Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.25305 del 11/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15241-2014 proposto da:

D.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO X., giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ANAS S.P.A., – AZIENDA NAZ.AUT.DELLE STRADE C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3/2014 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 16/01/2014, R.G.N. 576/2011.

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Potenza in accoglimento del gravame proposto dall’ANAS s.p.a. ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa città ed ha rigettato la domanda di D.P. di inquadramento prima nella 5^ qualifica, dal 19.6.1997 al 30.6.1999, e quindi dal 1.7.1999 nel livello B1 del contratto collettivo di categoria rigettando altresì la domanda di condanna al pagamento delle differenze retributive.

2. La Corte territoriale accertava che la conduzione di mezzi speciali, posta a fondamento della domanda di superiore inquadramento, non era stata svolta dal ricorrente continuativamente ed in via ordinaria, bensì solo in caso di necessità, senza che mai fossero superati limiti temporali di tre mesi di cui all’art. 2103 c.c., mentre la prestazione ordinaria rimaneva quella di cantoniere, di guisa che non risultava conseguita la prova della prevalenza della prestazione superiore rispetto a quella ordinaria di assegnazione, nè dal punto di vista quantitativo, data l’occasionalità e marginalità della superiore adibizione, nè dal punto di vista qualitativo, data la intercambiabilità delle prestazioni e la rotazione del personale su turni predisposti.

3. D.P. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a tre motivi. Resiste con controricorso ANAS S.p.A. che ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1. c.p.c..

CONSIDERATO

CHE:

4. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e di contratti collettivi nazionali di lavoro. Richiama l’art. 66 del contratto collettivo applicabile, che prevede testualmente che l’operatore specializzato B1 “nei periodi di attesa e senza pregiudizio delle proprie mansioni e tenuto conto dell’organizzazione del lavoro e delle disposizioni ricevute, partecipa alla squadra di manutenzione e pronto intervento”. Argomenta che tale previsione conferma che nell’espletamento delle mansioni descritte vi possano essere dei periodi di attesa e prevede il contemporaneo svolgimento delle mansioni di cantoniere: la caratteristica della non continuità sarebbe quindi intrinseca al contenuto ed alla natura delle mansioni in esame, sicchè qualsiasi valutazione di merito in ordine alla prevalenza dell’attività svolta non avrebbe ragione di essere, perchè anche l’eventuale attività di cantoniere è riconducibile sempre alle mansioni di operatore specializzato, così come previsto dal contratto collettivo.

5. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione di norme di diritto (art. 2103 c.c.) da parte della sentenza che si era discostata dall’orientamento espresso dalla Cassazione in tema di compimento del periodo di svolgimento delle mansioni superiori che può risultare anche dal cumulo di vari periodi quando le stesse abbiano assunto il carattere di indipendenza e sistematicità.

6. I due motivi sono in parte improcedibili ed in parte infondati.

6.1. Quanto al primo motivo, il contratto collettivo non risulta essere stato ritualmente e tempestivamente allegato al ricorso, nè è stata indicata la sua ubicazione all’interno del fascicolo di parte (nell’ultima pagina del ricorso vi è la generica indicazione “fascicoli di parte del 1 e 2 grado di giudizio”), sicchè sul punto l’impugnazione appare improcedibile (Cass. sez. un., ord. 25/03/2010 n. 7161 e 23/09/2010n. 20075 oltre che di recente Cass. 20/09/2017 n. 21868 su fattispecie sostanzialmente sovrapponibile alla presente), ciò tanto più in quanto una valutazione globale della previsione della contrattazione collettiva sarebbe stata necessaria, onde porre a raffronto la qualifica rivendicata con quella di appartenenza.

6.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, oltre ai profili di improcedibilità già descritti, si osserva che costituisce orientamento consolidato di questa Corte quello secondo il quale in caso di mansioni promiscue, ove la contrattazione collettiva non preveda una regola specifica per l’individuazione della categoria di appartenenza del lavoratore, occorre avere riguardo alle mansioni maggiormente qualificanti, purchè svolte in misura quantitativamente significativa (Cass. 22/12/2009. n. 26978, 18/03/2011n. 6303 ed altre successive). Nel caso di specie la Corte d’Appello, con motivazione congrua ed immune da rilievi di natura logico-giuridica, ha negato che le mansioni di conduzione di mezzi speciali potessero ritenersi prevalenti sotto il profilo qualitativo e quantitativo, sicchè il motivo finisce con il criticare l’interpretazione e la valutazione delle prove operate dalla Corte distrettuale, prospettandone una diversa, ed involge un accertamento in fatto riservato al giudice di merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di assumere e valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza: il relativo giudizio non è sindacabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici e giuridici (cfr. Cass. 18/03/2011 n.6288 ed anche n. 10657/2010, n. 9908/2010, n. 27162/2009, n. 13157/2009, n. 6694/2009, n. 18885/2008, n. 6064/2008).

7. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta il vizio di omessa motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Deduce il ricorrente che erroneamente la Corte di merito avrebbe fondato il proprio giudizio su prove acquisite in un diverso processo e concernenti lavoratori diversi. Sottolinea che invece i testi sentiti nel giudizio avevano confermato lo svolgimento di mansioni riferibili alla qualifica rivendicata, giornalmente per tutta la durata dell’inverno, tanto che il Tribunale aveva riconosciuto la fondatezza della pretesa azionata. Erroneamente pertanto la Corte di merito avrebbe escluso che fosse stata offerta la prova della continuità nello svolgimento delle mansioni superiori che invece emergeva inequivocabile dalle testimonianze acquisite.

8. La censura attiene al merito e va ribadito il consolidato orientamento, secondo il quale il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo previgente alla novella di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134), sussiste solo se nel ragionamento del giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di un fatto decisivo della controversia, potendosi in sede di legittimità controllare unicamente sotto il profilo logico formale la valutazione operata dal giudice del merito. A questo proposito, è noto come al giudice di legittimità spetti, non già il riesame nel merito dell’intera vicenda processuale, ma unicamente il controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica e formale delle argomentazioni del giudice di merito, non equivalendo il sindacato di logicità del giudizio di fatto a revisione del ragionamento decisorio (cfr. tra le varie Cass. n. 27197/2011), soltanto il secondo avendo il compito in via esclusiva di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti, liberamente attribuendo prevalenza all’una o all’altra (cfr. Cass. S.U. 11/06/1998 n. 5802 e Cass. 21/04/2006 n. 9368 e numerose successive conformi).

9. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate nella misura indicata in dispositivo, devono essere distratte in favore dell’avvocato che se ne è dichiarato anticipatario. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater occorre dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R..

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge. Spese da distrarsi in favore dell’avvocato che se ne è dichiarato antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R..

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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