONSIDERATO

che:

il tribunale ha motivato la decisione ritenendo il ritardo imputabile alla stessa banca, la quale aveva per sua colpa inizialmente inviato l’istanza a un indirizzo Pec diverso da quello del Fallimento;

col primo mezzo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 92 e 101 L.Fall., oltre che l’omesso esame di fatto decisivo, poichè il tribunale non avrebbe tenuto conto, ai fini della non imputabilità del ritardo, di una previa mail ricevuta da Unipol in risposta all’invio dell’istanza di insinuazione all’indirizzo errato, nella quale mail il ricevente aveva chiesto un nuovo invio del file allegato perchè non leggibile;

col secondo mezzo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 92 e 101 legge fall. e l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione alla valutazione del tribunale circa la completezza della comunicazione di cui all’art. 92 cit.;

i motivi sono inammissibili;

il primo si incentra su una circostanza del tutto irrilevante ai fini della prova della non imputabilità del ritardo dell’insinuazione, posto che fa leva su un previo errore di individuazione dell’indirizzo Pec che il tribunale, con congrua motivazione, ha comunque ritenuto ascrivibile alla banca;

in particolare il giudice a quo ha accertato – senza contestazioni sul punto – che l’indirizzo Pec del Fallimento era stato correttamente precisato, “in maniera oltremodo evidente, tramite l’utilizzo di caratteri espansi”, nella comunicazione di cui all’art. 92 L.Fall., l’unica che conta ai fini dell’invio delle domande: ed è chiaro l’errore materiale che a proposito della suddetta data risulta inizialmente specificato nel decreto (5/7/2016) – la data effettiva è giustappunto quella poi rettamente indicata come 5/7/2013, visto che l’udienza di verifica dei crediti era stata fissata al 18/11/2013;

il secondo motivo è a sua volta inammissibile per difetto di autosufficienza e perchè implica un sindacato di fatto: si dice che la comunicazione di cui all’art. 92 L.Fall. era carente sotto il profilo degli avvertimenti in ordine alla ricevibilità delle domande di ammissione al passivo; ma è risolutivo osservare che il tribunale ha affermato l’esatto contrario, letteralmente richiamando il contenuto della comunicazione implicante l’avvertimento di cui sopra, ovviamente riferibile alle modalità di trasmissione delle domande, e la ricorrente neppure ha riportato il testo della comunicazione che assume di aver ricevuto;

le spese processuali seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 8.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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