Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.25214 del 11/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25183/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura;

– ricorrente –

contro

PUMA ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Sara Armella e dall’Avv. Maria Antonelli, con domicilio eletto in Roma, piazza Gondar n.22, presso lo studio dell’Avv. Maria Antonelli;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 1161/2014 depositata il 5 marzo 2014;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 9 gennaio 2018 dal Consigliere Dott. Pierpaolo Gori;

Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. Zeno Immacolata, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale con assorbimento del ricorso incidentale;

Uditi per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Anna Lidia Caputi Iambrenghi e per le società l’avvocato Sara Armella.

1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – (in seguito, CTR) veniva respinto l’appello proposto dalla AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Varese (in seguito, CTP) n. 11/1/13 ed avente ad oggetto quattro avvisi di rettifica, relativi a trentotto dichiarazioni doganali relative al 2009, ed irrogazione di sanzioni, nei confronti della società PUMA ITALIA S.R.L. (in seguito, la contribuente).

2. Veniva quindi confermata la sentenza impugnata sul presupposto che fosse infondata l’eccezione preliminare dell’Agenzia di nullità della sentenza per omessa dichiarazione di inammissibilità del ricorso, come pure i cinque motivi di appello così riassumibili: a) carenza di interesse parziale in capo alla contribuente per essere stata, nelle more, pagata una parte dei tributi, interessi e sanzioni in misura ridotta; b) legittima inclusione del valore dei servizi resi dalla società tedesca Puma AG alla contribuente nel prezzo di acquisto delle merci importate, erronea applicazione da parte del giudice di prime cure della normativa in materia di valore in dogana per erronea ricostruzione dei rapporti intercorrenti tra contribuente, commissionaria dell’acquisto (Puma AG) ed i fornitori esteri, erronea pronuncia sulle eccezioni della contribuente di illegittimità dei provvedimenti impugnati per difetto assoluto di prova e sulla subordinata istanza di determinazione del valore e asserita violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7; c) omessa pronuncia sulla richiesta subordinata di applicazione degli artt. 220 e 239 Codice Doganale Comunitario per assenza di buona fede da parte della contribuente; d) illegittima duplicazione dell’imposta IVA; e) omessa pronuncia in punto sanzioni, ritenute legittime.

3. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso l’Agenzia affidato a due motivi, cui la contribuente replica con controricorso e ricorso incidentale affidato a cinque motivi. Sia l’Agenzia che la contribuente depositano memoria.

4. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, dal momento che alle pagine 1 e 2 del ricorso vi è un’esposizione dei fatti di causa succinta, ma funzionale alle censure svolte. In sintesi, i quattro avvisi di rettifica impugnati sono relativi a trentotto dichiarazioni doganali e conseguente irrogazione di sanzioni, per l’importazione definitiva nel 2009 di prodotti di abbigliamento, accessori e calzature con marchio Puma da Stati dell’est asiatico; l’Agenzia contesta l’omissione, nel valore dichiarato in dogana, dei corrispettivi dovuti dalla contribuente Puma Italia S.r.l. alla controllante, la società di diritto tedesco Puma AG.

5. Con il primo motivo di ricorso, cumulativo, l’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 per intervenuta cessazione della materia del contendere e carenza di interesse ad agire, oltre che dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nullità della sentenza per motivazione perplessa, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per non aver la CTR tenuto conto di documentati e non contestati pagamenti di parte della pretesa doganale e delle relative sanzioni, circa tre dei quattro avvisi impugnati.

6. La Corte rammenta innanzitutto che, in materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. Sez. Un., 6 magio 2015 n. 9100).

7. Il fatto poi che, come controdedotto dalla contribuente in controricorso, l’Agenzia abbia affermato in sede di legittimità per la prima volta che non vi sarebbero stati coobbligati solidali, in quanto gli spedizionieri avrebbero agito in rappresentanza diretta, non rende inammissibile il motivo, posto che è pacifica la circostanza secondo la quale l’asserita cessazione della materia del contendere è stata dedotta dall’Agenzia sin dal primo grado.

8. Ciò detto, il motivo cumulativo, così congegnato, è infondato. L’Agenzia non ha addotto elementi che superino l’accertamento di merito, contenuto nella sentenza impugnata e adeguatamente motivato, secondo cui il pagamento dei tributi e delle sanzioni in misura ridotta D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 17, comma 2 con riferimento peraltro solo a tre dei quattro avvisi impugnati (nn. 1064, 1068 e 1070 RU del 10.1.2012), è stato effettivamente eseguito da coobbligati solidali, nella specie gli spedizionieri doganali. Dunque, permane l’interesse del debitore principale Puma Italia S.r.l. all’accertamento della non debenza del tributo anche per i tre avvisi predetti, quantomeno alla luce del rapporto obbligatorio interno tra coobbligati solidali e, a maggior ragione, non è cessata la materia del contendere. Ulteriore conseguenza è che la motivazione della CTR, la quale ha rigettato le doglianze sul punto non è perplessa ma logica, e in parte qua condivisa dalla Corte.

