LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15920-2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
STUDIO LEGALE G. E ASSOCIATI, G.B., G.F., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI RIPETTA 142, presso lo studio dell’avvocato STANISLAO CHIMENTI CARACCIOLO DI NICASTRO, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCA IAPICCA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 11620/51/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 20/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/09/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.
RILEVATO
che:
Con sentenza n. 11620/51/16 depositata in data 20 dicembre 2016 la Commissione tributaria regionale della Campania respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 25435/17/15 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva accolto i ricorsi dello Studio legale G. e associati, di G.B. e G.F. contro gli avvisi di accertamento per II.DD. ed IVA 2009. La CTR osservava in particolare che, fermi i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità relativamente agli oneri probatori rispettivamente gravanti sull’Ente impositore e sul contribuente in caso di contestazione, per inesistenza, di operazioni fatturate, nel caso di specie l’agenzia fiscale non aveva adeguatamente assolto al proprio, sicchè il decisum dei primi giudici doveva essere confermato.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.
Resistono con controricorso i contribuenti, che successivamente hanno depositato una memoria.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – l’agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 132 cod. proc. civ., art. 118 disp. att. cod. proc. civ., art. 111 Cost., poichè la CTR ha motivato solo “apparentemente” la propria decisione di conferma della sentenza appellata.
La censura è fondata.
Va ribadito che:
– “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01);
– “In tema di processo tributario, è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61 nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15884 del 26/06/2017, Rv. 644726 – 01);
– “Deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22022 del 21/09/2017, Rv. 645333 – 01);
-“La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
La motivazione della sentenza impugnata rientra paradigmaticamente nelle gravi anomalie argomentative individuate in detti arresti giurisprudenziali, dunque, concretizzando un chiaro esempio di “motivazione apparente” ossia del tutto mancante, si pone sicuramente al di sotto del “minimo costituzionale”.
Il giudice tributario di appello infatti nel motivare la sentenza impugnata, premesse alcune considerazioni giuridiche astratte in tema di oneri probatori delle parti qualora, come nel caso di specie, oggetto fattuale del processo sia l’esistenza di operazioni fatturate, si è poi limitato a considerare che “.. l’Amministrazione nell’atto non indica indizi gravi, precisi e concordanti rispetto alle contestazioni rilevate..” e sulla base di questa unica, davvero “scheletrica” argomentazione, ha pertanto affermato che “.. non si ravvedono motivi per modificare il deciso della Commissione tributaria di Primo Grado”.
Tali considerazioni/affermazioni sono all’evidenza apodittiche, assertive, al più rappresentative del convincimento del giudice tributario di appello, ma non estrinsecano il percorso argomentativo che lo induce a tale convincimento e pertanto nel loro – limitato – ordito realizzano un tipico esempio di “motivazione apparente”, così come denunciato nella censura de qua.
La memoria depositata non induce a diverse considerazioni.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo, assorbito il secondo motivo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 12 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018