LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –
Dott. MIGLIO Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23386/2011 R.G. proposto da:
C.T., con l’avv. Pio Tommaso Caputo e domicilio eletto presso l’avv. Maurilio Prioreschi, nel di lui studio in Roma, alla via Giuseppe Ferrari, n. 4;
– ricorrente –
contro
Equitalia etr spa;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per le Puglie, – Sez. 6 n. 08/06/11 depositata in data 11/02/2011 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 luglio 2018 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.
RILEVATO
che la contribuente insorge avverso Equitalia E.TR. spa, ove ha ottenuto l’iscrizione ipotecaria su immobile della contribuente, nonchè il fermo amministrativo della sua autovettura in conseguenza di cartelle esattoriali per addizionali Irpef e sanzioni, anno 2000, contravvenzioni al codice della strada da corrispondere al Comune di Bari ed altre al Comune di Putignano;
che, nello specifico, la contribuente lamenta trattarsi di cartelle risalenti, notificate ma ormai prescritte e a cui non è comunque seguita notifica dell’intimazione di pagamento;
che il comportamento del concessionario creditore le ha causato gravissimo danno per limitazione dell’accesso al credito e sospensione degli usuali sistemi di pagamento elettronico;
che la CTP ha respinto le doglianze della contribuente e che parimenti ha fatto la CTR con la sentenza qui all’esame;
che la contribuente propone ricorso per cassazione affidandosi a cinque motivi di gravame;
che non si è costituita l’intimata società concessionaria.
CONSIDERATO
che con il primo motivo si lamenta violazione di legge per il mancato riconoscimento della nullità della sentenza di primo grado;
che, nel particolare, dopo aver ricordato il contenuto ex lege della sentenza tributaria, si contesta alla CTR di non averne riconosciuto l’assoluta carenza nella pronuncia della CTP;
che, in disparte la mancata indicazione del parametro di riferimento all’interno di quelli previsti dall’art. 360 cod. proc. civ., comma 1 così come proposto, il motivo è inammissibile per difetto del requisito dell’autosufficienza richiesto dal codice di rito e illustrato dalla giurisprudenza (Cass. S.U. n. 877/2012): che a pag. 8 del ricorso per cassazione vi è riportato uno stralcio della motivazione della sentenza di primo grado, non è indicata la proposizione della doglianza al giudice d’appello, nè il capo della sentenza di secondo grado che si intende censurare;
che con il secondo motivo si lamenta violazione di legge del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50 per difetto di notifica dell’intimazione di pagamento;
che il motivo, ripreso anche nel quarto, si sostanzia nella violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, comma 2 bis, alla luce del principio di diritto sancito da questa Corte a Sezioni Unite laddove la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto valida l’iscrizione ipotecaria non preceduta da alcuna comunicazione.
Sulla questione sollevata in ricorso sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte le quali, con sentenza n. 19667/2014, hanno enunciato i due seguenti principi di diritto:
a) l’iscrizione ipotecaria prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77 non costituisce atto dell’espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria, sicchè può essere effettuata anche senza la necessità di procedere alla notifica dell’intimazione di cui al D.P.R. n. 602 cit., art. 50, comma 2, la quale è prescritta per l’ipotesi in cui l’espropriazione forzata non sia iniziata entro un anno dalla notificazione della cartella di pagamento.
b) In tema di riscossione coattiva delle imposte, l’Amministrazione finanziaria prima di iscrivere ipoteca su beni immobili ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77 (nella formulazione vigente “ratione temporis”), deve comunicare al contribuente che procederà alla suddetta iscrizione, concedendo al medesimo un termine – che può essere determinato, in coerenza con analoghe previsioni normative (da ultimo, quello previsto dal medesimo D.P.R., art. 77, comma 2 bis, come introdotto dal D.L. 14 maggio 2011, n. 70, conv. con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106), in trenta giorni – per presentare osservazioni od effettuare il pagamento, dovendosi ritenere che l’omessa attivazione di tale contraddittorio endoprocedimentale comporti la nullità dell’iscrizione ipotecaria per violazione del diritto alla partecipazione al procedimento, garantito anche dagli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea, fermo restando che, attesa la natura reale dell’ipoteca l’iscrizione mantiene la sua efficacia fino alla sua declaratoria giudiziale d’illegittimità. Principi questi ribaditi, con riferimento all’iscrizione ipotecaria per la specificità della normativa, anche dalla recente sentenza delle SS.UU. n. 24823/15;
che, in proposito, è ormai consolidato l’orientamento (v. di recente Cass. n. 6072/15; n. 8447/15; n. 9926/15; n. 11505/2015; n. 15509/15) secondo cui le Sezioni Unite abbiano implicitamente riconosciuto che spetta al giudice qualificare giuridicamente la tesi del contribuente, che ha comunque dedotto la nullità della iscrizione di ipoteca a causa della mancata instaurazione del contraddittorio; nè assume rilievo la circostanza che sia stata invocata una norma in concreto non applicabile, dovendo il giudice dare adeguata veste giuridica ai fatti, utilizzando la normativa che ad essi si attaglia (nella medesima prospettiva, si vedano i precedenti con cui questa Corte ha affermato che il giudice che dichiari la decadenza dal potere impositivo in forza di una norma diversa rispetto a quella invocata dal contribuente “non rileva d’ufficio un’eccezione non proposta, ma si limita a qualificare in termini giuridici diversi la già formulata deduzione, sulla base di circostanze di fatto acquisite agli atti” (sentt. nn. 25077/14, 25402/14 e 2943/10, quest’ultima in relazione ad una controversia in cui la parte aveva eccepito la prescrizione ed il giudice aveva fatto applicazione di una causa di decadenza);
che il motivo è quindi fondato e merita accoglimento;
che con il terzo motivo si lamenta la violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento dell’intervenuta prescrizione e della mancata prova dell’iscrizione a ruolo di presunti tributi legittimamente dovuti;
che l’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del terzo;
che eguale sorte ha il quarto motivo di violazione di legge per “mancato riconoscimento non ottemperanza del limite legale prescritto dal D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 76 e 77”;
che con l’ultimo motivo si chiede il riconoscimento di responsabilità aggravata della concessionaria e la sua condanna alle spese di entrambi i gradi di giudizio;
che tale motivo, in verità, è inammissibile qualora venga inteso come impugnazione della sentenza gravata, al di fuori di uno specifico mezzo fra quelli previsti dal codice di rito, mentre merita valutazione autonoma alla luce dell’esito complessivo del giudizio, ove lo si intenda come una richiesta di condanna per lite temeraria, ovvero di alterazione delle regole sull’accollo delle spese di lite;
che, in definitiva, il ricorso dev’essere accolto attingendo al secondo motivo di gravame;
che sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio in ragione della peculiare vicenda processuale, nonchè della formulazione della doglianza poi qui accolta.
PQM
Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, dichiara assorbiti il terzo ed il quarto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente e compensa integralmente le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018