9. Con il secondo motivo lamenta l’Agenzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nullità della sentenza per motivazione perplessa in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sia perché la CTR ha espressamente richiamato la motivazione di altra sentenza emessa dal medesimo Ufficio nei confronti della contribuente, pur se relativa a diverso ufficio doganale in relazione a diverso atto impositivo; sia perché, così facendo, l’avrebbe privata di un grado di giudizio e della valutazione imparziale da parte del giudice sulla causa, essendola sezione già pronunciata sulla medesima questione.

10. Il motivo è fondato, nei limiti che seguono. Premesso che non è condivisibile la deduzione secondo cui la contribuente sarebbe stata privata di un grado di giudizio per effetto della organizzazione interna alla CTR Lombardia, in quanto è palese che sulla medesima domanda, identificata da soggetti, petitum e causa petendi si sono pronunciati due giudici diversi di diverso grado di giudizio, a diverse conclusioni si deve giungere in relazione alla denunciata insanabile contraddittorietà della motivazione.

11. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito, in relazione alla formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 ed applicabile ratione temporis alla presente fattispecie, che opera la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità (Cass. 12 ottobre 2017 n.23940), per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014 n. 8053). In questa prospettiva, sempre secondo le Sezioni Unite di questa Corte, la scelta operata dal legislatore è quella di limitare la rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge. Ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per “mancanza della motivazione”. Pertanto, l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità quale violazione di legge costituzionalmente rilevante attiene solo all’esistenza della motivazione in sè, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. Un. 22 settembre 2014 n.19881). Non è dunque irragionevole in sè, come ritenuto dalla contribuente in controricorso, la formulazione del motivo da parte dell’Agenzia, in cui si invoca la nullità della sentenza in presenza di un denunciato gravissimo vizio della sentenza sotto il profilo motivazione, in tanto in quanto si traduca in una violazione di legge.

12. Orbene, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che sussiste il vizio di motivazione apparente e, dunque, in violazione di legge, allorquando il giudice di merito ometta di indicare nella sentenza gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e correttezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 2016 n. 27328). In particolare, è stato condivisibilmente statuito che la sentenza motivata per relationem, ad esempio mediante adesione acritica all’atto di impugnazione, senza indicazione nè della tesi in esso sostenuta, nè delle ragioni di condivisione, è affetta da nullità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. 2015 n.20648). Inoltre, è già stato statuito da questa Corte che la motivazione del giudice di appello è accostabile alla motivazione per relationem ove quest’ultimo si ricolleghi alle indicazioni offerte al giudice di primo grado (Cass. 20 gennaio 2017 n. 1531).

13. Richiamati tali principi giurisprudenziali al caso di specie, la Corte osserva che la della sentenza gravata non si limita ad instaurare una relazione con altra sentenza della medesima CTR, resa in altra controversia, richiamandola e motivatamente aderendo, ma quasi letteralmente fa coincidere la propria motivazione con quella decisione, resa il 18.2.2013. Secondo la contribuente ciò non sarebbe un problema, in quanto le due fattispecie sarebbero identiche e, nondimeno, emergono per tabulas i seguenti elementi:

1) in tutta la motivazione della sentenza gravata non vi è riferimento ad atti di causa individualizzanti la controversia, vertente sull’impugnazione di quattro avvisi di rettifica circa trentotto dichiarazioni doganali e conseguente irrogazione di sanzioni, per l’importazione definitiva nel 2009 di prodotti Puma da Stati dell’est asiatico;

2) l’unica motivazione a sostegno dell’adesione alla decisione del 18.2.2013 testualmente poi riproposta è costituita dalle parole “non ravvisandosi ragioni per mutare l’orientamento”, una formula di stile che non contiene in sè la presa in carico dei motivi di appello, la loro disamina e la adesione critica all’orientamento sposato;

3) “l’orientamento” richiamato, in realtà la motivazione della decisione del 18.2.2013 riproposta estensivamente, fa riferimento a pag. 6, 3° capoverso a quanto “dimostrato documentalmente dall’appellante (e comunque non contestato dall’Agenzia delle dogane)” ma, nel caso di specie, dal momento che appellante era l’Agenzia delle dogane, necessariamente, la documentazione cui fa riferimento il passaggio non può in alcun modo essere quella allegata all’atto di appello;

