Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25288 del 11/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9357/2017 R.G. proposto da:

F.A., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. Salvatore BIANCA, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Monte Zerbio, n. 19, presso lo studio legale dell’avv. Ornella RUSSO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3305/16/2016 della Commissione tributaria regionale della SICILIA, Sezione staccata di SIRACUSA, depositata in data 27/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/09/2018 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di quattro avvisi di accertamento ai fini IVA ed IRPEF relativi agli anni di imposta dal 2008 al 2011, emessi a seguito di verifica da parte della G.d.F. dei movimenti risultanti dai conti correnti intestati al contribuente, di professione avvocato, con la sentenza in epigrafe indicata la CFR rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado rilevando che la notificazione degli atri impositivi impugnati, effettuata con le modalità previste per l’ipotesi di irreperibilità relativa, ex art. 140 c.p.c., si era perfezionata con il decorso dei dieci giorni dalla spedizione conseguente deposito presso l’ufficio postale delle raccomandate informative, ovvero in data 2/01/2014, con conseguente tardività del ricorso, proposto soltanto in data 27/03/2014, ed intervenuta definitività dei predetti avvisi di accertamento;

– avverso tale statuizione il F. ricorre per cassazione sulla base di due motivi, cui replica l’intimata con controricorso;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. lamentando l’omessa pronuncia dei giudici di appello sulla domanda di rideterminazione delle sanzioni applicate sulla base dello ius superveniens di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015;

– che il motivo è infondato in quanto la CTR, una volta rilevata la tardività del ricorso proposto dal contribuente avverso gli atti impositivi, conseguentemente divenuti definitivi anche in punto di trattamento sanzionatorio, ha correttamente omesso di esaminare i motivi di impugnazione, tra cui quello riferito all’applicazione sub specie delle sanzioni amministrative pecuniarie più favorevoli di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015 (v. Cass. n. 17972 del 2013, n. 26479 del 2016 e n. 15978 del 2017);

– che con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata per omesso ed insufficiente esame dei documenti attestanti il regolare compimento delle modalità di notificazione degli atti impositivi a soggetto relativamente irreperibile;

– che il motivo è inammissibile ed infondato;

– che, invero, la censura contravviene al principio, condiviso dal Collegio, secondo cui nell’ipotesi, come quella che ci occupa, di “doppia conforme” prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, applicabile anche nel giudizio di legittimità in materia tributaria, ovvero al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (cfr. Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014), “il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass. 5528 del 2014; conf. n. 26674 del 2016); adempimento che il ricorrente nel caso di specie non ha svolto, emergendo comunque dal contenuto del ricorso che è del tutto identica la quaestio facti esaminata dalle due commissioni tributarie;

– che la deduzione del vizio motivazionale sarebbe comunque inammissibile perchè, così come proposto, impatta con il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053 del 2014, secondo cui, la riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione consentita dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come riformulato, “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”, che invece è stata dedotta dal ricorrente là dove ha censurato la sentenza della CTR “perchè scarna e dunque inidonea a sorreggere la decisione” (ricorso, par. 2^);

– che, in buona sostanza, la censura non è riconducibile ad alcuna delle predette ipotesi, neppure a quella di omesso esame di un fatto decisivo essendo stata nella specie prospettata, genericamente, una non adeguata valutazione dell’intero materiale probatorio afferente la notifica degli atti impositivi;

– che, in ogni caso il motivo è infondato; invero, dal fatto che la CFR ha accertato e dato atto in sentenza che per tabulas risultava che, stante l’irreperibilità relativa del contribuente/destinatario degli atti impositivi, era stata correttamente seguita la procedura notificatoria prevista dall’art. 140 c.p.c., con spedizione delle raccomandate informative in data 23/12/2013 e conseguente perfezionamento della notifica il successivo decimo giorno, ossia in data 2/01/2014, (con conseguente tardività della proposizione del ricorso effettuato solo in data 27/03/2014, ben oltre il termine di sessanta giorni decorrente da quella data), deve logicamente desumersi che i giudici di appello hanno esaminato tutti gli atti processuali e tratto le relative conseguenze, senza adeguata smentita da parte del contribuente che, in spregio al principio di autosufficienza del ricorso, neppure ha riprodotto, anche fotograficamente, in atti, o allegato al ricorso, gli avvisi di ricevimento di quelle raccomandate al fine di consentire a questa Corte di verificare l’effettivo omesso esame di quei documenti da parte dei giudici di appello;

– conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 9.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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