Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.25310 del 11/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18718-2014 proposto da:

F.G., C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCHIMEDE 143, presso lo studio dell’avvocato LUIGI PATRICELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE COLUCCI giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ANAS SPA, C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza n. 56 depositata il 30.4.2014 la Corte d’appello di Campobasso, in riforma della pronuncia di prime cure, respingeva la domanda di F.G. proposta nei confronti di ANAS s.p.a. per il riconoscimento del diritto ad essere inquadrato nella superiore posizione organizzativa ed economica A1, Area Quadri, profilo professionale di Tecnico Specializzato, di cui all’art. 75 del CCNL ANAS 18.12.2002 in virtù delle mansioni di fatto dallo stesso espletate sin dall’ordine di servizio n. 403 del 17.2.2000, rilevando che il materiale istruttorio non confermava l’ampiezza di autonomia decisionale richiesta dalla declaratoria contrattuale, circostanza confermata, altresì, dalle allegazioni contenute in altro, successivo, ricorso proposto dal lavoratore;

2. per la cassazione della sentenza ricorre il F. affidandosi a quattro motivi, illustrati da memoria, e la società resiste con controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. e dell’art. 75 del CCNL di settore (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale erroneamente applicato il criterio della prevalenza della mansione superiore nel tempo nonostante non ricorresse, nel caso di specie, svolgimento di mansioni promiscue bensì prestazione della mansione superiore nella sua interezza (oltre che di quella inferiore);

2. con il secondo motivo si denuncia “violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale nell’interpretazione della disciplina collettiva” avendo, la Corte territoriale, trascurato di enunciare le declaratorie contrattuali e la specificazione delle mansioni attraverso le quali si sono tradotti, in concreto, i compiti tipici della posizione lavorativa di quadro;

3. con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 116 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, erroneamente valutato i capitoli di prova testimoniale articolati in ricorso (qualificandoli come inadeguati) nonchè trascurato le deposizioni dei testimoni, attribuendo ingiustificato valore preminente alle sole dichiarazioni rese dal teste D.M.;

4. con il quarto motivo si deduce vizio di motivazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) avendo, la Corte territoriale, erroneamente valorizzato le allegazioni contenute in diverso e successivo ricorso giudiziario (proposto dal F. per demansionamento) attinente a diverso periodo;

5. preliminarmente, non sussiste alcun profilo di inammissibilità del controricorso per tardività (seppur notificato oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c.) posto che il ricorso per cassazione è stato invalidamente notificato all’Avvocatura distrettuale dello Stato (anzichè all’Avvocatura Generale dello Stato), con la conseguenza che il suddetto termine per la costituzione del controricorrente non ha iniziato a decorrere, nonostante la notifica sia stata sanata con efficacia ex tunc (cfr. in termini, Cass. n. 7033 del 1997, Cass. n. 4977 del 2015);

6. i primi tre motivi di ricorso sono inammissibili perchè nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge (peraltro non precisate, quanto al secondo motivo, nè nella rubrica nè nell’esposizione), tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti e quindi finiscono con l’esprimere un mero, quanto inammissibile, dissenso rispetto alle motivate valutazioni di merito delle risultanze probatorie di causa effettuate dalla Corte d’appello, anzichè sotto il profilo della scorrettezza giuridica e della incoerenza logica delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, che è l’unico profilo censurabile in questa sede, peraltro alla luce del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (come interpretato dalle Sezioni Unite n. 8053 del 2014);

7. non è rinvenibile, nella sentenza impugnata, alcuna lacuna o contraddizione motivazionale avendo, la Corte territoriale, ritenuto che i capitoli di prova articolati in ricorso non erano in grado (in quanto generici e valutativi) di dimostrare il radicale mutamento della tipologia delle mansioni espletate dal lavoratore, che i testimoni avevano riferito circostanze relative a periodi limitati nel tempo e, comunque, era stato smentito l’esercizio dell’ampia autonomia decisionale richiesta dall’art. 75 CCNL ANAS;

8. inoltre, la censura relativa ai capitoli di prova è prospettata con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto dei suddetti capitoli, potendosi solo così ritenere assolto l’onere previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6;

9. infine, è inammissibile il quarto motivo di ricorso non solo per violazione del principio di specificità (non essendo stato trascritto, nemmeno per estratto, il contenuto del successivo ricorso giudiziale proposto dal F.) ma, altresì, per difetto di interesse, essendo risultate inammissibili le (precedenti) censure avverso le altre autonome ragioni poste a base della sentenza impugnata (cfr., in tal senso, Cass. n. 21350 del 2013; Cass. sez. lav. n. 11660 del 2006; Cass. n. 16602 del 2005);

10. in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza;

11. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 19 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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