4) più in generale, la motivazione riproposta fa riferimento ad una sentenza di primo grado, favorevole all’Agenzia mentre quella nel caso di specie in primo grado era favorevole alla contribuente, e questo rende molti passaggi motivazionali non conferenti in relazione alla fattispecie concreta, ad es.: a pag. 7; 2° capoverso, si legge “la sentenza impugnata sul punto ritiene avverata la condizione in quanto (…)”, mentre nel caso di specie la sentenza non era favorevole all’agenzia; identiche considerazioni valgono per il 3° capoverso, in cui si legge “questa impostazione dei primi giudici, che riflette la linea seguita dall’Agenzia delle Dogane, si fonda su (…)”; inoltre, in parte motiva è riportato “(…) le stesse funzioni svolte dal World Cat, quali descritte nella sentenza impugnata (…)”, ma non vi è prova che la sentenza di primo grado contenesse tali riferimenti; a pag. 8, 2° capoverso si fa riferimento all’operatività del principio di non contestazione, un fatto processuale che non risulta avvenuto nel caso di specie “(…) si rileva come per espressa pattuizione contrattuale (non contraddetta dalla stessa agenzia delle dogane) (…)”; al successivo 3° capoverso i riferimenti a fatti di causa diversi da quelli di specie continuano “(…) in sede di rettifica dell’accertamento (…) aggiungendo una maggiorazione del 25% (…)”; in presenza di queste numerose discrasie, relative a pressoché tutti i riferimenti agli elementi di prova, in quanto quelli riproposti sono tratti da fattispecie diversa e a parti invertite, appare apodittica l’affermazione decisiva secondo cui “con gli accertamenti impugnati, non corrispondendo, come già si è dimostrato, la situazione in esame al modello di riferimento della normativa, si è realizzata la sovrapposizione di dati artificiosi a quelli reali pur immuni da vizi o comunque rilievi di ogni sorta”.

14. Da quanto sopra esposto emerge la sostanziale omissione della esatta e completa ricostruzione dei fatti dai quali il giudice d’appello ha tratto il proprio convincimento; è in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e correttezza e sulla logicità del ragionamento, ossia della sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, al punto da rendere la motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, violazione di legge di gravità tale da determinare la nullità della sentenza, con necessità della sua cassazione e rinvio alla CTR per ulteriore esame della fattispecie.

15. Devono ora essere presi in esame i motivi a base del ricorso incidentale.

Con il primo ed unico motivo relativo alla sentenza gravata, la contribuente lamenta la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non essersi pronunciata la CTR sullo specifico motivo di appello di intervenuto superamento dei limiti di tempo posti dalla legge per la verifica fiscale.

Anche i restanti quattro motivi sono la riproposizione di altrettanti motivi di appello dichiarati assorbiti dalla CTR, in primo luogo per illegittimità dei provvedimenti impugnati per difetto assoluto di prova circa gli elementi di fatto e di diritto che dovrebbero, secondo l’Ufficio, portare ad una rettifica del valore delle merci importate; in secondo luogo, si censura l’erronea determinazione del valore del complesso di servizi resi da Puma AG a Puma Italia, metodologia errata in quanto ricomprenderebbe nel valore doganale il prezzo di tali servizi che, neppure in via astratta potrebbero essere ricompresi nel valore doganale dei prodotti importati; in terzo luogo si contesta il recupero dell’IVA operato dall’Agenzia, per asserita illegittima duplicazione dell’imposta, in quanto i corrispettivi dei servizi resi dalla casa madre, tra cui anche i diritti di licenza, sono già stati corrisposti trimestralmente da Puma AG in relazione alle vendite effettuate; infine, in via subordinata, viene invocata l’applicabilità dell’esimente dell’art. 220 o le condizioni per il riconoscimento dello sgravio di cui all’art. 239 Codice doganale comunitario, a tutela della dedotta buona fede della contribuente.

16. I motivi sono i medesimi già proposti in sede di appello incidentale subordinato avanti alla CTR e da questa dichiarati, al punto V della motivazione, assorbiti e, dunque, dovranno essere scrutinati dal giudice del merito in sede di rinvio; pertanto il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, per carenza di interesse, non potendo parlarsi di soccombenza in senso tecnico (ad es., Cass. 22 settembre 2017 n.22095; Cass. 21 febbraio 2014 n. 4130).

17. Alla luce di quanto precede, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo accolto, e ai motivi di appello dichiarati assorbiti e non scrutinati.

PQM

La Corte:

accoglie il secondo motivo di ricorso principale, dichiara infondato il primo, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo accolto, anche per le spese.

La Corte dà atto che, limitatamente al ricorso incidentale, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis testo unico spese di giustizia.

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472